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Telecom Italia. De Puyfontaine: ‘Azienda ha perso slancio ma ha potenziale per il futuro’

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In audizione al senato, l'ad di Vivendi ha sottolineato che Telecom ha bisogno di investire, di sviluppare l’infrastruttura che potrà permettere all’Italia di sviluppare il proprio mercato di telecomunicazioni.

Se non si hanno autostrade digitali adeguate per portare i contenuti agli utenti, è come disporre di una Ferrari ma avere a disposizione solo strade sterrate: si finisce per non usarla bene come si potrebbe. Si potrebbe racchiudere in questa frase la visione dell’Italia (e delle sue infrastrutture) di Arnaud de Puyfontaine, amministratore delegato di Vivendi, conglomerato media francese e primo azionista della principale compagnia italiana di telecomunicazioni.

Intervenuto oggi in Senato in un’audizione convocata per chiarire, tra le altre cose, come mai un’azienda come Vivendi abbia speso oltre 3 miliardi in un’azienda altamente indebitata come Telecom, de Puyfontaine ha sottolineato che Vivendi ha investito in Telecom Italia “…perché per raggiungere la creazione di valore c’è bisogno di non essere secondi a nessuno per quanto riguarda l’infrastruttura: quello che è in gioco in Italia è creare autostrade della comunicazione per dare contenuti e accesso migliori ai consumatori”.

Parlando in italiano in avvio dell’audizione, il numero uno della media company francese, salita nei giorni scorsi al 21,4% di Telecom Italia, ha ribadito che Vivendi “è un investitore industriale di lungo termine”, che ha messo piede in Telecom Italia non ‘per conto terzi’ ma per realizzare un progetto ambizioso “in accordo con azionisti, stakeholder e naturalmente col Governo italiano, di cui abbiamo grande stima e di cui apprezziamo gli importanti risultati”.

L’obiettivo dell’alleanza con Telecom Italia: diventare un “soggetto internazionale con una grossa base in Europa”.

Vivendi, società attiva nel campo della musica (dove è leader mondiale con Universal Music, che vanta una forte posizione anche in Italia), ma anche della PayTv e della produzione e distribuzione dei contenuti (Canal+), ha investito in Telecom Italia con l’obiettivo di “…creare un forte soggetto sud-europeo che possa avere una base solida tale da diventare leader mondiale e competere ad armi pari rispetto ai grandi soggetti americani”, quali Walt Disney, 20th Century, Time Warner, Liberty Media.

In un momento in cui l’evoluzione tecnologica guida e condiziona le abitudini dei consumatori soprattutto per quanto riguarda la fruizione dei contenuti di intrattenimento, il gruppo di Vincent Bollorè punta a stringere solide alleanze strategiche con gli operatori telefonici per la distribuzione dei contenuti. Un settore che ha visto l’avanzata, in vesti di concorrenti, di soggetti quali Google, Facebook o Netflix. Quest’ultimo, in particolare, è arrivato dov’è arrivato perché sfrutta “la capacità della distribuzione di aziende come Telecom Italia per raggiunge un pubblico e una volta raggiunto quel pubblico, con una visione mondiale, comincia a investire nei contenuti, diventando nostro concorrente”.

Se, come dicono gli anglosassoni, il “contenuto è re e la distribuzione è regina, il nostro investimento in Telecom va inquadrato  nel contesto di questa strategia nella quale crediamo”.

Dal punto di vista dell’industria culturale e dei media, inoltre, secondo de Puyfontaine, ci sono buone opportunità di collaborazione tra la Francia e l’Italia, tra Vivendi e Telecom Italia: “Noi di Vivendi – ha detto – ci sentiamo molto vicini all’Italia; il nostro presidente e azionista numero uno, Vincent Bollorè, ha una storia molto lunga di investimenti in aziende italiane.”

Rispondendo alle domande dei senatori, quindi, de Puyfontaine ha ricordato come l’Italia, negli anni ’90, fosse un paese molto avanzato rispetto a molti altri sia in termini di uso delle tecnologie e di modo di vivere rispetto alle innovazioni, che di infrastrutture.

Telecom, e quindi l’Italia, hanno in qualche modo perso lo slancio del passato, ma guardando al futuro, se fossi un azionista o un consumatore italiano “sarei felice di vedere, finalmente, un azionista come Vivendi che si impegna a fornire a Telecom Italia la volontà di sviluppare una strategia che potrà essere quella buona per lo sviluppo delle infrastrutture, degli investimenti e, infine, dei servizi ai cittadini. Cosa che oggi non succede perché non c’è cavo, non c’è abbastanza capacità di banda larga e c’è uno scollamento tra le varie parti del paese”.

Per quanto riguarda la strategia, “Pensiamo che Telecom abbia bisogno di investire, di sviluppare l’infrastruttura che potrà permettere all’Italia di sviluppare il proprio mercato di telecomunicazioni”.

Il problema debito esiste, ha aggiunto de Puyfontaine, ma è pur vero che l’azienda “ha il potenziale per pensare alla propria strategia, per pensare al futuro aggiungendo molti più servizi ai consumatori e per cominciare a pensare ai propri settori di efficienza. Il livello di debito non è uno svantaggio per quanto riguarda le capacità di investire avendo le giuste strategie”.

“Oggi – ha affermato ancora – la situazione è molto migliore rispetto a qualche anno fa”

La cosa buona di Telecom Italia, insomma, “è che ha un azionista che ha preso un impegno a lungo termine. L’ho detto a tutti gli esponenti di governo che ho incontrato e Bolloré lo ha detto a Renzi all’epoca del loro incontro: noi vogliamo far parte come azionista di Telecom Italia, che resterà la migliore azienda dal punto di vista degli investimenti nelle infrastrutture”

Nel corso dell’audizione, de Puyfontaine ha quindi precisato di non avere strategie comuni con Xavier Niel (che possiede posizioni lunghe in Telecom per un potenziale 10% del capitale) e di non avere progetti futuri che coinvolgano Orange. Interrogato anche su Tim Brasil ha sottolineato di non avere sufficienti informazioni per intervenire su un dossier ancora al vaglio del management.

Quanto alle discussioni in corso su Enel e Metroweb, de Puyfontaine ha affermato che la società è “molto aperta a eventuali collaborazioni” sul versante delle infrastrutture e anche con Mediaset su quello dei contenuti.

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