Pubblicità: il Parlamento Ue mette uno Stop agli stereotipi sulle donne. ‘Eliminiamo i messaggi discriminatori e degradanti’

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Unione Europea


Eva Brit Svensson

Gli stereotipi di genere nei media devono essere eliminati. E’ quanto sostiene il Parlamento rilevando l’importanza delle norme e dei codici di condotta che vietano la pubblicità con messaggi discriminatori. Nel sollecitare i pubblicitari a considerare con attenzione il ricorso a modelle “anoressiche”, chiede di eliminare i messaggi con stereotipi da testi scolastici, giocattoli, videogiochi e Internet. Auspica premi per le pubblicità che valorizzano le donne e campagne di sensibilizzazione.

 

Approvando con 504 voti favorevoli, 110 contrari e 22 astensioni la relazione di Eva-Britt Svensson (GUE/NGL, SE), il Parlamento sottolinea anzitutto l’importanza di dare alle donne e agli uomini “le stesse possibilità di svilupparsi come individui a prescindere dal sesso di appartenenza”. In seguito, osservando che gli stereotipi di genere esistono ancora “in ampia misura“, malgrado i diversi programmi comunitari volti a conseguire la parità tra i sessi, sostiene che essi “devono essere eliminati”. Inoltre, rileva come la discriminazione di genere nei media sia tuttora diffusa, mentre la pubblicità e i media che presentano stereotipi “possono essere considerati come parte di tale fenomeno”. Pubblicità e marketing, poi, “riflettono la cultura e contribuiscono altresì a crearla”, e la prima può qualche volta presentare la vita reale degli uomini e delle donne “in modo caricaturale“.

  

Secondo la Svensson, la pubblicità che presenta stereotipi di genere “limita le donne e gli uomini, le ragazze e i ragazzi e rinchiude gli individui in ruoli prestabiliti, artificiali e spesso umilianti”. Gli stereotipi di genere nella pubblicità “hanno un enorme effetto potenziale sugli sforzi di rendere la società più uguale fra uomo e donna”, in quanto il mondo in cui viviamo “è pieno di immagini e pubblicità che ci seguono costantemente, in casa, in tv, per strada, nei negozi, nei giornali…”.

La deputata svedese ricorda come il ruolo che la pubblicità affida alla donna e all’uomo “si riflette spesso in altri contesti e ciò vale soprattutto per le giovani generazioni, che vedono fortemente influenzate le proprie scelte di istruzione e carriera”.

 

Cosa possono fare Ue e Paesi membri? 

“Esserne consci e prendere misure al riguardo“, dichiara consapevole l’eurodeputata, che ricorda l’importanza della presenza di istituti pubblici di riferimento ai quali la gente può rivolgersi per protestare contro pubblicità o campagne marketing stereotipate. “Un ruolo che potrà essere coadiuvato dal prossimo Istituto europeo per l’uguaglianza di genere“, aggiunge.

“Occorre inoltre acquisire consapevolezza della situazione, oggi ad esempio nessuno penserebbe mai a una pubblicità che aumenta l’inquinamento, e questo è proprio quello che chiede la mia relazione rispetto agli stereotipi di genere”.

 

Gli Stati membri dovrebbero pertanto provvedere con idonei mezzi affinché il marketing e la pubblicità garantiscano il rispetto della dignità umana e dell’integrità della persona, non comportino discriminazioni dirette o indirette né contengano alcun incitamento all’odio basato su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, “e non contengano elementi che, valutati nel loro contesto, approvino, esaltino o inducano alla violenza contro le donne”.

Per il Parlamento è quindi particolarmente importante che la pubblicità sui media sia disciplinata da norme etiche e/o giuridiche vincolanti e/o dai codici condotta esistenti che proibiscono la pubblicità che trasmette messaggi discriminatori o degradanti basati sugli stereotipi di genere o che incita alla violenza.

 

Il Parlamento osserva peraltro che la rappresentazione dell’ideale corporeo nella pubblicità e nel marketing “può influire negativamente sull’autostima delle donne e degli uomini”, in particolare delle adolescenti e di quante sono esposte al rischio di disordini alimentari, come l’Anoressia nervosa e la Bulimia nervosa. Invita quindi i pubblicitari “a considerare con attenzione il ricorso a modelle estremamente magre per la pubblicità dei prodotti”. 

 

I deputati sottolineano che la presenza di stereotipi negli spot pubblicitari trasmessi durante i programmi per bambini costituisce “un vero problema a causa delle sue potenziali ripercussioni sulla socializzazione di genere e, di conseguenza, sul modo in cui i bambini vedono se stessi, i propri familiari e il mondo esterno”. Pertanto, gli sforzi volti a combattere gli stereotipi di genere nei media e nella pubblicità dovrebbero essere affiancati da strategie e misure educative per sensibilizzare i bambini fin dall’infanzia e per sviluppare il senso critico fin dall’età adolescenziale. 

Secondo i deputati è inoltre necessario mettere in discussione la suddivisione tradizionale dei ruoli ed eliminare i messaggi che ledono la dignità umana e che contengono stereotipi di genere veicolati dai testi scolastici, dai giocattoli, dai videogiochi per PC e console, da Internet e dalle nuove tecnologie di informazione e di comunicazione (Ict) e dalla pubblicità trasmessa dai vari tipi di media.

 

Il Parlamento rileva inoltre “con estrema preoccupazione” che l’offerta di prestazioni sessuali sulla stampa, compresi i quotidiani locali, oltre a rafforzare lo stereotipo della donna-oggetto, rende tali messaggi “visibili ed accessibili ai minori”.

 

Il Parlamento sottolinea la necessità di buoni esempi da una prospettiva di genere nel campo dei media e della pubblicità “per mostrare che un cambiamento è possibile e auspicabile” e ritiene che gli Stati membri debbano ufficializzare l’aggiudicazione di un premio dell’industria pubblicitaria rivolto ai propri appartenenti e di un premio del pubblico per i messaggi pubblicitari che si allontanano maggiormente dagli stereotipi sessisti “per dare un’immagine positiva e valorizzante delle donne, degli uomini e dei rapporti fra i due sessi”. Sollecita infine il lancio campagne di sensibilizzazione contro gli insulti a sfondo sessista o le immagini degradanti della donna e dell’uomo nella pubblicità e nel marketing. 

 

Accogliendo un emendamento del PPE/DE, l’Aula ha soppresso l’invito rivolto agli Stati a istituire organi nazionali preposti al monitoraggio dei media, con una sezione per la parità di genere dotata di competenze specifiche che avrebbe avuto il compito di ricevere i reclami del pubblico, di aggiudicare premi per la parità ai professionisti dei media e della pubblicità e di effettuare studi e di svolgere un monitoraggio regolare dei contenuti mediatici. (r.n.)

 

 

Ieri 7 settembre 2008 è venuto a mancare il prof. Carlo Mario Guerci.

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