Google-Cina: dura la reazione di Pechino alle parole di Hillary Clinton, ‘Danneggiano le relazioni tra i due Paesi’

di Alessandra Talarico |

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Google Cina

Il governo di Pechino ha respinto con fermezza le accuse lanciate ieri dal Segretario di Stato Hillary Clinton contro la censura del web imposta dalla Cina e da altri Paesi, “che hanno eretto ha detto – barriere elettroniche per impedire ai loro popoli l’accesso ai network globali”.

 

La reazione della Cina non si è fatta attendere: se ancora ieri il viceministro degli Esteri He Yafei auspicava che la vicenda Google non interferisse nei rapporti diplomatici tra Pechino e gli Usa, questa mattina arrivano commenti ufficiali molto meno teneri. 

Le parole della Clinton, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Ma Zhaoxu, “…sono contrarie alla realtà e danneggiano i rapporti tra gli Usa e la Cina”.

 

“Gli Stati Uniti – ha aggiunto – hanno biasimato il modo in cui la Cina gestisce internet e insinuato che essa ne restringe la libertà. Chiediamo agli Stati Uniti di rispettare i fatti e smettere di utilizzare la cosiddetta libertà su internet per formulare accuse senza fondamento alla Cina”. 

 

Il Segretario di Stato americano – intervenendo sugli attacchi hacker che hanno colpito diverse società americane, tra cui Google, che ha minacciato di lasciare il paese – ha difeso strenuamente internet, definendolo “un impareggiabile strumento di uguaglianza, che offre accesso alla conoscenza e opportunità prima inimmaginabili” e ha criticato con durezza la cortina che molti Paesi vorrebbero calare su internet, per impedire alla popolazione di informarsi in maniera libera e indipendente dai regimi che vorrebbero rappresentarla.

“I Paesi che limitano il libero accesso alle informazioni o violano i diritti basilari degli utenti di internet rischiano di tagliarsi fuori dal progresso del secolo”, ha detto la Clinton, invitando le nazioni che censurano la rete a “…rendersi conto che non c’è differenza tra censurare il discorso politico e ostacolare l’informazione economica”.

 

A questo proposito, il ministero degli Esteri cinese ha chiesto agli Usa di rispettare “…la Cina, la sua situazione nazionale, le sue tradizioni culturali e le sue leggi, in base alle quali gestisce internet”.

“Ci auspichiamo – conclude la nota – che gli Usa rispettino gli impegni bilaterali, rafforzando il dialogo, la comunicazione e la collaborazione per portare le relazioni tra i due paesi in una nuova fase e affrontare i disaccordi e le difficoltà in modo appropriato”.

 

La Cina, certo, non è il solo Paese a limitare l’accesso alle informazioni sul web: anche molte nazioni occidentali chiedono ai motori di ricerca di impedire l’accesso a contenuti quali la pedopornografia o l’istigazione all’odio razziale. Ma queste richieste non sono neanche lontanamente paragonabili ai diktat di paesi quali Tunisia, Uzbekistan, Arabia Saudita e Vietnam, che col loro agire intendono impedire l’unione dei saperi e delle culture, mettendosi di traverso alla realizzazione di “…un futuro in cui ogni essere può realizzare il proprio potenziale”, ha affermato ancora la Clinton.

Con i suoi 384 milioni di utenti, 3,68 milioni di siti e 180 milioni di blog, la Cina è il maggiore mercato internet mondiale, superiore, per numero di internauti, anche agli Stati Uniti.

Probabilmente per questo finora nessuna web company occidentale si è ribellata ai dettami del governo in fatto di censura.

 

Google, pioniere in questo senso dopo le aspre critiche subite negli anni scorsi da parte degli attivisti per i diritti umani, ha presentato intanto i risultati finanziari del quarto trimestre 2009, che hanno superato le attese degli analisti grazie alla crescita della pubblicità online da un lato e degli utenti internet durante il periodo delle vacanze di fine anno dall’altro.

Il colosso della ricerca internet ha registrato una crescita del fatturato del 17% a 6,67 miliardi di dollari (4,95 miliardi di dollari escludendo i costi), mentre il consensus si attestava a 6,48 dollari per azione su un giro d’affari, al netto dei costi, di 4,92 miliardi.

I  profitti si sono attestati a 1,97 miliardi di dollari (6,13 dollari per azione) contro i 382 milioni dello stesso periodo di un anno fa.

Per l’intero 2009 i profitti sono stati di 6,5 miliardi di dollari (20,41 dollari per azione) su un giro d’affari di 23,65 miliardi di dollari contro i 4,2 miliardi di dollari dello scorso anno, quando il fatturato si attestato a 21,8 miliardi di dollari.

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