Non solo smartphone spioni: cresce il numero di aziende che fa business coi dati degli utenti

di Alessandra Talarico |

Molte società - dalle assicurazioni alle case automobilistiche - stanno cominciando a sperimentare nuovi modi per sfruttare queste informazioni a fini commerciali, approfittando del fatto che non esistono ancora norme che regolano il settore.

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Location data

Il caso degli smartphone ‘spioni’, che memorizzano e trasmettono i dati sulla posizione degli utenti, non è che un esempio di come queste informazioni siano il ‘prodotto’ più ambito dalle società che fanno business sui dati personali.

Non solo le compagnie telefoniche o i produttori di dispositivi, dunque, ma anche le case automobilistiche, le compagnie di assicurazioni, i centri commerciali stanno cominciando a sperimentare nuovi modi per sfruttare queste informazioni a fini commerciali: alcune compagnie utilizzano i dati per realizzare mappe o per analizzare i modelli di traffico, altre li usano per inviare pubblicità in base alla posizione degli utenti, altri ancora per proporre sconti agli automobilisti virtuosi.

 

Oggi, diverse compagnie – tra cui Apple e Google – saranno ascoltate dalla commissione giustizia del senato americano sulle pratiche di monitoraggio dei dati sull’ubicazione degli utenti, dopo che il Wall Street Journal ha fatto scoppiare il caso rivelando prima che un cospicuo numero di app inviavano i dati degli utenti a società terze e poi che gli iPhone e gli smartphone Android collezionavano i dati degli utenti anche quando i servizi di location erano spenti (leggi Articolo Key4biz).

L’uso spropositato e senza regole di questa enorme mole di dati si sta rivelando un vero problema: il mese scorso, la società che produce i navigatori TomTom si è dovuta scusare pubblicamente per aver venduto i dati aggregati dei suoi dispositivi al governo olandese, che li avrebbe usati per impostare dei sistemi di limitazione della velocità.  Il Ceo Harold Goddijn ha spiegato di comprendere che quanto accaduto possa non essere piaciuto ad alcuni clienti e che la società sta prendendo provvedimenti “per fermare questo uso dei dati in futuro”.

Le compagnie di assicurazioni, spiega quindi il Wall Street Journal, stanno cominciando a utilizzare i dati sulla posizione, ma solo dietro consenso degli automobilisti. La società italiana Octo Telematics produce un sistema che è stato installato in più di un milione di automobili ed è in grado di restituire dati aggregati sulla posizione del veicolo, l’accelerazione e altre caratteristiche. A chi installa il sistema, le assicurazioni propongono sconti, mentre molti scelgono di usare il dispositivo per l’assistenza stradale o per identificare la posizione di un’auto rubata.

Un altro servizio – offerto dalla britannica Path Intelligence – offre dati sugli acquisti effettuati via cellulare, intercettando l’identificativo univoco dei cellulari e inviando le informazioni – ovviamente in forma anonima – ai negozi, che così possono avere delle statistiche sul numero di persone che sta facendo acquisti nei diversi reparti.

Alcuni operatori usa, come Verizon e Sprint, inviano i dati degli utenti – sempre in forma anonima e aggregata – alle società che forniscono informazioni sul traffico, mentre la casa automobilistica tedesca BMW sta pensando di raccogliere i dati dei sistemi di navigazione installati nelle automobili per fornire report sul traffico in tempo reale.

I sistemi di localizzazione degli utenti nei cellulari sono obbligatori sia in Europa che negli Usa, per facilitare gli interventi dei servizi di assistenza in casi di emergenza.
Ma l’interesse delle aziende verso questi dati è cresciuto a dismisura negli ultimi anni, complice il successo degli smartphone e l’emergere di nuovi servizi e di nuove forme di pubblicità legate alla posizione degli utenti.
 

In seguito alle polemiche innescate dalla notizia degli smartphone spioni, Apple è corsa ai ripari rilasciando un aggiornamento del sistema operativo degli iPhone in grado di limitare la quantità di dati memorizzati dal dispositivo e Google si è affrettata a chiarire che i dati degli utenti vengono raccolti solo dietro il loro consenso.