Pubblicità online: via libera in Francia alla ‘Google Tax’

di Alessandra Talarico |

La misura, che ora passerà al vaglio dell'Assemblea Nazionale, ha causato le proteste delle start up del web 2.0, secondo cui 'Nessun altro Paese industrializzato ha mai avallato un simile balzello'.

Francia


Google Tax

Il Senato francese ha votato ieri la ‘famosa’ tassa sulla pubblicità online, già battezzata ‘Google Tax‘, una misura avanzata dalla Commissione Zelnik, incaricata dal governo di redigere un rapporto per migliorare l’offerta di beni culturali online e trovare formule più efficaci di retribuzione per chi produce contenuti.

Se la misura dovesse essere confermata dall’Assemblea nazionale, una tassa dell’1% sarà introdotta, a partire dal 1° gennaio, su tutti i link sponsorizzati e sui banner pubblicitari di Internet. La tassa, dovrebbe scattare solo per quei siti che hanno un elevato numero di utenti, come, appunto, Google, ma anche Facebook, Microsoft e Yahoo, in modo da non pregiudicare le piccole iniziative del web. 

 

Questa tassa, si inscrive nella roadmap tracciata dalla commissione finanze per tassare la pubblicità su internet e potrebbe portare nelle casse dello Stato tra i 10 e i 20 milioni di euro all’anno, secondo il Rapporto Zelnik. Denaro che servirà a finanziare iniziative culturali e nuovi soluzioni a favore di un’offerta legale di musica e film sul web e a sostenere la battaglia contro la pirateria.

 

La proposta è sostenuta dal presidente Nicolas Sarkozy, che ha già approvato alcune proposte avanzate dalla Commissione Zelnik, istituita lo scorso settembre dal ministro della Cultura, Frédéric Mitterrand, per migliorare l’offerta legale di musica e film su Internet ma anche trovare una soluzione per remunerare gli artisti.

“La tassa sulla pubblicità internet è la sola soluzione, tenendo conto che i principali rivenditori di spazi pubblicitari online, come Google, hanno sede al di fuori della Francia”, ha sottolineato il relatore della proposta  Philippe Marini.

 

Google, naturalmente, ha già protestato contro l’eventualità di introdurre questo nuovo balzello: per Olivier Esper, direttore degli affari pubblici di Google France, bisognerebbe infatti privilegiare “soluzioni innovative a una logica della tassazione” che risponda a sua volta a una “logica di contrasto tra il mondo di internet e quello della cultura”.

Sulla stessa linea la reazione dell’ASIC, l’associazione dei player Web 2.0, che ha messo in luce i rischi dell’approvazione di una simile imposta: “Mentre la pubblicità rappresenta circa il 20% dei profitti delle piattaforme di eCommerce, essa rappresenta, per la stragrande maggioranza degli attori del web 2.0, dal 90 al 100% del fatturato…bisogna ricordare – sottolinea ASICche quasi tutti i modelli di business del web 2.0 hanno bisogno di almento 4-5 anni per diventare redditizi. Tassare delle start up – conclude l’associazione – significa rimandare di mesi e forse anche di anni il raggiungimento del punto di equilibrio finanziario. Eventualità che non è mai occorsa in nessun altro paese industrializzato”.