Lo spam sconfitto? Non ancora. Gli esperti si interrogano su come gli spammer reinventeranno il business dopo il blocco di McColo

di Alessandra Talarico |

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Un duro colpo allo spamming è stato inferto nel corso di questo fine settimana, grazie al blocco dei server di McColo, basati a San Jose, in California.

L’indagine è partita grazie a un’inchiesta del Washington Post durata oltre 4 mesi e si è conclusa col blocco dell’accesso ai server da parte dei fornitori del servizio internet Global Crossing e Hurricane Electric.

 

I server di McColo oltre a essere un crocevia per le email spazzatura reclamizzanti la vendita di farmaci, per la distribuzione di virus e trojan, e per altre attività legate al phishing e alla sottrazione di dati bancari, ospitavano anche materiali pedopornografici, ma non è ancora chiaro per quali reati la società sarà incriminata, dal momento che i fornitori di servizi di hosting non sono generalmente ritenuti responsabili di quello che transita attraverso le loro reti, eccetto nei casi che coinvolgano, appunto, la pedopornografia o la violazione del copyright.

 

Nel caso della pornografia infantile, in particolare, i provider del servizio possono essere riconosciuti responsabili solo nel caso in cui essi ospitino consapevolmente i contenuti illeciti e non facciano nulla per eliminare simili contenuti dai propri server.

 

Nel 2001, ad esempio, il service provider BuffNET, venne proclamato colpevole di aver volontariamente fornito accesso a materiali pedopornografici dal momento che – pur essendo stato informato della presenza di materiale offensivo – non fece nulla per rimuoverlo dai propri server.

E’, insomma, come quando il proprietario di un appartamento in affitto vede gente entrare e uscire dalla sua proprietà a qualsiasi ora del giorno e della notte e non sospetti minimamente che fra le mura della sua proprietà possa avvenire qualcosa di equivoco.

 

A conclusione dell’operazione, gli esperti di Sophos hanno rilevato un immediato calo dello spam mondiale del 75%, ma ci si chiede se questo tracollo sia definitivo e, purtroppo, l’ipotesi non sembra reggere: gli spammer, si sa, sono campioni nel reinventare se stessi e i propri business e sono già a lavoro per capire come sfruttare nuovi canali di diffusione.

 

Secondo l’ultimo report realizzato dall’azienda per la sicurezza informatica Sophos, il business dello spam è in grado di generare introiti dai 100 ai 7 mila dollari al giorno.

L’Università della California è riuscita a dimostrare che solo una minima percentuale di utenti – inferiore allo 0,00001 per cento – si fa abbindolare dallo spam: su oltre 450 milioni di eMail spazzatura, solo un utente ogni 12,5 milioni di messaggi ha acquistato i prodotti reclamizzati.

Nonostante ciò, tuttavia, le cifre dell’attività di spamming sono tutt’altro che irrisorie: secondo le stime di Sophos, infatti, una campagna su larga scala può produrre profitti per milioni di dollari ogni anno.