‘Il diavolo veste placement’: il futuro del marketing è il product placement, ma ha limiti, regole e obblighi da rispettare

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di Gabriella Cims

Italia


ET con le caramelle Reese's Pieces

Il workshop europeo sul product placement (PP), che si è tenuto a Roma, presso Palazzo delle Esposizioni, di fatto è stata una prima occasione pubblica di confronto sul tema insieme al governo, all’Autorità indipendente, i broadcasters, i produttori, le concessionarie, e tra gli iscritti a seguire le agenzie, gli autori e gli interessati in genere. cimsComunicazioni ed Eurovisioni, promotori dell’iniziativa in partnership con la presidenza della regione Lazio e il Roma Fiction Fest, e in collaborazione con Eutelsat ed Egta, hanno preannunciato la pubblicazione di un “istant-book” sul PP che verrà integrato anche con le opinioni emerse attraverso i protagonisti del dibattito.

Raffaele Barberio , direttore di key4biz, ha sapientemente sottolineato gli apporti di ciascun intervento e forse è un’opportunità per tutti rendere il dibattito patrimonio comune di quanti a quel “diavolo che veste placement” guardano con interesse personale e professionale.

Per quanto riguarda gli aspetti regolatori, l’Italia si appresta a recepire la direttiva europea sui servizi audiovisivi, come approvata il 19 dicembre 2007 dall’Unione Europea. Se la procedura parlamentare proseguirà in tale direzione, in breve saranno ammesse quelle deroghe al divieto che permettono l’inserimento di prodotti anche in tv, per le opere cinematografiche, per i film e le serie televisive, per i programmi sportivi e di intrattenimento leggero. Il tutto con i dovuti limiti e obblighi di informazione (all’inizio, alla fine e dopo ogni interruzione pubblicitaria), nel rispetto del principio di trasparenza.

Sulle caratteristiche specifiche del PP, nel corso del workshop, è stata illustrata un’anticipazione dello studio che sarà pubblicato il prossimo dicembre e, per la parte prodotta da cimsComunicazioni, proviamo a focalizzarne alcuni passaggi.

Come definire, in primis, questo ‘diavolo’ di un placement?

Trattasi, come noto, di una forma di comunicazione commerciale che consiste nell’inserire o nel fare riferimento a un prodotto, a un servizio o a un marchio, nel cuore di un contenuto narrativo precostituito, sia esso un film cinematografico o televisivo, un video musicale, un videogioco, un programma di intrattenimento, riuscendo ad integrarsi con esso. L’aspetto dell’integrazione è fondamentale se si intende dar luogo ad una corretta ed efficace operazione di PP, dato che non basta immaginare il tipo di prodotto-marchio che potrebbe essere inserito nel contesto, quanto piuttosto risulta basilare “come” inserirlo in esso, nel racconto della sceneggiatura, nella sequenza di immagini, o nel format in questione.

Qui sta proprio il nodo focale della riuscita per un inserimento di qualità. Si perché -va ricordato – anche la pubblicità, cui si guarda spesso con sospetto, ha un suo indice qualitativo cui auspicabilmente non dovrebbe sottrarsi. Sono molti gli esempi di PP efficace ed integrato e non è il caso di dare un elenco ma, forse, l’agente segreto più noto del cinema, nome in codice 007- James Bond, rende bene l’idea per come indossa certi abiti o guida certe automobili, dipingendo un personaggio che senza tali accessori non avrebbe sicuramente lo stesso appeal. Va anche detto tuttavia che non sempre i casi realizzati di PP, anche ultimamente nel cinema italiano, dopo il decreto urbani del 2004 che ne ha consentito l’utilizzo, sono così – diciamo- “felici”. Forse il punto è che occorre prestare maggior attenzione ai diversi elementi che entrano in gioco, magari imparando meglio dalla esperienza consolidata di mercati più maturi nel settore.

Andiamo avanti con le caratteristiche e ricordiamo che il PP di norma avviene dietro pagamento o altro compenso, che può anche consistere nella “fornitura di beni o di servizi aventi un valore monetario per i quali il ricevente altrimenti avrebbe dovuto impiegare proprie risorse finanziarie, personali o materiali”. Si distingue, a seconda dei diversi casi, il barter product placement, il paid product placement ed il props (gratis) product placement.

Elementi fondamentali di un’operazione di PP, sono dunque l’obiettivo, in genere promuovere un prodotto o un servizio; il contesto di inserimento, vuoi che sia la sceneggiatura di un film o una fiction, piuttosto che il format di un programma televisivo; il carattere oneroso, ad esclusione ovviamente del props placement.

Per quanto concerne la modalità di realizzazione di un PP, essa può essere solo visiva, cioè attraverso l’inserimento della sola immagine del prodotto-servizio in questione, solo uditiva, attraverso per esempio la citazione del marchio da parte di un attore protagonista, o in modalità audiovisiva, una combinazione delle due.

Quali sono i principali soggetti coinvolti nel processo elaborazione del PP?

L’impresa di produzione audiovisiva, che intende rendere più realistico il contesto narrativo e contemporaneamente drenare risorse che per la realizzazione dell’opera; le imprese inserzioniste che cercano di promuovere un loro prodotto, le agenzie specializzate in PP, che hanno il delicato ruolo intermediario di identificare il prodotto audiovisivo più adatto per un dato marchio, di intervenire nel contesto narrativo e controllarne il posizionamento. Tra i tre soggetti vi deve necessariamente essere una stretta collaborazione. Dopo di che non è detto che altri soggetti non possano intervenire o non siano coinvolti.

Come si declinano dunque i rapporti tra agenzie, imprese e produttori?

Nell’approccio cosiddetto “classico”, l’impresa di produzione audiovisiva contatta l’agenzia.

Si dà avvio alla lettura della sceneggiatura, l’agenzia individua i prodotti suggeriti, contatta le aziende e procede con il posizionamento opportuno del prodotto. Nel caso dell’approccio “alternativo”, è l’azienda inserzionista che contatta l’agenzia. Si procede con un briefing sul prodotto, definendone le caratteristiche, il target di riferimento, si prosegue con l’individuazione del film,o altro genere più idoneo, per poi procedere con il lavoro sulla sceneggiatura per inserire il marchio nel “migliore” modo possibile.

In tema di efficacia, ci ricordiamo di “E.T.”, l’extraterrestre che nel ’92 spopolò le sale cinematografiche?

Ebbene, le caramelle che il piccolo protagonista usò per attirare il suo nuovo amico dello spazio – le “Reese’s Pieces”- aumentarono le loro vendite del 65% in soli tre mesi: chiaro, no?

Ma quante risorse muove il PP nel mondo?

Una stima della californiana PQ media di Stamford valuta che nel mondo gli investimenti in PP passeranno dai 7 miliardi e mezzo di dollari nel 2006 a quasi il doppio, 14 miliardi di dollari nel 2010, stima che accreditano soprattutto alle attese di crescita dell’uso di PP in Europa e nei mercati asiatici.

L’utilizzo di PP dietro pagamento di una somma di danaro -paid-PP- sta crescendo a ritmi duplici rispetto alla fornitura di beni o servizi alla produzione -barter-PP- (del 39% rispetto al 16% nel 2006). Inoltre gli investimenti in paid-PP crescono più nel settore televisivo che in quello cinematografico (48% rispetto al 21% nel 2006).

Quali sono i Paesi che investono maggiormente in paid-PP, sia nel cinema che nella tv?

La classifica vede ai primi cinque posti Usa (1500 mln$), Brasile (285 mln$), Australia (104 mln$), Francia (57 mln$) e Giappone (53 mln$). Negli Usa, il mercato che più investe in questa modalità pubblicitaria, il ritmo di crescita di tali investimenti è sempre stato maggiore nel settore cinematografico rispetto a quello televisivo, salvo poi invertire tale tendenza dal 2003 in poi, da quando le industrie hanno cominciato a preferire in via crescente i contenitori televisivi per pubblicizzare i loro prodotti.

E in Europa, cosa accade? Forse è possibile sostenere una certa relazione tra vitalità dell’industria cinematografica e investimenti in PP, dato che tra i primi paesi per numero di film prodotti figurano Francia e Spagna, i due paesi dove si registra anche il maggior grado di diffusione di PP.

In Italia, dal decreto 2004 in poi, sono molte le aziende inserzioniste che stanno utilizzando film per promuovere i propri prodotti e servizi. Telefonia, alimenti, bevande analcoliche, mezzi di comunicazione (radio-editoria), abbigliamento, gioielli e auto sono le sette categorie in cui il PP è maggiormente diffuso. Pasta Garofalo, per esempio, dal 2006 ha deciso di investire l’intero suo budget di comunicazione proprio in questa modalità e i protagonisti di “Lezioni di volo”(2006), “Commediasexy” (2006), “Saturno contro” (2007) o “Notturno bus” (2007), l’hanno preparata e gustata nelle diverse scene.

Senza voler trarre affrettate conclusioni, si può tuttavia affermare che vi sarà una sempre maggiore attenzione verso questa tecnica di marketing. I motivi sono molteplici e certo la contrazione della crescita degli investimenti nei tradizionali spot, una certa disaffezione ad essi da parte degli spettatori aiutata dalla tecnologia che consente di evitarne la visione, spingeranno in tale direzione aziende inserzioniste, produttori e broadcasters. In Europa il quadro regolatorio sarà chiaramente definito al termine della fase di recepimento della direttiva europea approvata nel dicembre 2009. Ma l’eventuale generale uso delle deroghe che consentiranno l’utilizzo del PP anche in tv sarà solo l’inizio di una pratica d’uso che in realtà necessita di un’ulteriore implementazione. E’ auspicabile infatti che, secondo il principio di co-regolamentazione, tutti i protagonisti del settore e l’Autorità indipendente possano trovare una composizione dei diversi, legittimi interessi.

Il product placement nel mercato globale e convergente

di CimsComunicazioni

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