Wi-Fi: ripristinati i collegamenti nelle biblioteche parigine. Non ci sarebbe pericolo per la salute, ma i dipendenti criticano la decisione

di Alessandra Talarico |

Francia


Wi-Fi

Rientreranno in funzione i collegamenti Wi-Fi nelle 4 biblioteche parigine che avevano deciso lo scorso novembre di sospendere il servizio a causa dei diversi disturbi – mal di testa, vertigini e dolori muscolari – accusati dal personale dopo l’installazione delle reti.

 

Dopo uno stop di quasi un anno delle reti wireless, è arrivato dunque il pronunciamento positivo del Comitato Igiene e Sicurezza (CHS) della direzione degli Affari Culturali (DAC) della capitale francese, che ha preso atto dei risultati di uno studio effettuato dall’amministrazione comunale secondo cui i livelli elettromagnetici rilevati nelle biblioteche sono “da 80 a 400 volte inferiori alle soglie regolamentari”.

 

I collegamenti erano stati sospesi soltanto in 4 delle 59 biblioteche comunali dotate di reti senza fili, installate nell’estate del 2007 per rilanciare le ambizioni del programma ‘Paris Ville Numérique‘, lanciato dal sindaco della città Bertrand Delanoë nel 2006 con l’obiettivo di realizzare 400 punti di accesso gratuiti in spazi pubblici.

 

Il sindaco aveva chiarito che il blocco delle connessioni era stato deciso più per evitare la chiusura delle biblioteche – alcuni dipendenti intendevano infatti esercitare il ‘droit de retrait’, una sospensione del lavoro per motivi di sicurezza – che per l’effettiva pericolosità delle reti.

Le visite mediche cui sono stati sottoposti tutti i dipendenti che, esposti ai campi elettromagnetici delle reti Wi-Fi, avevano segnalato malesseri, “non hanno diagnosticato alcuna patologia”, ha assicurato il sindaco.

 

Ma queste rassicurazioni non hanno affatto persuaso una parte dei dipendenti comunali, convinti che i limiti di esposizione previsti per legge siano troppo elevati e che le rilevazioni effettuate dagli esperti incaricati dal comune siano inattendibili perchè basate, come ha sottolineato Marie-Paul Sémel, “sull’estrapolazione di un procedimento utilizzato per misurare le emissioni delle antenne telefoniche”.

 

Secondo i contestatori della rimessa in funzione dei collegamenti, il problema risiede nel fatto che la patologia manifestata da molti colleghi – l’ipersensibiltà elettromagnetica – non è riconosciuta dalla medicina francese, come avviene invece in Gran Bretagna e Svezia. Il rischio concreto è che i sintomi scomparsi dopo la moratoria, riappaiono al riaccendersi delle reti.

 

La sindrome da ipersensibiltà elettromagnetica – comparsa nei paesi scandinavi negli anni 80, quando iniziarono a circolare i primi videoterminali – oltre ai problemi di carattere fisico (emicrania, disturbi visivi, alterazioni e danni a carico del sistema circolatorio e del sistema nervoso centrale), porta inoltre con sé anche il malessere psicologico legato all’essere colpiti da una malattia che la società non sempre riconosce e che spesso nei casi più estremi, registrati anche questi nei paesi del nord Europa, costringe a rifugiarsi (come ultima soluzione) in luoghi isolati dove non siano presenti antenne.

 

Gli studiosi sono effettivamente divisi sull’argomento e molti sostengono che dietro alla disinformazione vi siano le lobby dell’industria wireless, che privilegiano i propri interessi a scapito della salute delle persone.

 

In base allo studio “Campi elettromagnetici e salute pubblica”, effettuato dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (WHO), non c’è una prova reale degli effetti nocivi del Wi-Fi sulla salute della popolazione che vive vicino a queste reti.

Secondo i risultati del documento, pubblicato a maggio del 2006, “…il solo effetto dei campi elettromagnetici a radiofrequenza notato è stato un aumento della temperatura corporea, legato però all’esposizione a campi di intensità molto elevata, che non sono replicati dall’industria a livello commerciale”.