la smentita

Telecom Italia: nessun aumento di capitale in vista per finanziare operazioni in Brasile

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Intanto il direttore finanziario di Vivendi, Herve Philippe, ha ribadito che il gruppo non intende mantenere quote di minoranza in società di telecomunicazioni a lungo termine e valuterà opportunità di cessione.

È arrivata nella primissima mattinata la smentita ufficiale di Telecom Italia riguardo l’ipotesi di un aumento di capitale per finanziare la fusione tra Tim Brasil e Oi.

“Telecom Italia, in merito a notizie pubblicate nei giorni scorsi dalla stampa quotidiana, precisa che non è allo studio alcuna operazione di aumento del capitale”, così lo stringato comunicato dell’azienda che esaminerà il dossier Brasile nel cda del prossimo 21 novembre. Sul tavolo del Consiglio, la vendita delle torri di trasmissione ma anche l’analisi di eventuali opzioni strategiche.

Secondo le ricostruzioni di stampa, che hanno spinto l’azienda a emanare la smentita, allo studio ci sarebbe un aumento di capitale ‘da alcuni miliardi’, per finanziare la fusione Tim Brasil-Oi così da rafforzare la posizione del gruppo sul mercato ed evitare contromosse come quelle che da tempo si vanno rincorrendo relative alla possibilità che sia Oi a comprare Tim Brasil per poi suddividerla con gli altri rivali.

Un’ipotesi che non convince però gli analisti di Equita Sim secondo cui anche volendo considerare una possibile fusione tra Tim Brasil e Oi, che porterebbe Telecom Italia a

controllare circa il 49% della nuova entità, alle attuali valutazioni di mercato l’investimento sarebbe inferiore al miliardo. Sarebbe infatti improbabile che a Oi venisse riconosciuto un premio per via delle sue condizioni finanziarie (Oi ha un valore di mercato di circa 3,6 miliardi di euro e un debito di quasi 15 miliardi).

Per gli analisti di Banca Imi, invece, Tim e Tim Brazil “sono in una posizione wait-and-see”, in attesa, insomma, di capire come si evolverà lo scenario di un mercato che comunque va necessariamente verso il consolidamento.

L’opzione ‘spezzatino’, che ha preso quota quest’estate, pare comunque tramontata per lasciare spazio a un’integrazione degli asset di Oi e Tim Brasil, come traspare dalle dichiarazioni del Ceo ad interim di Oi, Bayard Gontijo che ha riferito di essere aperto a tutte le alternative di consolidamento, incluso un eventuale merger. “Il mio obiettivo è di creare valore per gli azionisti, perciò non ho pregiudizi di sorta su come realizzarlo”,  ha detto Gontijo.

Un cambio di rotta rispetto ad agosto, quando la società aveva dato mandato a Banco BTG di studiare l’acquisizione di Tim Brasil, con l’obiettivo di coinvolgere anche gli altri player del mercato.

Nonostante la smentita, nella prima mattinata il titolo Telecom Italia segna un ribasso di circa l’1%, appesantito anche dalle dichiarazioni del direttore finanziario di Vivendi, Herve Philippe, che ha ribadito che il gruppo non intende mantenere quote di minoranza in società di telecomunicazioni a lungo termine e valuterà opportunità di cessione.

Vivendi diventerà azionista con l’8,3% di Telecom Italia dalla prima metà del 2015, in base all’accordo stipulato con Telefonica nell’ambito della cessione della controllata brasiliana GVT.

La notizia non è quello che si può definire una ‘doccia fredda’, visto che il conglomerato di Vincent Bollorè ha avviato ormai da tempo la dismissione degli asset tlc per concentrarsi sul segmento media. Prima di GVT a Telefonica (che ha avuto la meglio proprio su Tim Brasil) ad aprile Vivendi aveva venduto l’operatore mobile francese SFR ad Altice per 13,5 miliardi di euro e ancora prima, a settembre 2013, aveva ceduto Maroc Telecom a Etisalat per 650 milioni di euro.

Con l’uscita di Vivendi e lo scioglimento della holding Telco, quindi, Telecom Italia si ritroverà senza azionisti di riferimento (la quota maggiore sarà quella della Findim di Fossati) proiettata verso il modello public company tanto auspicato dagli azionisti di minoranza. A meno di sorprese dell’ultimo minuto.