la battaglia

Se lo smartphone non basta più: la sfida si sposta sull’Intelligenza artificiale

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L’intelligenza artificiale nei dispositivi mobili sarà il prossimo campo di battaglia dei big dell’hi-tech, con Apple pronta ad assumere un'ottantina di persone per recuperare il gap accumulato nei confronti dei competitor.

Nonostante l’ottimismo mostrato da Tim Cook in occasione, ieri, della presentazione dei nuovi iPhone (“hanno ancora un enorme potenziale di crescita”, ha detto), Apple sa benissimo che non potrà contare a lungo solo sugli smartphone. Tanto più che i nuovi iPhone 6S e 6S Plus non presentano grandissime novità rispetto ai predecessori (che hanno registrato vendite record) se si esclude una migliore fotocamera e processori più veloci.
Ecco dunque che la società di Cupertino starebbe per assumere un’ottantina di specialisti in Intelligenza Artificiale, con l’obiettivo di migliorare i servizi offerti ai consumatori grazie al cosiddetto ‘machine learning’, ossia la capacità delle macchine di prendere decisioni intelligenti basate sull’analisi dei dati.

Con il lancio di Siri, nel 2011, Apple è stata pioniera nel campo dell’apprendimento automatico, ma ha poi perso un po’ di terreno rispetto ai rivali Google e Microsoft. Quest’ultima, ad esempio, con Windows 10 ha lanciato Cortana, un’assistente personale per i Windows Phone che può aiutare a chiamare e inviare SMS, impostare sveglie e prendere appunti, trovare articoli, post e aggiornamenti sul web inerenti agli interessi personali degli utenti, offrire indicazioni o informazioni sul traffico così da sapere se bisogna uscire in anticipo per arrivare puntuale al prossimo appuntamento.

Google, dal canto suo offre già sugli smartphone Android il suo Google Now, un servizio che fornisce raccomandazioni sulla base dei dati degli utenti, come ad esempio i testi delle email ricevute e all’evento I/O di quest’anno ha annunciato la nuova versione ‘Now On Tap’ che utilizza i dati di contesto per rendere lo smartphone ancora più prodigo di consigli. Se ad esempio si riceve un sms da un amico per incontrarsi in un dato ristorante, l’app mette direttamente l’incontro in agenda, lo ricorda al momento opportuno, fornisce le indicazioni stradali e anche il menu del ristorante, mostra l’area parcheggio più vicina e indica anche se c’è qualche negozio che può interessare, sulla base delle ricerche effettuate sul motore di ricerca.

Attraverso la sua società sussidiaria DeepMind Technologies, Google ha inoltre realizzato una tecnologia di intelligenza artificiale in grado di imparare a giocare ai videogiochi e migliorarsi nel tempo. Il programma, costruito per operare e imparare nello stesso modo del cervello umano, è stato capace di apprendere le regole di 49 giochi per Atari 2600 (come Pacman e Space Invaders) e vincere in tutti senza essere stato programmato. Nella maggior parte di essi, inoltre, è stato in grado di imparare a giocare meglio di qualsiasi essere umano che si sia cimentato con essi.

Per recuperare il gap, Apple ha avviato già da qualche anno una forte campagna acquisti, comprando start up come Topsy – specializzata nell’analisi dei dati dei social network – o Cue, un’applicazione progettata per aggregare informazioni da rubrica, mail e calendari in un’unica schermata con tutti i compiti da svolgere in una determinata giornata.

E la privacy?
Apple finora ha fatto della tutela dei dati personali un suo tratto distintivo ed ha sempre usato con maggiore cautela dei competitor i cosiddetti Big Data: i dati di Siri (ossia le registrazioni vocali delle richieste degli utenti) confluiscono nelle piattaforme cloud dove vengono confrontati con milioni di altri comandi inseriti dagli utenti così da migliorare la capacità del sistema di riconoscere le esigenze degli utenti e rendere più efficace il servizio. Apple conserva questi dati per due anni, ma dissociandoli dall’identità degli utenti e assegnando loro un indicatore unico anonimo, così da tutelare la privacy.
Ad aprile, quindi, Apple ha stretto un accordo con IBM per lo sviluppo di app mediche e a giugno, Craig Federighi, responsabile sviluppo dei sistemi operativi Apple, ha ribadito che l’esperienza degli utenti “sarà migliorata senza compromettere la privacy”.

Forse un po’ in ritardo, insomma, rispetto ai concorrenti, ma pare proprio che Apple voglia ora posizionarsi con forza anche in questo crescente mercato e sarà proprio la consumerizzazione dell’intelligenza artificiale nei dispositivi mobili, possiamo scommetterci, il prossimo campo di battaglia dei big dei big dell’hi-tech.