Intercettazioni: nuovi appelli per scongiurare lo sciopero del 9 luglio e ridare libertà alla stampa italiana

di Antonietta Bruno |

Idv interviene sul bavaglio del web imposto dal governo che si rifà al decreto Pisano varato nel 2005.

Italia


Libera informazione

I giornalisti italiani non scioperano per soldi, per migliori condizioni di lavoro o per privilegi di qualsiasi natura. I giornalisti italiani scioperano per la libertà di stampa e quindi per la libertà di tutti i cittadini, contro le previsioni del cosiddetto ddl intercettazioni che oltre a limitare la pubblicabilità di certi atti giudiziari, prevede pene detentive per i giornalisti e sanzioni pecuniarie pesantissime per gli editori“.

 

Con queste parole il direttore del Quotidiano Nazionale Pierluigi Visci, in vista anche dello sciopero previsto per il prossimo 9 luglio, si rivolge al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi esortandolo a fare di tutto per “scongiurare la mobilitazione totale dell’informazione”.

 

Non è un caso che da mesi, da quando nelle aule parlamentari viaggia questo provvedimento da molti definito ‘liberticida‘ – afferma Visci – giornalisti ed editori esprimono una comune linea di opposizione. Linea che viene confermata anche dal segretario del sindacato dei giornalisti (Fnsi) Franco Siddi e dal presidente degli editori (Fieg) Carlo Malinconico”.

 

Un intero settore in agitazione, insomma, che vede sulla stessa barca, forse per la prima volta, due distinte categorie notoriamente distanti ma alleati per portare avanti un’unica battaglia. Quella della libertà di stampa in un Paese civile e democratico. “Il governo deve porsi domande molto serie sul perché di questa lotta comune” ha evidenziato Siddi ricollegandosi anche alle parole di Malinconico che sulla stessa vicenda aveva detto: “trovo particolarmente significativo che in questa occasione editori e giornalisti abbiano ritrovato la stessa sensibilità su una questione basilare. La funzione della stampa per la tutela della democrazia“.

 

Uniti sotto una stessa bandiera, insomma, per invitare il governo al ripensamento, soprattutto in considerazione del fatto che l’autorità italiana intende chiudere al più presto la partita. Non a caso, secondo i più, i capigruppo di Montecitorio hanno spinto affinchè la proposta già passata al primo ramo del Parlamento, ritornerà in aula per la discussione, il prossimo 29 luglio.

 

Strategia criticata dal mondo editoriale ed in particolar modo dallo stesso Visci che ha affermato: “non c’era piaciuta la battuta di Silvio Berlusconi che invitava i lettori a fare lo sciopero contro i giornali che – sosteneva il premier disinformano, deformano la realtà e la verità. Altre volte aveva invitato i cittadini a non leggere i giornali come faceva lui. In realtà i giornali li legge e molto. Perchè sa che il dibattito politico nasce sui giornali e poi viene alimentato da altri media. Sa che le fortune e sfortune politiche, economiche, sociali si fanno sui giornali. Sa che mode, tendenze, fenomeni di costume e quindi processi economici trovano nella carta il volano. La carta stampata, specie il quotidiano, è il motore della società democratica. Il vero cane da guardia del potere, della libertà, della democrazia. Lo strumento principe delle classi dirigenti”.

 

“Questo strumento, assieme a agenzie, radio, televisioni e siti internet – aggiunge il direttore – non può essere spento neanche per un solo giorno. Al governo, al presidente Berlusconi, spetta il compito di dare subito un segno. Lo aspettiamo per l’Italia che cresce se cresce la libertà e la democrazia. Con meno informazione – conclude Visci – anche per un solo giorno c’è meno democrazia”.

 

E se da un lato la battaglia per scongiurare che la stampa possa subire in qualche modo il bavaglio del governo, dall’altro aumentano i malumori per il “reiterato tentativo del governo di mettere il bavaglio al web”. A sollevare queste obiezioni il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro che sul suo blog ha parlato di veri e propri “tentativi di censura di Berlusconi & C“.

 

“Questa è una mania che parte dal decreto Pisanu sulle ‘misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale’ varato nel 2005 e che esige l’identificazione di tutti coloro che accedono ad internet da postazioni pubbliche – scrive il leader di Idv – una norma che non esiste in nessun Paese occidentale, neppure dove sono più rigorose le misure contro il terrorismo, e che è stata prorogata senza nessun motivo reale. Per questo, noi di Italia dei valori siamo pronti ad utilizzare tutti gli strumenti parlamentari e di disobbedienza civile in nostro possesso per bloccarla”.

 

Grazie ad essa nel nostro Paese si impedisce lo sviluppo del Wi-Fi nel tentativo di imbavagliare il web – continua Di Pietro – il Governo Berlusconi ha considerato anche la questione strutturale: quanto a diffusione della Banda Larga. L’Italia è ventunesimo nella classifica Ocse, con ben 3 punti percentuali sotto la media europea. Questo vuol dire collegamenti lenti e meno possibilità di accedere ad informazioni (testuali, video e audio) per gli utenti italiani. Tutto questo mentre in tutto il mondo occidentale si considera la banda larga essenziale sia per la ripresa economica che per l’estensione dei diritti. Basta guardare alla Finlandia – si legge ancora sul blog – dove una legge che entrerà in vigore questo mese, sancisce il diritto di ogni cittadino finlandese di poter usufruire di una connessione a Banda Larga con almeno 1’Mbps, che saranno 2 Mbps entro il 2012″.

 

Ma il tentativo più grosso di porre il bavaglio agli utenti web italiani – aggiunge Di Pietro – arriva proprio dal ddl Intercettazioni le norme contenute puntano ad equiparare siti informatici e giornali, dando ai blogger l’obbligo di rettifica in 48 ore. Questo sancirebbe la morte del giornalismo partecipativo e della diffusione delle notizie via web“. “La nostra battaglia, dunque – conclude – sarà quella per la cancellazione del decreto Pisanu; per il finanziamento allo sviluppo della Banda Larga (con i soldi ricavati dall’aumento del costo delle concessioni televisive) e per il ritiro immediato del ddl Intercettazioni. Per difendere la libera circolazione delle idee su web siamo disposti alla disobbedienza civile in Parlamento e alla rivolta democratica anche tramite l’utilizzo dello strumento referendario“.