Libertà di espressione: il Parlamento europeo condanna la censura e le società occidentali che collaborano con i regimi repressivi

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Censura

Il Parlamento europeo ha adottato ieri una risoluzione per condannare la censura imposta da diversi governi sui contenuti internet, sottolineando 

  

La risoluzione fa riferimento alle dichiarazioni finali dell’ultimo WSIS di Tunisi sull’importanza delle tecnologie dell’informazione nella creazione di società democratiche aperte e per pervenire a una maggiore crescita sociale ed economica a livello mondiale. Fondamentale, in questo contesto, è la libertà di ricevere informazioni e potervi accedere.

  

Per l’Europarlamento, la lotta per la libertà di espressione deve oggi essere combattuta sul web, diventato ormai il canale di comunicazione privilegiato e punto di riferimento per i dissidenti politici, gli attivisti per la democrazia e i diritti umani e i giornalisti.

  

I regimi autoritari, tuttavia, continuano imperterriti nella loro attività di censura e rigido controllo di internet: tra questi, in particolare, i più agguerriti sono la Cina, la Bielorussia, Cuba, l’Iran, la Libia, le Maldive, il Nepal, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita, la Siria, la Tunisia il Vietnam e molti altri ancora.

  

In questi paesi – principalmente in Cina – esprimere la propria opinione su argomenti considerati tabù dalle autorità può costare anni di prigione: basti pensare che solo in Cina – a febbraio – erano imprigionati 49 cyberdissidenti e 32 giornalisti, accusati di aver diffuso in Rete critiche al regime che, però, esalta la Rete come strumento di propaganda politica. 

  

La risoluzione dell’Europarlamento denuncia anche l’atteggiamento collaborativo di tutte quelle aziende occidentali che forniscono a questi governi gli strumenti tecnologici atti a monitorare e censurare le comunicazioni elettroniche – tra queste il Parlamento cita Cisco Systems, Telecom Italia e Wanadoo – oppure non esitano a piegarsi ai dettami dei regimi in fatto di censura dei contenuti – tra i casi più noti, quelli di Google, Yahoo! e Microsoft.

  

In questo contesto, molto positivo il giudizio dei parlamentari europei sulla bozza di legge Global On-line Freedom Act, introdotta a febbraio 2006 negli Stati Uniti per regolare le attività delle web company che si trovano ad operare in regimi repressivi.

  

Il testo precisa che la censura politica e religiosa degrada la qualità dei servizi di informazione e ricerca su internet e minaccia, in ultima analisi, l’integrità e l’affidabilità dell’industria, sia negli Usa che all’estero. 

  

Le pratiche delle web company, anche e non solo nei Paesi repressivi, dovrebbero dunque essere basate sui concetti di integrità, protezione e trasparenza e, per garantire questi principi, la proposta di legge prevede la realizzazione di un ufficio che garantisca il rispetto della libertà globale su Internet, fissando standard condivisi da tutte le società che operano all’estero.

  

Il Global Online Freedom Act renderebbe illegali la maggior parte delle pratiche attuate in Cina: i motori di ricerca, ad esempio, non dovrebbero essere basati in Paesi che restringono l’accesso alla rete e non potrebbero in alcun modo alterare o filtrare i risultati delle ricerche su richiesta dei governi. 

  

Le web company americane non potrebbero fornire informazioni atte ad identificare gli utenti, se non per applicazioni legittime del Dipartimento di giustizia Usa. 

  

Qualunque azienda americana violasse qualcuna di queste prescrizioni, potrebbe subire sanzioni pecuniarie fino da 10 mila a 2 milioni di dollari. 

  

Anche l’Europa dovrebbe intraprendere una simile iniziativa per difendere i diritti degli internauti: ecco perché l’Europarlamento chiede alla Commissione e al Consiglio di adottare un “codice di condotta volontario” per porre dei limiti alle attività delle aziende nei regimi repressivi e raccomanda loro di “tenere conto della necessità di un libero accesso a internet quando si definiscono i programmi di assistenza ai paesi repressivi”.

  

Soddisfazione per la risoluzione è stata espressa dall’associazione per la libertà di stampa Reporters sans frontières, che spera che anche la Commissione e gli Stati membri seguano le raccomandazioni sviluppate dai parlamentari europei.

  

“Questo testo dimostra una presa di coscienza dell’Europa della urgente necessità di difendere la libertà di espressione su internet e di regolare le attività delle aziende di settore”, dichiara l’associazione in una nota, sottolineando anche quanto sia importante che l’Europa “avanzi di pari passo con gli Stati Uniti per assicurare che tutte le società rispettino gli stessi principi etici e che nessuno possa approfittare di una legislazione più conciliante per guadagnare quote di mercato”.