TDT: si infiamma il confronto. Ambrogetti (DGTVi) risponde a Soru, ‘il digitale terrestre opportunità di sviluppo tecnologico per Sardegna e Val d´Aosta’

di Raffaella Natale |

Italia


Decoder per la TDT

Monta la polemica intorno alla protesta della Sardegna, che chiede il non spegnimento del segnale analogico per il passaggio al digitale terrestre. Ricordiamo che la Sardegna governata da Renato Soru fa parte, con la Val D’Aosta, del progetto pilota per l’avvio della TDT, siglato la scorsa primavera tra le due Regioni, il Ministero delle Comunicazioni e le reti televisive Rai, Mediaset e La7. Sardi e valdostani dovrebbero essere i primi in Italia ad attuare lo switch-off, fissato al 31 gennaio 2006 e per il resto d’Italia alla fine del 2006.

 

A pochi giorni di distanza dalla visita del Commissario Ue alla Società dell’Informazione e Media, Viviane Reding, che ha rilanciato la necessità che tutti i Paesi membri passino rapidamente alla nuova tecnologia di diffusione, ecco che si registra questa dura presa di posizione.

“Farò una battaglia – ha detto l’ex numero uno di Tiscali nel corso di un incontro con una delegazione dell’Associazione Stampa Sarda – perché non si può negare ai sardi il diritto di continuare a vedere la televisione nel modo in cui la vedono, a cominciare dai programmi del servizio pubblico”.

 

Pronta la replica di Andrea Ambrogetti, presidente di DGTVi, l’associazione per lo sviluppo del digitale terrestre che riunisce Rai, Mediaset, La7, Dfree, FRT e Fondazione Ugo Bordoni.

Il digitale terrestre, ha sottolineato Ambrogetti, resta una “opportunità di sviluppo tecnologico e crescita complessiva per le regioni Sardegna e Val d’Aosta“, che possono puntare ad “assumere la leadership tecnologica nel nostro Paese”.

“Da quando l’intero sistema televisivo ha accettato la sfida del digitale terrestre – ha evidenziato Ambrogetti in una nota – siamo tutti consapevoli della difficoltà di intraprendere per primi in Europa un processo così complesso come quello della transizione al digitale di due intere Regioni. Siamo allo stesso tempo altrettanto consapevoli che il digitale rappresenti una grande opportunità per la stessa Sardegna e Val d’Aosta, l’opportunità di assumere la leadership tecnologica nel nostro Paese”.

 

“La risposta di massa, aldilà di ogni previsione, delle famiglie sarde o valdostane che in poco più di un mese in oltre 125.000 hanno acquisito il box digitale interattivo (raggiungendo così, considerando anche i box acquisiti precedentemente, una penetrazione di quasi il 40% delle famiglie interessate) – ha continuato Ambrogetti – ci convince che il 31 gennaio prossimo l’ambizioso obiettivo sia raggiungibile. Questi dati dimostrano di come la popolazione abbia forse compreso che il digitale costituisce per gli utenti un vantaggio e non un rischio: migliore qualità del segnale, più programmi, più servizi di pubblica utilità, avanzamento tecnologico complessivo, coinvolgimento delle imprese locali, più opportunità per la pubblica amministrazione, per gli utenti e per le aziende. Tutti elementi che devono accompagnare il processo di transizione e che sono stati in questi mesi al centro degli sforzi di ogni soggetto coinvolto per realizzare gli accordi stabiliti“.

“Siamo certi quindi che, nel quadro di collaborazione quotidiano sviluppato in questo periodo, tutti gli interlocutori continuino a contribuire per realizzare quella opportunità di sviluppo tecnologico e crescita complessiva – ha concluso il presidente di DGTVi – che il digitale terrestre rappresenta per le regioni Sardegna e Val d’Aosta”.

 

Sulla stessa linea l’Assessore all’Innovazione della Val d’Aosta, Aurelio Marguerettaz, che ha voluto ricordare quanto il digitale terrestre rappresenti un’opportunità offerta dall’innovazione, che consentirà di creare le condizioni per ridurre le distanze tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione.

“E’ lapalissiano oggi ribadire – ha detto Marguerettaz – che fino a quando la copertura del segnale digitale terrestre non sarà totale nessuno rimarrà al buio con il segnale televisivo analogico”.

Entro il 31 luglio 2006, secondo i piani della sperimentazione, si dovrebbe avere la copertura del 60% degli utenti valdostani.

Proprio questa data è considerata da Marguerettaz “indicativa per dare una tempistica certa all’attuazione del progetto ma non è da considerare categorica. L’analogico sarà spento – ha precisato l’assessore – quando tutti i cittadini saranno in grado di ricevere il digitale”. L’assessore ha poi sottolineato che “La Regione proseguirà il proprio impegno nel progetto che rientra in un quadro più generale degli obiettivi della Giunta che intende creare le condizioni perché cittadini, pubbliche amministrative e aziende ed enti di diversa natura possano colloquiare in rete“.

 

Molto diversa la posizione di Soru che senza mezzi termini ha dichiarato che la Sardegna non metterà una lira in una operazione che si sta rivelando del tutto diversa da quella che negoziata nell’aprile scorso, “firmando un protocollo che è stato totalmente disatteso”.

La richiesta che allora la Regione avanzò, impegnandosi a investire proprie risorse, era quella di cogliere l’occasione della sperimentazione in Sardegna della tecnologia digitale terrestre, per portare nelle case dei sardi non semplicemente la televisione commerciale e magari a pagamento, con una offerta limitata di programmi, ma la televisione come terminale della rete, collegata all’Adsl per l’accesso veloce a Internet, a un personal computer e a un’antenna.

“Questa è la rete con il suo terminale televisivo – ha detto Soru – è libera, aperta, democratica, che fa sì che anche la televisione ci dia la possibilità di un utilizzo attivo, con contenuti che io decido di prendere, via etere o da Internet, e che fa sì che io interloquisca con la pubblica amministrazione, oltre ad averne i servizi direttamente a casa. Ma di questa idea della Tv digitale terrestre – ha continuato – non è rimasto niente“.

 

Soru attacca anche i decoder: quelli che si stanno vendendo in Sardegna con i contributi pubblici “saranno superati fra sei mesi. Sono solo strumenti di ricezione delle Tv commerciali, non sono il terminale della Rete, né danno accesso ai servizi della pubblica amministrazione. Non vi è traccia del decoder del genere di quello che abbiamo proposto noi, e tanto meno dell’idea di fare in Sardegna la tecnologia dei decoder. Non vi è traccia dei laboratori che la Fondazione Bordoni o le reti televisive si erano impegnate ad aprire in Sardegna nel campo dei servizi, della produzione dei contenuti. Non vedo nient’altro che la payTv, sostenuta dal contributo pubblico, una grande operazione delle Tv commerciali private, e senza investimenti, che estende enormemente il mercato dell’utenza puramente televisiva”.

 

Per l’ex sottosegretario alle Comunicazioni Vincenzo Vita, la protesta crescente di queste ore dei cittadini in Sardegna svela una verità già ampiamente prevista: “il passaggio al digitale terrestre è semplicemente irrealistico“. Vita propone, quindi, un tavolo di concertazione/conferenza permanente nazionale che metta insieme Governo, Parlamento, autonomie locali, emittenti, associazioni dei consumatori, forze sindacali, con l’obiettivo di ridisegnare radicalmente la via italiana al digitale terrestre. “La data del 2006 è irrealistica ma, piuttosto che pensare ad un mero rinvio, è più utile ragionare su di una seria tempistica e un’altrettanto seria politica industriale“, ha suggerito Vita.

 

Sergio Bellucci, Responsabile nazionale dipartimento comunicazione e innovazione tecnologica del Partito della rifondazione comunista, ritiene che il tentativo di utilizzare i soldi pubblici per aggirare lo squilibrio comunicativo del nostro Paese, incentivando l’acquisto di decoder tecnologicamente senza futuro, “rischia di diventare un boomerang non solo per il settore televisivo, ma per l’intero futuro tecnologico del Paese“.

Bellucci sottolinea la necessità di “fermare l’ulteriore utilizzo di risorse pubbliche per decoder televisivi digitali e riaprire il dibattito sul pluralismo radiotelevisivo del nostro Paese”. Bellucci arriva addirittura a dichiarare che “il fallimento del digitale in Sardegna è la dimostrazione del fallimento dell’intero governo Berlusconi”.

 

In Italia già da tempo si respira aria di campagna elettorale e mentre il Cda Rai  stanzia 7 milioni di euro per gli investimenti necessari allo sviluppo tecnologico del digitale terrestre, si comincia a remare contro. La TDT è ormai una tappa improrogabile, il nostro Paese ha guadagnato una buona posizione a livello europeo, sarebbe auspicabile che questo traguardo, voluto fortemente anche dal precedente governo di centrosinistra, non diventi ostaggio della contesa elettorale.