Fastweb: Scaglia arriva dal Sudamerica con jet privato. Parisi tutela la reputazione dell’azienda e i 3.500 dipendenti

di Raffaella Natale |

Italia


Stefano Parisi

“Siamo un’azienda sana che non commette reati“. Lo ha detto stamani l’amministratore delegato di Fastweb, Stefano Parisi, in un’intervista a Canale 5.

“Dobbiamo difendere la nostra reputazione – ha proseguito – siamo pronti a rispondere alla magistratura ma la prima esigenza è quella di salvaguardare il valore dell’azienda che sta sul mercato e i 3.500 dipendenti. Speriamo che non ci sia alcun commissariamento”.

Fastweb, ha proseguito, “non ha nulla a che vedere con organizzazioni criminali. Non abbiamo banche che ci proteggono e la reputazione è l’unica cosa che abbiamo”.

 

Nell’assemblea degli azionisti di Fastweb, convocata per il prossimo 24 marzo, Swisscom, la società che controlla Fastweb, deciderà sul rinnovo dei vertici.

“Per ora non c’è un rinnovo di fiducia – ha commentato Parisi – ma stiamo lavorando assieme tranquillamente”.

Intanto, però, sono stati licenziati i due dipendenti infedeli, coinvolti nella vicenda del maxiriciclaggio.

 

Su Silvio Scaglia, l’ex presidente del gruppo sul quale pende un mandato d’arresto per la frode perpetrata ai danni dello Stato, Parisi ha detto che “nonostante sia rimasto nel consiglio d’amministrazione, non lo frequenta e non abbiamo alcun contatto”.    

 

Parisi ha sottolineato che il gruppo tlc “non ha mai sospettato nulla“, spiegando che “se le azioni con cui abbiamo rapporti hanno attività criminali, la responsabilità non è nostra, anche perché non ne abbiamo tratto alcun vantaggio e ora ne abbiamo un grande danno”.

“Che due dipendenti fossero coinvolti – ha proseguito Parisi – lo abbiamo saputo dalle intercettazioni e sono stati loro a portare, nel 2002, quando io ancora non c’ero, questi affari nelle aziende. Dal gennaio del 2007 non ci sono più quelle attività su cui abbiamo saputo che c’era un interesse della procura e ci siamo messi a disposizione della magistratura fin dal 2007. Io da fine 2004 sono amministratore delegato, ho firmato i bilanci e quindi sono stato indagato, ma non ho mai parlato con i magistrati“.

 

Più precisamente, l’Ad ha chiarito che l’azienda ha solo versato 38 milioni di euro a delle aziende le quali, a loro volta, hanno evaso l’Iva.

 

Il legale di Scaglia, Gildo Ursini, ha riferito che il suo assistito “è rimasto sorpreso, anche perché si tratta di fatti vecchi di tre anni. Per ora non si riescono a cogliere elementi nuovi, salvo l’infedeltà di due dipendenti Fastweb”.

Scaglia, che al momento si trova in Sudamerica, tornerà in Italia questo pomeriggio con un jet privato in arrivo all’aeroporto romano di Ciampino.

Torna – ha concluso il suo legale – per mettersi a disposizione degli inquirenti e per cercare di chiarire la situazione. E’ un uomo con un altissimo senso di responsabilità”.

 

Per Francesco Micheli, fondatore di e.Biscom con Scaglia, “è da escludere che il manager sapesse di operare a contatto con realtà come la ‘ndrangheta“, ma è “certamente possibile” che abbia scelto di fare operazioni poco accorte.

Micheli è uscito dalla società dal 2003 per “divergenze di natura strategica, di carattere generale. Io avevo un approccio diverso, più antico”.

 

Ma dall’ordinanza del Gip sulla maxi-inchiesta per riciclaggio, che ha portato all’emissione di 56 ordinanze di custodia cautelare emessa nei confronti di altrettante persone, “…non sussistono dubbi sul coinvolgimento a livello di vertici e di figure ‘apicali’ di entrambe le società (Fastweb e Telecom Italia Sparkle, ndr) nelle operazioni illecite ideate da Carlo Focarelli (il dominus della frode fiscale, il gestore delle società fittizie, le cosiddette cartiere, ndr) e dall’organizzazione di cui quest’ultimo fa parte“.

“Le email acquisite nel corso delle perquisizioni e rinvenute sui computer sequestrati agli indagati – prosegue il gip – unitamente ad altri elementi investigativi quali alcune intercettazioni telefoniche effettuate su utenze in uso a diversi indagati, alcuni documenti sociali e lo stesso meccanismo delle operazioni truffaldine, rendono del tutto evidente come, per entrambe le società in questione, l’effettuazione delle operazioni fiscalmente illecite era assolutamente strumentale al raggiungimento di obiettivi di ‘bilancio’ e di ‘fatturato’, obiettivi che – continua ancora l’ordinanza – essendo predeterminati all’effettuazione delle operazioni stesse e al di fuori di qualsiasi ragionevole previsione di mercato (e di proporzione con gli abituali fatturati con clienti ben più importanti che si servivano di Telecom e di Fastweb come ‘carrier’) rendono di conseguenza palese la complicità dei massimi livelli direttivi e gestionali e di conseguenza la responsabilità degli enti per gli illeciti in questione”.

 

Telecom Italia ha intanto deciso di modificare il programma dei propri appuntamenti dopo il coinvolgimento di Sparkle nell’inchiesta e il sequestro di 300 milioni di euro da parte della magistratura.

La controllata ha rinviato l’approvazione del bilancio e, a cascata, anche la capogruppo Telecom ha fatto slittare di un mese, al 25 marzo, l’approvazione dei conti e l’aggiornamento del piano strategico triennale.

Rimandato – come indicato in un comunicato ieri notte – anche il Telecom Day di domani per la presentazione del piano alla comunità finanziaria. Questa sera invece i vertici del gruppo terranno una conference call.

 

Mentre Swisscom esprime l’auspicio di un rapido chiarimento del caso, in Svizzera si è attivato il Ministero pubblico della Confederazione (Mpc).

L’autorità inquirente elvetica, che dal 2001 è competente anche per i delitti compiuti da organizzazioni criminali sul piano interno o in più cantoni e il riciclaggio, ha fatto sapere che su richiesta degli inquirenti italiani la procura federale ha effettuato diverse perquisizioni nei cantoni di Ticino e Ginevra. La procura non ha fornito dettagli su quanto emerso dagli accertamenti. Secondo alcune fonti, è stata passata al setaccio una serie di istituti di credito e fiduciarie.

 

Ricordiamo che l’inchiesta coinvolge anche il senatore Nicola Di Girolamo (Pdl), per presunta irregolarità sul voti all’estero, essendo stato eletto nella circoscrizione Europa alle ultime elezioni politiche.

Il senatore è strettamente legato al nome di Gennaro Mokbel, secondo la magistratura l’artefice dell’elezione attraverso la compravendita di voti.

Mokbel sarebbe inoltre per gli inquirenti una figura chiave dell’organizzazione che avrebbe portato a termine il presunto maxiriciclaggio, attraverso le società Fastweb e Telecom Italia Sparkle.

Finora l’imprenditore romano si è avvalso della facoltà di non rispondere, interrogato nel carcere di Regina Coeli dal gip Aldo Morgigni.

E’ quanto fa sapere il suo legale, l’avvocatessa Ambra Giovene, spiegando che con lui è finita in carcere anche la moglie Giorgia Ricci. Anche lei non ha risposto alle domande del gip.

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