Il Web resti ‘aperto’. La posizione di Vinton Cerf nel dibattito sulla neutralità della rete

di Alessandra Talarico |

Mondo


Vinton_Chief_Google

Mantenere la Rete ‘aperta’ per continuare a innovare il mezzo di comunicazione che più di ogni altro ha rivoluzionato il modo di informarsi, divertirsi, lavorare.

È continuato nel corso dell’estate il dibattito sulla neutralità della rete, che si è arricchito dell’autorevole parere di Vinton Cerf, uno dei ‘padri fondatori’ del web assieme a Robert Kahn, nonché presidente dell’Icann e, da settembre 2005, Chief Internet Evangelist di Google.

 

Secondo Cerf, qualsiasi minaccia all’accesso aperto a internet sarebbe un deterrente sia all’innovazione che agli investimenti. Il problema da risolvere, per il guru del web, non è tanto quello di gestire il numero crescente di utenti e dati che circolano in rete, quanto le questioni relative alla sicurezza, alla stabilità all’affidabilità e alla riservatezza delle informazioni.

 

Se si incoraggiassero le posizioni contrarie alla neutralità della rete, i provider potrebbero garantire il servizio di connessione favorendo alcuni contenuti del rispetto ad altri, creando un’architettura basata sui favoritismi e progettata per avvantaggiare alcuni servizi rispetto ad altri.

 

Le minacce alla sicurezza della rete però sono tante e tali che il problema maggiore non è quello di assegnare una corsia privilegiata ad alcuni servizi, quanto quello di “difendere il sistema da attacchi che si fanno sempre più minacciosi”.

 

Creare un regime in cui i provider dei servizi internet di base hanno il controllo su cosa aziende e utenti privati possono immettere in rete “sarebbe un reale pericolo per l’innovazione”, ha spiegato Cerf, ribadendo che i regolatori di tutto il mondo dovranno riconoscere “l’importanza di mantenere la rete aperta e neutrale e di permettere a chiunque lo voglia di far valere le proprie idee”.

 

 

Internet, insomma, patrimonio dell’umanità: chiunque deve poterlo usare, a prescindere dall’hardware, dal software, dal service provider, dalla lingua parlata, da eventuali disabilità. Nessuno deve controllarlo, sia esso un governo o un’azienda.

 

Da quando Cerf contribuì all’invenzione del protocollo TCP/IP, nel 1970, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, e internet è diventato un’infrastruttura globale di enorme valore, grazie alla sua abilità di assorbire nuove tecnologie e supportare una grande varietà di applicazioni.

 

Questo inimmaginabile sviluppo della Rete è frutto – secondo Cerf – “di specifiche tecniche semplici, chiare e ben definite, nonché dell’apertura e dell’accessibilità di tutti i diversi strati della sua architettura”, ma anche della diretta conseguenza del lavoro volontario di collaborazione di milioni di persone: utenti, service provider, sviluppatori di standard, programmatori di software, vendor di sistemi operativi, host e molti altri.

 

L’avvento del World Wide Web ha “infiammato la nostra immaginazione e dato fondamento concreto alla possibilità che tutto il sapere del mondo possa un giorno essere accessibile a ogni persona sul pianeta” con un semplice click.

 

Ma se il controllo del web passasse nelle mani dei provider o di chicchessia, gli investimenti necessari al suo ulteriore sviluppo sarebbero ostacolati: “nessuno – ha ribadito Cerf – sarebbe più disposto a investire perché sarebbero azzerate le speranze di profitto”.

 

Profitto che arriverà appena i consumatori capiranno il valore dei contenuti e saranno pronti a pagarli. Ma perché questo avvenga – ha concluso Cerf – dovrà passare ancora del tempo, e cambiare le regole nel corso della partita non è né leale verso gli utenti né vantaggioso per l’industria.