Ultrabroadband

Seminario Cgil sull’Agenda Digitale. Sale la febbre per il Dl Comunicazioni

di |

Si è tenuto oggi a Roma il seminario organizzato dalla Cgil ‘Agenda Digitale Europea. Stato di attuazione a livello europeo e situazione italiana’. Aziende e sindacato: grande attesa per il Decreto Comunicazioni

Il sindacato non ha alcuna intenzione di iscriversi al partito della conservazione e “chiama” le aziende del settore Ict per “cavalcare l’onda dell’agenda digitale e della banda ultralarga”, un’occasione di ripresa economica e occupazionale. Un’occasione da non perdere per consentire all’Italia, in particolare alle Pmi, di agganciare il treno dell’innovazione, grazie alla spinta – molto attesa – derivante dal via libera al Decreto Comunicazioni prossimo al varo. Il momento insomma è caldo e cresce l’attesa.

Questo in sintesi il messaggio del seminario “Agenda Digitale Europea. Stato di attuazione a livello europeo e situazione italiana” organizzato oggi a Roma dalla Cgil al quale hanno partecipato Fulvio Fammoni, presidente associazione Bruno Trentin; Rosario Strazzullo, Cgil Nazionale; Raymond Hencks, Consigliere CESE Componente Gruppo Agenda Digitale; Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel; Elio Catania, presidente Confindustria Digitale; Cesare Avenia, presidente Asstel; Massimo Angelini, Direttore Public Affairs di Wind; Giovanni Moglia, General Counsel di Fastweb; Nicola Marongiu, Cgil Nazionale, Roberta Turi, Fiom Nazionale; Michele Azzola, Slc Nazionale; Massimiliano Pucciarelli, RSU AGID; Fabrizio Solari, Segreteria nazionale Cgil.

Dl Comunicazioni in arrivo

“Fra pochi giorni si attende l’approvazione del Decreto Comunicazioni – ha detto Fulvio Fammoni, presidente associazione Bruno Trentin – che prevedono l’obbligo di prevedere la fibra per tutte le reti pubbliche. E’ un progetto di cui si parla da anni, ma questa volta sembra che si possa realizzare concretamente. Stiamo aspettando di capire se sarà prevista la mappatura di tutte le dorsali esistenti e come saranno organizzati i voucher per l’adozione dei 100 Mbps, se saranno destinati alle aziende e/o ai cittadini, e i dettagli del credito d’imposta per l’accesso ai fondi europei”.

Tanta carne al fuoco, tenendo sempre presente che il gap digitale del nostro paese è grande. Appena il 5% delle Pmi usa l’eCommerrce – sono 4 milioni in Italia le aziende con meno di 10 dipendenti – e un terzo degli italiani non usa Internet.

Tutti problemi ben noti, ai quali il Governo sta cercando di dare una risposta con la Strategia nazionale per la Banda Ultralarga e con la Strategia per la crescita digitale 2014-2020.

Agenda Digitale, tema di politica industriale

Il sindacato vuole dire la sua e partecipare in modo costruttivo alla partita della banda ultralarga. “Per noi l’Agenda Digitale è un tema di politica industriale – ha detto Rosario Strazzullo, responsabile delle politiche delle reti e le infrastrutture per la Cgil nazionale – E’ per questo che siamo disponibili ad aprire un dialogo con le aziende, anche se in Italia nel settore del digitale le eccellenze sono circoscritte e limitate. Le competenze digitali sono scarse nel nostro paese”.

Detto questo, i due piani varati a marzo dal Governo “rappresentano una strategia del Digitale, che in passato, da Monti in poi, non c’era stata – aggiunge il sindacalista – Questi due piani rappresentano una fase nuova, che congiunge la domanda di servizi all’offerta di tecnologie”.  Il sindacato vede quindi un cambio di marcia da parte di questo Governo, anche se alcuni problemi da risolvere restano. Per passare alla fase esecutiva, bisogna risolvere il nodo della governance e trovare un accordo pubblico-privato, superando la diatriba MetrowebTelecom Italia. Una vicenda, quella di Metroweb, che “Si risolverà con il chiarimento riguardo agli incentivi nel Decreto Comunicazioni. La vicenda Enel – dice Strazzullo – nasce anche da questo problema del mancato accordo fra pubblico e privato sulla strategia per la banda ultralarga”.

Un nodo, quello degli incentivi, che va risolto anche perché al momento “sono vincolati all’80% al Sud – dice – e per questo è necessario un accordo fra le regioni. Vogliamo trovare una sede per discutere con le aziende dello sviluppo digitale e con Infratel sul piano occupazionale e sull’individuazione di nuovi servizi digitali”.

 

Privacy e Big Data

Per quanto riguarda l’Agenda Digitale Europea, “L’obiettivo della Ue è creare un mercato unico del digitale, che potrebbe creare un valore di 415 miliardi di euro alla nostra economia e creare migliaia di posti di lavoro – ha detto Raymond Henkes, consigliere CESE Componente Gruppo Agenda Digitale – Il piano Juncker è ormai fissato in 16 punti chiave, alcuni gli imputano di parlare soltanto di crescita e poco di strumenti per garantire a tutti l’accesso a Internet. Di non guardare alla perdita di posti di lavoro legata all’onda digitale e di occuparsi poco di privacy”.   E sul piano della privacy secondo Henkes la Ue deve fare di più, regolando il tema assai urgente del trattamento dei dati personali e dei Big Data. “Serve un’agenzia europea per il trattamento dei dati personali”, auspica Henkes.

Pmi e eCommerce 

“Il digitale è una trasformazione che impatta su tutto il sistema, su tutte le filiere, è una rivoluzione industriale di grandezza epocale, paragonabile all’avvento del motore a scoppio o del petrolio – dice Cesare Avenia, presidente Asstel – La resistenza al cambiamento da noi è molto forte, in altre aree del globo, a d esempio in Africa, l’adozione del digitale è molto più rapida”. Ma con il Governo Renzi “siamo sulla strada giusta – aggiunge Avenia – tanto più che nonostante la crisi il livello di investimenti della filiera italiana delle Tlc resta il più alto a livello europeo. Gli operatori Tlc se non investono non esistono più”.

A proposito di banda ultralarga, Avenia sottolinea che se nel fisso l’Italia è fanalino di coda e sconta l’assenza della tv via cavo, nel mobile siamo ai primi posti. “Il numero di case sono passate con la fibra è importante, ma non è l’unico valore – dice – Ora con il piano del Governo sono disponibili 6-7 miliardi di contributi pubblici, la neutralità tecnologica sarà un fattore molto importante. Come sarà importante usare questi fondi per incrementare la domanda. La fibra vuota senza servizi non serve”.

Compito del Governo sarà quello di accompagnare la trasformazione digitale (“Non è vero che con il digitale si perdono posti di lavoro”), in particolare quella delle Pmi (“il sito web da solo non serve, bisogna puntare all’eCommerce”).

Net neutrality

Dal punto di vista delle tecnologie, “stiamo andando verso un futuro in cui la permeabilità fra reti fisse e mobili sarà totale – dice Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel – L’industria è già proiettata verso il 5G, la fibra dovrà permeare tutto, perché ci troviamo già nell’era del video, nell’era del Cloud e nell’era dell’Internet of Things”. Nuovi scenari, da raggiungere grazie a politiche lungimiranti: “In questo settore è anacronistico investire a breve termine (2 o 3 anni) – dice Pileri – I 100 Mbps sono importanti, l’FttCab li raggiunge. Portiamo la connettività all’85% della popolazione. Finalmente il Governo ha piani che guardano al futuro per la banda ultralarga”.

Per quanto riguarda la loro attuazione, la logica secondo Pileri è partire dai Cluster C e D. “I fondi pubblici vanno utilizzati facendo delle gare che premino i progetti migliori di copertura – dice – Le aziende concorrono a questi finanziamenti. E’ un metodo che funziona e che quest’anno ha messo in circolo 500 milioni attivi di finanziamenti”. Tutti gli operatori stanno investendo, e il piano del Governo ha impatto anche sui servizi, che però non sono più sviluppati dagli operatori Tlc tradizionali, ma da altri (Google, Amazon, Airbnb, Netflix, Uber) “che occupano gratis gran parte della rete – dice – è per questo che dobbiamo farla finita con il mito della net neutrality, le Tlc che realizzano e gestiscono le reti devono poter discriminare il traffico dati”.

L’Italia in questo momento “paga un gap di competenze digitali che nei prossimi anni sono destinate a crescere, considerata la situazione della scuola e dell’università – dice Roberta Turi, Fiom nazionale – i paesi che hanno retto meglio l’urto sono quelli che hanno investito di più. I metalmeccanici sostengono da sempre il ritorno della rete sotto il controllo pubblico, dal nostro punto di vista i fondi pubblici devono premiare le aziende che investono in ricerca e sviluppo, come fa Italtel, e le aziende che mantengono la manifattura in Italia”.    

Execution

Non c’è dubbio che i piani del Governo Renzi abbiano fatto salire di tono il dibattito sulla banda ultralarga e sul digitale. “L’industria è presente – dice Elio Catania, presidente Confindustria Digitale – adesso manca soltanto una cosa, l’execution. Bisogna parlarne di meno e fare di più”. Insomma, è tempo (finalmente) di passare dalle chiacchiere dei convegni ai fatti. “Basta parlare di decreti attuativi mai arrivati (scavi ed elettromagnetismo su tutti), basta parlare di governance (vicenda Metroweb), sarà il mercato a decidere.  Per quanto riguarda l’AGID, è tempo di individuare i sette otto temi principali, nominare i capi progetto, fissare la roadmap”. Ricorda Catania che l’83% delle Pmi italiane fallite nel 2014 non disponeva di un sito web ma il messaggio di speranza è che il 2015 sia davvero l’anno della svolta.

Incentivi e copertura

Una svolta che sarà certamente legata “alla copertura finanziaria, che per ora rispetto al settennato precedente resta incerta – dice Nicola Marongiu, Cgil Nazionale – ad esempio, le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione andranno riorganizzate non più su base regionale. Costruire una governance delle risorse non sarà semplice, servirà un’azione di coordinamento regionale che è tutta da costruire”.

Tecnologie e voucher

Dal punto di vista della copertura a banda ultralarga, l’Italia al momento conta una percentuale del 25% del territorio servita in Fttc (Fiber to the cabinet) e del 7% in Ftth (Fiber to the home). “L’obiettivo al 2017 è raggiungere una copertura del 75% (50% in Fttc e 25% in Ftth) del paese – dice Giovanni Moglia, General Counsel di Fastweb – Rispetto agli altri paesi da noi scontiamo l’assenza della tv via cavo”. Nel dibattito degli ultimi mesi, “non mi è piaciuto il discorso sulla tecnologia – dice Moglia – E’ un tema di cui il Governo non si deve occupare e che riguarda le aziende. Tanto più che la rete in Fttc è realizzabile in tempi stretti, un paio d’anni, mentre l’Ftth richiede più tempo, magari 10 anni”. Secondo Moglia, il Governo dovrebbe concentrarsi sulla copertura delle aree a fallimento di mercato e sulle misure di stimolo alla domanda. Resta da capire se i voucher saranno destinati in prima battuta alle aziende, “perché sono le aziende che hanno più bisogno dei 100 Mbps, alle famiglie per adesso bastano i 20 Mbps – dice – e per quanto riguarda i contenuti, il Governo potrebbe fare una riforma per obbligare la tv a trasmettere via cavo”.

 

Investimenti

Per la prima volta “il Governo ha fatto un piano e si vuole misurare seriamente con l’Agenda Digitale – dice Massimo Angelini, direttore Public Affairs di Wind – I contributi pubblici ci sono e sono ingenti e non si configureranno come aiuti di stato, se usati con il veicolo giusto. Wind ha siglato una lettera d’intenti con Vodafone, F2I e Fsi per entrare in Metroweb, un soggetto aperto a tutti gli operatori, non solo Tlc, e quindi anche all’Enel. Vediamo se questo potrà essere l’hub con cui costruire le autostrade del futuro. Noi siamo per una soluzione di sistema, perché serve una grande autostrada digitale, facci fatica a pensare che ve ne possa essere un’altra accanto. Il problema resta l’execution, ma credo anche che la nostra esperienza nel mobile sarà molto utile. La nostra industry paga a caro prezzo la guerra dei prezzi: Quello che un utente comprava nel 2010 con 100 euro nel 2014 lo poteva ottenere con 51 euro. Questo meccanismo non regge più in vista degli investimenti necessari per le nuove reti, per le quali la condivisione diventa una grande occasione da non perdere”.

La fibra da sola non serve

Il digitale è davvero una rivoluzione a 360°, ma “la fibra da sola non è altro che un groviglio di cavi – dice Michele Azzola, Slc Nazionale – è per questo che bisogna dare una risposta di sistema, parlare di come si realizzerà la banda larga non basta, bisogna dire che si tratta di una rivoluzione del nostro stile di vita. Ad esempio, nell’Agenda digitale non si parla di logistica, quando al contrario l’eCommerce senza la logistica e la consegna in real time non risponde alle esigenze della gente”. Per quanto riguarda il Decreto Comunicazioni, la speranza di Azzola è che il Governo nella diatriba fra Ftth e Fttc si attenga ad una posizione basata sulla neutralità tecnologica “non si esprima sulla tecnologia – ha detto – tanto più che lo sviluppo tecnologico è rapidisssimo e si parla già di Fttc a 500 Mbps”. Per quanto riguarda la Net neutrality, il sindacalista spezza una lancia per gli OTT: “Stanno già pagando gli investimenti perché con i loro servizi determinano l’accesso a Internet nelle fasce giovanili. Se oggi i ragazzi si abbonano a Internet è grazie a Facebook”.  Per quanto riguarda il lavoro, “le aziende devono fare più attenzione alla filiera degli appalti non governata – chiude – anche perché la politica degli appalti al massimo ribasso non paga e le competenze si sfilacciano”.

 

AGID

L’Agenzia per l’Italia Digitale “soffre ad ogni cambio di governo e bisogna guardare al futuro con ottimismo ma senza dimenticare gli errori del passato che hanno portato allo smantellamento dell’Autorità Informatica per la PA e le strutture successive – dice Massimiliano Pucciarelli, RSU AGID –  Alla luce dei nuovi scenari che si delineano anche a livello europeo un riposizionamento di AGID oggi appare quantomeno necessario per rispondere alle richieste che abbiamo ascoltato anche in questa sede e con l’obiettivo di uno strumento efficace per sviluppo dell’economia digitale e per la reale “trasformazione digitale” della PA.

“Dalla lettura del Piano crescita digitale (che purtroppo non mette al centro il cittadino e le aziende) si individuano diversi compiti per AGID  ma su piani di intervento molto differenziati – aggiunge – Individuare in Agid il responsabile unico per il Program Management degli interventi previsti dai Piani del Governo (affidando la fase di esecuzione ai diversi attori coinvolti anche sul territorio) e per il Change Management per la PA (perché oggettivamente non può esistere trasformazione digitale senza gestione del cambiamento) sono compiti da attribuire nella riformulazione della norma istitutiva di AGID – prosegue Pucciarelli Sarebbe auspicabile l’eliminazione della frammentazione (tecnica ma anche normativa) sui temi dell’economia digitale tra i diversi Ministeri. Dal rafforzamento Agid anche su questo versante ne trarrebbe un enorme beneficio il sistema paese con una collocazione alle dirette dipendenze della PCM, con un referente politico con delega forte sui temi dell’innovazione e dell’economia digitale e con gli strumenti messi a disposizione da un CCNL più adeguato di quello dei Ministeri, attribuito ad Agid dalla norma istitutiva del 2012”.

“Nell’ambito di una evidente semplificazione della Governance è necessaria una chiara attribuzione ad AGID di compiti e poteri (di vigilanza, sanzionatori e normativi) assegnando eventualmente ad altri soggetti quelle attività prettamente operative (come il CERT-PA) chiude Agid deve diventare una casa trasparente, un luogo dove fissare nuovi standard e norme tecniche per questo ampio settore con il concorso di tutti gli stakeholder. Il mercato unico digitale e la direttiva Eidas rappresentano una sfida ed una grande opportunità che il paese non può rischiare di perdere”.

L’innovazione va governata

Tira le somme del seminario Fabrizio Solari, Segreteria Nazionale Cgil: “La banda larga è un pretesto per parlare del nostro futuro – dice – Siamo preoccupati per quel 50% di aziende italiane che si trovano in bilico, in un’area grigia, e che hanno bisogno di essere guidate anche con l’intervento pubblico. E’ chiaro che in tema di digitale e banda larga ci sia stato un salto di qualità del Governo, con risorse pubbliche importanti fra 6-7 miliardi. Vediamo di non sprecarli. Certo, non si capisce come la riforma della PA del ministro Madia non parta dal digitale. Ma detto questo, il sindacato non si iscrive al partito della conservazione, ma l’innovazione va governata”.