Infodemia

Trump-Biden: Facebook, Twitter e il fiume in piena delle fake news

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Cresce la pressione sui social media da parte della società civile che vede nella disinformazione e la propaganda violenta un pericolo per la tenuta democratica degli Stati Uniti. Aumenta il numero di messaggi ingannevoli di Trump “etichettati” da Twitter e Facebook, ma monta la marea della narrazione tossica della realtà.

Le elezioni presidenziali americane 2020 che hanno visto Trump e Biden confrontarsi senza esclusione di colpi sono forse ad un passo dal concludersi.

Il lungo scrutinio dei voti, peraltro non ancora finito per il conteggio delle schede elettorali arrivate via posta, sta per incoronare con molta probabilità Joe Biden a 46° Presidente degli Stati Uniti d’America.

La strada sembra segnata, ma il Presidente in carica, Donald Trump, non appare propenso ad accettare un’eventuale sconfitta e anzi ha subito rilanciato nella giornata di ieri diverse azioni legali per fermare il conteggio dei voti in diversi Stati e per fare luce su presunti casi di brogli.

Che sia una strategia per rallentare il conteggio dei voti e creare un limbo elettorale, o pura retorica complottista per tenere alta l’attenzione degli elettori repubblicani su quanto sta accadendo (ieri sera protestavano davanti gli uffici dove si stava effettuando il conteggio dei voti a Detroit per chiederne il blocco), Trump sta lavorando molto sui social media in queste ore.

Facebook e Twitter alle corde

I suoi account Twitter e Facebook hanno sin da subito prodotto messaggi che mettevano in dubbio il regolare svolgimento del conteggio dei voti e accusavano senza mezzi termini i democratici di “rubare le elezioni” e quindi di impedire la rielezione di Trump.

Il Presidente in carica, insomma, affermava su tutti i suoi canali social di essere il reale vincitore delle elezioni presidenziali 2020, ancor prima che diversi Stati terminassero lo spoglio dei voti, mettendo in dubbio la legittimità dei risultati che davano vincitore lo sfidante.

Facebook e Twitter sono immediatamente corse ai ripari, cercando di bloccare sul nascere la catena di false notizie che si stava creando in rete tramite il “labeling”, cioè etichettando i messaggi del Presidente Trump con degli annunci tesi a smorzarne gli effetti nocivi.

La tecnica delle “etichette”

Su Twitter è apparso un avviso molto chiaro appena sopra il tweet del Presidente in carica: “Il contenuto di questo tweet, tutto o in parte, potrebbe risultare controverso e fuorviante in merito alla modalità di partecipazione alle elezioni”.

Facebook sembra invece aver agito con un certo ritardo, ma ora i messaggi di Trump considerati propagandistici, divisivi, aggressivi e orientati alla disinformazione (voti rubati, vittorie di Biden non riconosciute) sono etichettati con questo messaggio: “Il risultato finale delle elezioni potrebbe essere diverso dal voto iniziale in quanto lo scrutinio durerà per giorni o settimane dopo la chiusura dei seggi”.

Si rimanda sostanzialmente il lettore a pagine in cui è spiegato come funziona il voto in America e illustrata la governance della società riguardo il trattamento di certi messaggi.

I post, anche se non possono essere commentati da nessuno, possono certamente essere condivisi e questo è un problema, visto che il post in questione è stato “etichettato” come fuorviante e/o sostanzialmente propagandistico e non veritiero.

I video virali e l’infodemia pianificata

Su YouTube, invece, i video in cui si accusano gli avversari di brogli e manovre losche a danno di Trump non possono essere bloccati, ne fermati, come questo in cui Eric Trump solleva seri dubbi sulla validità del voto.

La piattaforma video di Google ha annunciato ieri la sospensione e l’oscuramento di 10 account privati che diffondevano false video notizie sull’esito delle elezioni.

Otto dei primi venti video che comparivano tra i risultati di ricerca alla voce “risultati elezioni presidenziali 2020” contenevano fake news e uno di questi contava oltre 1 milione di follower.

Ieri la task force del Servizio esterno della Commissione europea EuVsDisinfo, specializzata nel contrasto alla propaganda straniera all’interno dei Paesi dell’Unione, in un documentato dal titolo “Pro-Kremlin media on Us Elections: Trump good, Biden bad”, lanciava l’allarme sulla disinformazione pianificata da media sponsorizzati da Stati stranieri, in particolare dalla Russia.

Obiettivo delle azioni di manipolazione dell’informazione è non tanto sostenere Trump contro Biden, quanto far precipitare gli Stati Uniti nella confusione, distorcendo ed estremizzando il dibattito pubblico proprio sui social.

Narrazione tossica della realtà e ruolo dei social

Dal Partito Democratico e dai gruppi e movimento progressisti di tutta la Nazione sono subito arrivate veementi proteste, nei riguardi dei social media, perché le attuali politiche di labeling non stavano funzionando abbastanza e un vero e proprio fiume di false notizie sull’andamento del voto stava inondando il Paese, creando “narrazioni pericolose” della realtà e favorendo la proliferazione di “propaganda avvelenata”.

Di fatto, secondo l’analisi di CrowdTangle, i post che utilizzano gli hashtag #StealTheVote e #VoterFraud hanno raccolto più di 300.000 interazioni nelle ore successive la falsa dichiarazione di vittoria delle elezioni da parte di Trump.

Facebook ha annunciato ieri una nuova politica di labeling, non solo applicabile ai leader politici e ai partiti, ma anche a chiunque ne condivida i post avvelenati.

Al momento, il fiume di messaggi ingannevoli sul voto americano sta inondando i principali social media globali senza possibilità di arginarne la corsa, con timori crescenti di una tensione sociale montante in tutti gli Stati Uniti.

Trump, Biden e in Paese diviso che non si capisce più

La libertà di parola e il diritto di esprimersi sono riconosciuti pienamente dalla Costituzione americana e gli stessi social ne sono il frutto diretto, ma in molti iniziano a chiedersi se queste libertà fondamentali non siano state manipolate e sfruttate per altre finalità meno nobili, sia dai partiti politici, sia da gruppi di interessi privati interni ed esterni al Paese, non sempre trasparenti negli obiettivi.

I social sono luoghi di confronto e condivisione su scala globale di cui non possiamo fare a meno, per le loro enormi potenzialità relazionali e comunicative, ma di certo non stanno aiutando le persone a comprendersi.

Ad oggi, Facebook e Twitter non aiutano le persone a capirsi, né a trovare una sintesi tra opposte visioni, al contrario, spingono dalla parte opposta, verso lo scontro, il conflitto violento, la faziosità e la chiamata alla piazza, favorendo gesti estremi in alcuni casi.