Pirateria: continua a far discutere la ‘Digital Economy Bill’. I liberaldemocratici chiedono il rinvio alla prossima legislatura

di Alessandra Talarico |

Gran Bretagna


P2P

Continua a far discutere, oltremanica, la controversa ‘Digital Economy Bill‘, che contiene misure atte a garantire il rispetto del diritto d’autore su internet: anche se il governo ha introdotto alcuni aggiustamenti per accelerare l’iter di approvazione della proposta di legge, lo stesso le misure sono giudicate ‘antidemocratiche’ e ‘inutilmente draconiane’. Circa 20 mila persone hanno aderito alla campagna ‘Stop the Digital Economy Bill’ – organizzata da Open Rights Group e 38 Degrees – e hanno scritto ai parlamentari per manifestare la loro opposizione alle proposte che la House of Commons discuterà nelle prossime ore.

 

I Liberaldemocratici hanno dichiarato ‘guerra’ alla proposta di legge, contro la quale si sono schierati anche gli ISP che non accettano di buon grado di essere trasformati in ‘sceriffi’ della rete. Il partito centrista vorrebbe lo smantellamento della proposta e la sua reintroduzione nella prossima legislatura.

 

A far discutere, soprattutto, il paragrafo 18 che, nella stesura originaria, intendeva conferire ai proprietari dei diritti – emittenti televisive, holding dell’entertainment e case discografiche – il diritto di chiedere ai service provider di bloccare l’accesso ai siti che ospitano contenuti piratati, senza bisogno di ulteriori atti normativi.

 

Le nuove disposizioni limitano invece il campo d’azione dei detentori dei diritti, che – prima di ottenere il blocco di un sito che offre materiali piratati da parte dei service provider – dovranno richiedere un’ingiunzione giudiziaria e, prima che il provvedimento ingiuntivo possa essere applicato, il Segretario di Stato dovrà consultarsi ‘ampiamente’ con l’industria.

Bisognerà inoltre dimostrare, secondo quanto riferito da un portavoce del governo, che la nuova forma di furto del copyright stia generando ‘seri danni’ all’industria.

 

Si stima che, nel 2007, 1 miliardo di brani musicali sono stati scambiati illegalmente sulla rete. Più della metà del traffico web nel Regno Unito sarebbe generato dallo scambio illecito di contenuti. Abitudine praticata da circa 7 milioni di britannici e che avrebbe causato lo scorso anno all’industria perdite per 200 milioni di sterline.

 

Secondo l’Open Rights Group, che ha organizzato una campagna contro la proposta di legge, ha affermato che qualsiasi tentativo di approvare la legge entro la fine della legislatura sarebbe ‘antidemocratico’, perché non ci sarebbe il tempo di effettuare i giusti controlli su una legge a così ampio raggio.