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Pirateria online, gli intermediari devono cooperare. Intervista a Federico Bagnoli Rossi (FAPAV)

a cura di Luigi Garofalo |

Federico Bagnoli Rossi (FAPAV) commenta la recente sentenza della Corte Suprema canadese nella quale è stata ordinata a Google la rimozione dai risultati di ricerca non solo di singole pagine specifiche, ma di interi siti pirata e su scala globale. L’ingiunzione arriva dopo la maximulta dell’Ue al motore di ricerca e durante il dibattito in Francia sul diritto all’oblio.

È un’estate tormentata per Google. Il 27 giugno ha ricevuto dalla Commissione europea la multa record di 2,42 miliardi di euro per il vantaggio competitivo illegale offerto al suo servizio di comparazione degli acquisti ‘Google Shopping’ ai danni dei concorrenti, penalizzati nell’indicizzazione. Il giorno dopo è arrivata l’ingiunzione dalla Corte Suprema del Canada che si è pronunciata sul caso “Google Vs. Equustek”: ‘il motore di ricerca deve rimuovere dai risultati tutti i domini con contenuti pirata, non sono sufficienti solo singole pagine specifiche. E gli effetti della sentenza valgono in tutto il mondo perché internet è senza confini’. È una decisione rivoluzionaria’ per il copyright perché impone ai motori di ricerca di chiudere la porta principale utilizzata dagli utenti per accedere ai contenuti illegali online. E di farlo non solo in Canada, ma nel mondo. Abbiamo chiesto a Federico Bagnoli Rossi, Segretario Generale FAPAV, di commentare la sentenza.

https://scc-csc.lexum.com/scc-csc/scc-csc/en/item/16701/index.do

Key4biz. Cosa sancisce la sentenza?

Federico Bagnoli Rossi. La sentenza della Corte Suprema canadese relativa al caso ha sancito la legittimità della richiesta di rimozione di tutti i domini, singole pagine e siti web raggiungibili dal popolare motore di ricerca collegati al sito in questione in quanto essi ponevano in commercio prodotti contraffatti della ricorrente. L’ingiunzione è stata concessa dalla Corte su scala globale, mentre Google aveva inizialmente rimosso i contenuti illeciti raggiungibili dal motore di ricerca basato in Canada.

Key4biz.  La decisione vale sono in Canada o in tutto il mondo, Italia compresa?

Federico Bagnoli Rossi. La sentenza è stata emessa da una corte canadese, in quanto riguarda una causa avviata da un’azienda produttrice avente sede in quella nazione. Come si evince dalla sentenza, però, la richiesta di rimozione dei link e siti non è limitata al solo territorio canadese, questo perché la natura stessa di internet e del web è globale. In tal senso la sentenza riporta nuovamente alla luce, a mio avviso, le difficoltà che possono verificarsi nel tutelare a livello globale i propri beni, nel nostro caso i contenuti audiovisivi, proprio a causa della vastità del web e il suo essere “senza confini”. Possiamo infatti dire che da qualche anno a questa parte, la pirateria ha assunto sempre più una natura transfrontaliera. Nelle nostre attività quotidiane a fianco delle Forze dell’Ordine ci imbattiamo in siti pirata popolari in Italia, ma gestiti a volte da cittadini residenti in altri Paesi che dispongono di server a loro volta localizzati in altri Stati.

Key4biz. In generale la de-indicizzazione da Google avviene per una sola pagina con contenuti illegali?

Federico Bagnoli Rossi. Per quanto riguarda l’esperienza di FAPAV relativa al de-listing di opere dei nostri Associati presenti sul web, la Federazione si occupa di segnalare al motore di ricerca le singole pagine che mettono a disposizione illecitamente i contenuti protetti. Pertanto le nostre richieste di rimozione delle pagine dai risultati di ricerca di Google non interessano genericamente un determinato sito web, ma specificamente l’URL illecito individuato.

Key4biz. Questa sentenza è rivoluzionaria perché sancisce la deindicizzazione di tutti i siti che emergono dalla ricerca effettuata tramite la sopra citata search engine e non solo di determinate pagine bene identificate?

Federico Bagnoli Rossi. Ritengo che l’aspetto più interessante di questa sentenza sia costituito dall’ordine di rimuovere i contenuti su scala globale. È ancora presto, però, per capire quali saranno le ripercussioni anche pratiche di tale sentenza e se il medesimo approccio verrà confermato anche in altre sedi giudiziarie.

 

Key4biz. Cos’altro vuole aggiungere?

Federico Bagnoli Rossi. Il tema della responsabilizzazione degli intermediari è oramai una questione cruciale e determinante per la difesa dei contenuti culturali sul web e una loro maggiore cooperazione nelle attività di tutela è divenuta imprescindibile. Secondo i dati della nostra recente ricerca sul fenomeno, condotta da Ipsos, il 56% degli utenti “pirata” ha raggiunto i siti illeciti tramite motore di ricerca. Il 31% dei pirati che si è imbattuto in un sito oscurato si è invece rivolto, almeno una volta, ad alternative legali. È evidente quindi l’assoluta necessità di applicare nei confronti dei contraffattori online i blocchi congiunti IP/DNS, per quanto riguarda l’oscuramento dei loro siti web e, per quello che concerne le notifiche agli intermediari, essi devono passare dalla pratica di c.d. “Notice and take down”, all’assunzione di un obbligo di “Notice and stay down”, affinché i contenuti rimossi non vengano nuovamente caricati sulle piattaforme su cui erano disponibili in precedenza.

In attesa di vedere come applicherà nel mondo l’ingiunzione della Corte Suprema canadese Google tiene banco, in quest’estate 2017, anche in Francia. Per due motivi. È in corso un braccio di ferro tra Big G e il garante per la privacy, secondo il quale il diritto all’oblio non può essere tutelato solo nell’Unione Europea, ma in tutto in mondo “perché internet è senza confini”. Dunque per la stessa ragione dei contenuti protetti dal diritto d’autore.

Sul caso deciderà il Consiglio di Stato d’Oltralpe, mentre, giovedì scorso 13 luglio, un tribunale amministrativo di Parigi ha dato ragione a Google e ha annullato il pagamento, reclamato dal fisco francese, pari a 1,115 miliardi di euro relativo al periodo 2005-2010, “perché”, secondo i giudici, “la società non ha un insediamento stabile in Francia”. Il Governo non ci sta e ha promesso di fare appello. L’estate tormentata per Google non è finita…

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