Le aziende italiane su Wikipedia: c’è ancora molto da imparare. Solo Fiat (quasi) a pieni punti nella lista dei brand meglio rappresentati

di Alessandra Talarico |

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Wikipedia

L’enciclopedia online Wikipedia, con i suoi 60 milioni di visitatori al mese, è ormai globalmente riconosciuta come una delle più importanti fonti di informazione dell’era internet, in grado di canalizzare sulle sue pagine l’8% del traffico internet mondiale.

 

Wikipedia – che ha saputo guadagnare nel corso degli anni fama di indipendenza e affidabilità nonostante diversi ‘incidenti’ abbiano rischiato di minare la fiducia degli utenti – rappresenta anche uno strumento molto importante per le aziende che vogliono guadagnare visibilità: se si cercano su Google informazioni relative a noti marchi commerciali, la loro descrizione su Wikipedia risulterà in cima alla lista dei risultati. Il sito si rivela dunque un alleato estremamente importante, con un ruolo chiave per migliorare la percezione e la reputazione di un’azienda.

 

Eppure, secondo una ricerca realizzata da Lundquist, le aziende italiane, tranne poche eccezioni, ancora non hanno compreso l’importanza di una presenza su Wikipedia dettagliata e articolata: Anche se – sottolinea la ricerca – tutte le 40 maggiori compagnie italiane quotate in borsa hanno articoli dedicati su Wikipedia (tranne Snam Rete Gas, che rimanda a un articolo Eni) la quantità di informazioni è generalmente limitata.

Se la massima completezza delle informazioni equivale a un punteggio di 18 punti, la media italiana è di 8,4, contro una media mondiale di 16,1.

In cima alla lista troviamo Fiat (17 punti) e Pirelli (15), seguite da Eni, ST Microelectronics, UniCredit Group, Finmeccanica e Mondadori, tutte con 14 punti. Mediaset si piazza al 14° posto con 11 punti e Telecom Italia al 20° con 10 punti.

Sorprende che marchi di alto profilo internazionalmente riconosciuti come Bulgari, Luxottica o Geox non siano stati altrettanto pronti a cogliere le opportunità di visibilità garantire da Wikipedia e siano finiti, insieme a Fastweb e Seat Pagine Gialle nelle zone basse della classifica.

 

La ricerca di Lundquist non prende in esame la  precisione delle informazioni, ma la presenza delle aziende italiane sulla versione in inglese di Wikipedia e la qualità della presentazione sulla base di criteri quali il numero di articoli presentati, le notizie in essi contenute e la loro popolarità nelle pagine viste. Allo stesso modo sono state valutate anche le prime 20 compagnie dell’indice FT 500.

Per valutare la copertura di Wikipedia in relazione ad altre enciclopedie, Lundquist ha anche confrontato la presenza di queste aziende sull’Encyclopaedia Britannica su Encarta di Microsoft.

Tutte le aziende italiane hanno almeno una voce su Wikipedia. In confronto, solo 4 vengono citate sull’Encyclopaedia Britannica e 2 su Encarta.

Certo, sottolinea ancora Lundquist, i rischi di comparire su Wikipedia ci sono, e sono legati alla natura aperta del sito e al fatto che spesso le aziende si approcciano al sito senza averne ben chiare le policy: succede spesso, dunque, che le aziende stesse provino a redigere la propria presentazione. Ma questi tentativi vengono prontamente smascherati e, se appresi dalla stampa – come spesso succede – non resta che cattiva pubblicità.

Potrebbero anche verificarsi tentativi di sabotaggio da parte di aziende concorrenti, come è successo nel 2005, quando un dipendente della casa automobilistica americana Ford modificò la presentazione della Dodge Rampage (prodotta dalla rivale Chrysler), sostenendo che la macchina fosse “brutta e impopolare”.

 

Eppure, nonostante queste manipolazioni, Wikipedia è più che mai popolare e riconosciuta – il 75% dei giornalisti economici, degli analisti e degli investitori confermano di utilizzarla come fonte d’informazione – e per questo vale la pena raccogliere la sfida.

 

Per vincerla, sottolinea però James Lundquist, le aziende italiane devono “cambiare la loro idea di relazioni pubbliche, per orientarsi verso un approccio che parli non più ai singoli individui nei tradizionali mezzi di comunicazione, ma direttamente alle comunità, delle quali, però, bisogna conoscere regole, dinamiche e cultura”.

Nel caso specifico di Wikipedia, questo vuol dire innanzitutto evitare di curare da soli i propri articoli, tranne per aggiornare statistiche facilmente verificabili, e quindi fornire ai redattori foto libere da copyright da usare nella presentazione e link appropriati dove reperire informazioni supplementari.

 

Fiat, che non a caso è la prima azienda italiana in lista, tutto questo lo ha fatto: ha cercato attivamente il dialogo con i redattori delle proprie pagine e ha fornito loro assistenza. Il risultato, dice Lundquist, è “l’articolo più completo e più visto della nostra indagine” e ciò dimostra che le grandi aziende – soprattutto, ma non solo, quelle di respiro internazionale – “non dovrebbero avere paura di parlare alla community di Wikipedia”.

Se l’approccio è quello giusto e le compagnie dimostrano di voler collaborare, insomma, “saranno le benvenute” su Wikipedia, conclude Lundquist, sottolineando che la cosa più importante che le aziende devono comprendere è che la presenza su Wikipedia “può dare impulso al loro profilo internazionale”.

 

Nata nel 2001 e redatta in modo collaborativo da volontari alla maniera wiki (in hawaiano significa veloce) Wikipedia è sostenuta dall’organizzazione non-profit Wikimedia Foundation ed è attualmente pubblicata in circa 250 lingue differenti (di cui circa 180 attive, quella in inglese è quella col maggior numero di voci) con voci sia sugli argomenti propri di una tradizionale enciclopedia, sia su quelli di almanacchi, dizionari geografici e di attualità.

L’edizione in lingua italiana a fine maggio 2009 contava 571.419 voci. Con 389.936 utenti attualmente registrati.