Brevetti. Eric Schmidt loda Steve Jobs ma definisce ‘terribile’ l’accanimento contro Android

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Secondo il presidente di Google, l’acquisizione dei brevetti Nortel da parte di un consorzio capeggiato da Microsoft e Apple è stata soltanto una mossa volta a ‘tagliare le gambe ad Android’.

Stati Uniti


Eric Schmidt

Google vuole acquistare Motorola Mobility non solo per il suo tesoretto di 17 mila brevetti, ma anche per i prodotti ‘eccellenti’ messi a punto dal team Motorola. Lo ha sottolineato il presidente di Google, Eric Schmidt, nel corso di una conversazione col Ceo di Salesforce.com Marc Benioff.

La questione dei brevetti è cruciale per proteggere Android dalla miriade di cause legali intentate dai concorrenti, ma il progetto di acquisizione da 12,5 miliardi di dollari va oltre questo fattore.

Eric Schmidt è salito sul palco della conferenza Dreamforce a San Francisco e ha toccato diversi argomenti: dal successo della suite Google Apps (40 milioni di utenti) alle recenti dimissioni di Steve Jobs (il miglior Ceo degli ultimi 50, forse 100 anni).

Ma è sulla questione dei brevetti che il presidente di Google si è scaldato maggiormente. Innanzitutto, Schmidt si è soffermato sull’acquisizione dei brevetti Nortel da parte di un consorzio capeggiato da Microsoft e Apple: un’operazione da cui Google (che aveva offerto inizialmente 900 milioni di dollari) si è defilato perché il prezzo è stato eccessivamente gonfiato, arrivando al montante finale di 4,5 miliardi di dollari, per le ragioni sbagliate. Si è trattato, secondo Schmidt, soltanto di una mossa volta a “tagliare le gambe ad Android”.

Il problema, tuttavia, è molto più complesso di quanto possa apparire e le sue origini risalirebbero agli anni ’90 e alle politiche dello US Patent Office, che avrebbe in quel periodo concesso brevetti dall’estensione troppo ampia o a copertura di invenzioni inverosimili. La soluzione a questo punto sarebbe di rendere pubblici i brevetti e di delegare all’esterno il compito di stabilirne la validità.

Allo stato attuale questo sarebbe illegale perché il sistema americano non consente questo tipo di divulgazione. Al vaglio del Senato, tuttavia, c’è un progetto di legge (che Schmidt spera sia approvato quest’anno) che garantirà maggiori fondi allo US Patent Office, che potrà anche eliminare un sacco di “falsi brevetti” con più facilità.

Fortunatamente, ha aggiunto, l’industria del software non è stata funestata dalla guerra dei brevetti in quanto il settore è “definito dalla creatività” più che dai suoi brevetti. Ma l’escalation di cause legate al settore mobile “finirà per rallentare l’ulteriore sviluppo dell’industria”, ha affermato Schmidt, che altre volte era andato giù molto più duro sulla questione, affermando, ad esempio, che i concorrenti “non sapendo rispondere con l’innovazione rispondono con i processi”.

Non è un caso, ha quindi sottolineato, che la maggior parte delle cause legate ai brevetti vengano depositate nella giurisdizione del Texas Eastern District di Tyler, generalmente propensa e sollecita ad accogliere le istanze dei proprietari di brevetto.

Secondo Schmidt, la guerra dei brevetti è solo all’inizio e non potrà che inasprirsi in futuro: Google – ha sottolineato – dispone dei mezzi economici per difendersi, ma la battaglia “sul singolo pezzo” non è che una distrazione da quello che è veramente importante e cioè “la creazione di prodotti che piacciono alla gente”.

La questione, ha concluso, è “terribile” e Schmidt si è detto fiducioso sul fatto che il Senato farà qualcosa per risolverla.

Schmidt, nonostante le pressioni di Apple per bloccare Android – che avrebbe illecitamente sfruttato brevetti di Cupertino – ha avuto parole di vivo apprezzamento per Steve Jobs, sottolineando che “tutti abbiamo beneficiato delle innovazioni introdotte da Apple”.

“Sono orgoglioso – ha aggiunto – di aver fatto parte del board della società”.

Schimdt ha lasciato il board di Apple nell’agosto di due anni fa. Gli interessi delle due compagnie si sono infatti sovrapposti in molti settori – primo fra tutti quello degli smartphone – e secondo il Clayton Antitrust Act, una legge del 1914, una persona non può far parte dei cda di due aziende concorrenti.