L’editoriale: Ridda di voci sul futuro di Telecom Italia, ma pesa il silenzio della politica…

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Di Raffaele Barberio

Italia


Raffaele Barberio

Accordo già fatto per l’acquisto (o l’assorbimento) di Telecom Italia da parte della spagnola Telefonica?

Secondo alcuni tutto dipenderà dagli azionisti finanziari di Telco.

Secondo altri, Cesare Geronzi si è fatto da parte e ha lasciato il pallino ad altri (ipostesi scarsamente credibile). Per bocca di qualche analista, Geronzi vuole Generali e su questo obiettivo è disposto a cedere su Telecom Italia.

Secondo alcuni esperti l’incontro con Telefonica è l’unica chance per Telecom Italia per non andare a gambe per aria.

 

Nel mondo delle telecomunicazioni alcune voci di corridoio bisbigliano addirittura che il destino di Franco Bernabè (uomo sostenuto dal centrosinistra nel dicembre 2007 quando assunse la carica di amministratore delegato di Telecom Italia) era segnato e che la possibile fusione-assorbimento è la chance per rimanere in sella.

Intanto tutti danno per scontato l’avvenuto accordo tra le parti. Ma occorre non fare confusione. Quali sono le parti? I soci di Telco? I due amministratori delegati? I rappresentanti dei due management? L’assemblea degli azionisti? Esiste ancora una Golden Share virtuale, al di là del pronunciamento dei giudici di Lussemburgo dello scorso mese di marzo?

 

E quali sono i precedenti?

 

La mancata fusione di Autostrade e Abertis, fatta saltare attraverso delle forme di “mobbing regolatorio“, come ha osservato qualcuno, che hanno stracciato le regole del diritto. La resistenza per fronteggiare la scalata in Telecom Italia della “cordata Tex-Mex” promossa da America Movil e At&t. Infine, la vicenda più spinosa, quella di Alitalia, in cui il forcing di Air France (già peraltro sottoscritto) è stata neutralizzato per aprire la strada a Colaninno e i suoi cavalieri bianchi.

Nel primo caso il governo non aveva golden share, né deteneva poteri straordinari; nel secondo il governo aveva la golden share, che non ha usato; nel terzo era azionista di maggioranza, ma non aveva alcun potere.

Le delicate vicende legate alle vicende di queste tre aziende ci dicono che le partite si possono giocare anche senza golden share.

Da qui la domanda più forte…

 

E la politica?

Già la politica.

E’ il vero nodo del problema.

Un’operazione come quella di cui si sta parlando, può essere fatta solo con l’accordo di tutti: maggioranza e opposizione, tra tutti i rappresentanti dei principali partiti (Pdl e PD in testa). E in Italia, si sa, più l’operazione è rilevante, più occorre trovare il consenso intorno a sé, se non l’unanimità (al di là delle formali resistenze).

Resta pertanto da vedere chi è d’accordo e chi no.

 

Non è certo una partita che si possa chiudere in un contesto di assordante silenzio della politica (del governo e delle opposizioni).

Né la cessione di Telecom Italia o l’opposizione contro tale operazione possono essere considerate indistintamente, l’una per l’altra, come improcrastinabili ed ineludibili destini.

Nell’uno e nell’altro caso, chi ha facoltà di decisioni e di responsabilità dirette o indirette deve in qualche modo motivare in modo esauriente le ragioni verso l’una o l’altra soluzione.

Tutto il resto sono voci di corridoio o…azioni di pressione.

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