Lo studio

Pirateria audiovisiva. Indagine FAPAV/Ipsos, in Italia danni economici per 1,2 miliardi nel 2016

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Aumenta la pirateria digitale nel nostro Paese: 20 milioni di persone hanno visto almeno un contenuto pirata nel 2016; persi 6.500 posti di lavoro; 686 milioni di euro è la stima del fatturato perso dall’industria audiovisiva; 427 milioni di euro il danno stimato sul PIL italiano; 198 milioni di euro la stima dei mancati introiti fiscali

Cresce l’offerta legale e la consapevolezza che guardare illegalmente film e serie tv è un reato, ma la pirateria digitale continua a mostrare numeri elevati, a diffondersi e a creare danni economici sempre più gravi. Oggi a Roma, alla Casa del Cinema, sono stati presentati i nuovi dati della Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali (FAPAV) contenuti nell’indagine condotta con Ipsos: “Industria, consumi culturali, e comportamenti illeciti. Presentazione della nuova indagine sulla pirateria audiovisiva in Italia”.

Nonostante qualche miglioramento a sei anni di distanza dall’ultima rilevazione, l’anno passato il 39%degli intervistati (circa 20 milioni di persone) ha consumato illegalmente contenti audiovisivi come film, serie tv e programmi televisivi e di intrattenimento, per 669 milioni di atti pirateria compiuti.

La fascia di età del campione rappresentativo va dai 15 anni in su, ma stavolta si è voluto focalizzare l’attenzione anche sui più giovani (10 – 14 anni), anch’essi consumatori di contenuti illegalmente riversati in rete. Complessivamente sono stati persi 6.500 posti di lavoro; 686 milioni di euro è la stima del fatturato perso dall’industria audiovisiva; 427 milioni di euro il danno stimato sul PIL italiano; 198 milioni di euro la stima dei mancati introiti fiscali.

Il primo dato allarmante è che il 39% degli italiani ha visto almeno una volta un contenuto piratato nel 2016. Si calcola che durante l’anno passato sono stati compiuti 670 milioni di atti di pirateria, tra film, serie tv e programmi televisivi, tra cui gli eventi sportivi.

Ciò che è chiaro, rispetto agli anni passati, è che la pirateria 2.0 ha cambiato pelle, diventando più sofisticata, più radicata e soprattutto un fenomeno riconducibile non solo ad un determinato ambiente sociale oppure a difficoltà di carattere economico.

I dati presentati oggi – ha dichiarato Bagnoli Rossi, Segretario Generale FAPAV – evidenziano come a fronte della naturale evoluzione del mercato audiovisivo, con una sempre più ampia e diversificata offerta legale di contenuti, frutto di un investimento rilevante dell’industria verso le nuove tecnologie, si sia evoluta anche la pirateria e il livello culturale e di competenza tecnologica di chi compie atti illeciti. L’indagine ci dice che non possiamo abbassare la guardia, che dobbiamo lavorare sempre di più e con maggiore determinazione sul fronte della comunicazione e della sensibilizzazione, soprattutto nei confronti dei nativi digitali”.

Occorre puntare principalmente su due livelli – ha precisato Rossi – da un lato la consapevolezza sulla percezione del reato e dall’altro, in una prospettiva di crescita del mercato, una maggiore responsabilizzazione degli intermediari del web. L’impianto normativo oggi esistente in Italia è ancora valido, va solo applicato e implementato con forza da tutti quanti: Autorità, Forze dell’Ordine, Magistratura e Operatori”.

E formazione e prevenzione sono le parole d’ordine invocate dal Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, in un video messaggio per i saluti istituzionali: “Lo studio è un importante contributo per comprendere l’impatto negativo della pirateria e le sue pesanti ricadute sul fatturato delle imprese e i posti di lavoro. La repressione da sola non basta, occorre formazione e prevenzione, soprattutto nei confronti dei più giovani, per fargli comprendere che tale comportamento è deleterio, da un punto di vista culturale ed economico. C’è comunque un cambiamento culturale in atto, attraverso le piattaforme legali, che può dare il via ad una transizione virtuosa verso la legalità. È un tema di ampio respiro e tutti, ognuno nel proprio settore di competenza, devono impegnarsi nella lotta alla pirateria”.

La commissione lavora da 3 anni sul tema della contraffazione e la pirateria digitale, producendo 6 relazioni tra cui l’ecommerce e la pirateria”, ha spiegato Mario Catania, Presidente della Commissione d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria commerciale della Camera dei Deputati, aggiungendo: “La ricerca conferma che contraffazione e pirateria sono in crescita nel lungo periodo, tutti i settori merceologici sono coinvolti. Siamo passati dai prodotti materiali, tra cui VHS e Dvd, a quelli immateriali, digitali, offerti in rete. Che fare? L’azione penale non è sufficiente, perché la risposta non è vigorosa a causa di un’opinione pubblica che non considera la pirateria come fenomeno grave e di una politica che non agisce in termini di repressione seria”.

Per la pirateria audiovisiva – ha rilanciato Catania – sarebbe utile avere un sistema sanzionatorio non penale finalizzato a contrastare il fenomeno, magari tramite un sistema di illeciti amministrativi. Ma serve tale impostazione? L’esperienza ci dice di no, perché la sanzione amministrativa in Italia è spesso inefficace. Il lavoro da fare va in tre direzioni: lavorare sull’opinione pubblica e i consumatori per far crescere consapevolezza più alta del fenomeno, sviluppare un’azione penale che colpisca gli organizzatori del fenomeno e essere capaci come sistema Paese di mettere costruire un quadro di illeciti e sanzioni amministrative efficace, moderno, agile e capace di incidere sull’economia del sistema”.

E sempre su educazione e formazione, il Direttore generale Cinema del Ministero dei Beni e le Attività Culturali, Nicola Borrelli, ha affermato che “c’è una nuova legge che prevede un intervento organico nel mondo scolastico con un fondo di 12 milioni di euro”.

La scarsa comprensione del danno della pirateria all’intera industria audiovisiva, culturale e creativa, va gestita da una parte con una sanzione amministrativa potenziata, dall’altra promuovendo offerta legale. Ogni giorno ci sono 15 milioni di atti di pirateria, tocca all’industria aumentare l’offerta legale in rete a prezzi contenuti. Serve un nuovo sistema di norme a livello europeo che tuteli e sostenga l’industria culturale e creativa”.

FAPAV ha voluto esaminare in profondità le evoluzioni della pirateria audiovisiva in Italia, commissionando alla società Ipsos, una ricerca dedicata che, per la prima volta, ha preso come campione rappresentativo anche una fascia di età molto bassa, ovvero 10-14 anni, per poi analizzare il segmento di popolazione più adulta che va dai 15 anni in su.

Abbiamo siglato un accordo triennale con Ipsos per studiare il fenomeno sul lungo periodo, raccogliendo dati ed informazioni utili anche per gli associati FAPAV– ha annunciato il Segretario Generale di FAPAV – ma allo stesso tempo era necessario ampliare l’indagine, aprendo un focus sulla serialità televisiva e uno sugli under 15, chi tra i 10 ed i 14 anni accede alla rete e ai suoi contenuti, legali ed illegali, cercando di capire cosa ne pensavano, introducendo i dati sull’impatto della pirateria sui posti di lavoro e l’economia”.

Catena distributiva illecita organizzata, server transfrontalieri, conti off-shore, anche così la strategia e i profitti dei pirati si stanno evolvendo.

I pilastri dell’attività di tutela sono: l’autorità giudiziaria e quella amministrativa, gli accordi di autoregolamentazione, le attività di comunicazione ed educational”, ha aggiunto Bagnoli Rossi.  “Il ruolo di FAPAV è quello di cooperare con le Forze dell’Ordine fornendo supporto tecnico nelle operazioni e collaborare con le autorità amministrative. Siamo il primo soggetto per numero di istanze all’Agcom, abbiamo ottenuto in 3 anni il blocco di 94 siti illeciti; promuovendo accordi di autoregolamentazione con le piattaforme”.

“I giovani di oggi sono il futuro dell’audiovisivo”, ha poi dichiarato Christopher Dodd, Presidente MPAA, “è importante formarli e instradarli nel consumo legale. I contenuti guidano l’industria culturale, creano posti di lavoro e veicolano investimenti. La tecnologia ha ampliato l’offerta e reso più facile consumare in ogni luogo e momento tali prodotti, ma allo stesso tempo ha dato modo ai pirati di organizzare il proprio business illegale. In tutto il mondo il fenomeno della pirateria cresce, ma aumentano anche le piattaforme di offerta legale. Film, musica, giochi, tutto è a portata di mano dei consumatori per promuovere una fruizione giusta e legale. La pirateria è composta da organizzazioni criminali, pronte a rubare dati sensibili e fare profitti illeciti in ogni modo. Un’azione che danneggia l’intero mercato dell’audiovisivo, in cui solo in Europa lavorano milioni di professionisti. Promuovere cultura della legalità significa tutelare questo mercato, questa economica, questo patrimonio collettivo”.

Entrando nel vivo dell’indagine e nella presentazione dei nuovi dati sulla pirateria audiovisiva in Italia, Nando Pagnoncelli, Presidente di Ipsos Italia, specifica quali siano tre le tre principali tipologie di pirateria: pirateria fisica, ovvero l’acquisto di DVD/Blu-ray contraffatti; pirateria digitale, ovvero download (anche attraverso software per la condivisione peer-to-peer), streaming o ricezione di copie digitali non originali; pirateria indiretta, ovvero ricezione di DVD/Blu-ray contraffatti o visione di copie non originali altrui.

Tra i contenuti più piratati ci sono certamente i film. Secondo l’indagine, il 33% della popolazione adulta ne ha visto almeno uno illegalmente l’anno scorso (370 milioni di atti di pirateria). Nel suo complesso, nonostante la vastità del fenomeno, la pirateria cinematografica di film è in leggero calo sul 2010 del 4%. Di contro sono aumentati nettamente gli atti di pirateria ai danni di serie tv e programmi tv, passati rispettivamente dal 13% e l’11% del 2010 agli attuali 22% e 19%.

Il problema più grande è dato proprio dalla pirateria digitale. Se quella fisica e indiretta sono in netta diminuzione, rispettivamente dell’81% e del 50%, si registra una continua crescita di atti di pirateria digitale del 78%.

Per oltre l’80% dei pirati, in media, la qualità delle copie piratate è soddisfacente e il download appare la tipologia di pirateria che fornisce le copie di miglior qualità: l’89% è soddisfatto della qualità dei film scaricati; il 91% lo è delle serie. Mediamente la qualità delle copie piratate di serie TV è ritenuta più soddisfacente rispetto a quella dei film, soprattutto quelle che circolano in formato digitale: i soddisfatti sono il 92% dei pirati. Per scaricare le serie TV, il ricorso a siti BitTorrent è diffuso tanto quanto il download da Cyberlocker (57%) mentre i software P2P (peer-to-peer) sono fonte per serie TV solo per il 28% dei pirati. Per i film appare maggiormente diffuso il download da internet (Cyberlocker 59%), senza ricorso a BitTorrent o P2P (54% e 24%, rispettivamente)”.

La vera novità emersa dallo studio, ha spiegato Pagnoncelli, è che chi compie atti illeciti oggi ha un profilo ben delineato: uomo (nel 55% dei casi), lavoratore (54%), in posizioni dirigenziali o autonome, con un titolo di studio mediamente elevato. In questo modo cade definitivamente l’idea che chi consuma prodotti illegali sia disagiato economicamente e con basso livello di istruzione.

Altra importante novità, è che rispetto a 6 anni fa, “i pirati di film appaiono più inclini ad adottare alternative legali “a pagamento”. Tra le alternative sono infatti più presenti che in passato il cinema, l’acquisto di DVD/Blu-ray e le alternative “digitali/online” (+7% vs. un calo del noleggio di 5%) ed il 92% dei pirati (era il 90% nel 2010) in media si dichiara disposto ad usufruire di alternative legali alla pirateria con elevata probabilità. La maggiore propensione verso alternative legali a pagamento genera un incremento nella stima del danno causato dalla pirateria di film in termini di fruizioni perse (107 milioni: +3% in 6 anni) che si traduce in un maggior impatto finanziario (€518 milioni: +4%)”.

 

Considerando la pirateria di serie TV, si stimano 21 milioni (circa) di fruizioni perse, con un impatto sul comparto di circa €181 milioni.

Nel complesso, l’impatto combinato della pirateria di film e serie si stima in circa 128 milioni di fruizioni perse nel 2016, pari ad un danno finanziario per l’industria audiovisiva di circa 686 milioni di euro ogni anno.

Le ripercussioni per l’economia italiana nel complesso sono di diversa natura: si stimano 1,2 miliardi di euro di perdita in termini di fatturato delle aziende (non soltanto per l’industria audiovisiva), che implicano una perdita di PIL di circa 427 milioni di euro e 6.540 posti di lavoro persi.

Pirateria audiovisiva “Under 15”

Come detto, questa indagine ha dedicato un capitolo hai giovanissimi tra i 10 ed i 14 anni, registrando le tipologie di consumi: “1 ragazzo su 2 tra i 10 e i 14 anni dichiara di aver visto illegalmente negli ultimi 12 mesi almeno un film, una serie o un programma televisivo. Mediamente inferiore, invece, il numero di atti di pirateria compiuti da ogni pirata: 14 da parte dei più giovani, rispetto ai 30 degli adulti. Nel complesso si stimano circa 38 milioni di atti all’anno compiuti da giovani pirati”.

La pirateria di film coinvolge il 46% della popolazione tra i 10 e i 14 anni (vs. 28% programmi TV e 25% serie) e anche in termini di atti il film è il contenuto più piratato dagli adolescenti.

A seguire si è svolta la Tavola rotonda “L’industria audiovisiva di fronte alle nuove forme di pirateria online”, moderata da Giuseppe De Filippi, Vide direttore del TG5.

Proteggere i contenuti tutelati da copyright è un lavoro che va ben oltre la sala cinematografica, ha precisato Giampaolo Letta, VP e AD Medusa, fino ai successivi livelli di sfruttamento del prodotto, aggiungendo che: “La tecnologia si sta dimostrando troppo rapida rispetto all’azione normativa. Le stesse campagne di sensibilizzazione hanno ottenuto rilevanti successi, ma senza incidere davvero in profondità. Per un contrasto più efficace non si dovrebbe scartare a priori l’azione repressiva rivolta anche al consumatore finale”.

E a proposito di facilitatori tecnologici, il regista e sceneggiatore Paolo Genovese ha dichiarato: “Guardare film in rete è troppo facile. La tecnologia consente a chiunque, da qualsiasi device e luogo di fruire di un contenuto pirata. L’azione repressiva è inevitabile, anche nei confronti dei consumatori finali di tali contenuti pirata, ma l’aspetto culturale deve essere predominante. Culturale è l’approccio a tale offerta criminale e culturale è il danno che essa reca all’industria audiovisiva e creativa nel suo complesso. Si deve far capire che guardare film pirata è un reato grave e che consumare tali contenuti illegali spesso di scarsa qualità è anche questo un danno nella percezione del cinema da parte soprattutto dei più giovani”.

Altro dato rilevante per il nostro paese è che “l’home entertainment è un mercato vivo”, ha annunciato Alessandro Caccamo, Consigliere Univideo e AD 20 Century Fox HE.” In Italia ha registrato una crescita del 4%, con la componente fisica a 300 milioni di valore e quella digitale a 81 milioni di euro. Un segnale in controtendenza rispetto ai dati internazionali. Fondamentale in tale fase di ripresa del settore è lo strumento delle promozioni. Queste vanno aumentate, perché in tal modo si facilita l’ingresso del consumatore sulle piattaforme online legali. Il 40% dei pirati consumatori vorrebbe vedere un film che esce in sala subito in rete, dal proprio pc o smart tv. Una domanda di cultura che va presa in considerazione, anche in chiave anti pirateria. Questo ci impone di rivedere il sistema delle finestre”.

E sulle finestre torna anche Massimiliano Orfei, Chief financial and legal affairs officer di Vision Distribution: “La sala è e deve rimanere centrale nell’esperienza cinematografica, quindi la riduzione delle windows non è un’opzione al momento. La sfida alla pirateria è asimmetrica e come tale necessita dell’impiego di nuovi strumenti repressivi e strategie più efficaci. Il nostro obiettivo è riportare in sala i giovani, perché sono il futuro dell’audiovisivo in tutte le sue declinazioni”.

La sottrazione di risorse verificata da questa e altre indagini è ingente – ha ricordato Stefano Selli, VP Confindustria Radio TV e Direttore Relazioni istituzionali Italia Mediaset –  le nuove tecnologie relative all’IPTV facilitano enormemente il consumo illegale di contenuti. la battaglia culturale è fondamentale da portare avanti per promuovere un uso legale dei nuovi strumenti e delle piattaforme in ret”e.

In conclusione della tavola rotonda e della mattinata di presentazione della nuova indagine sulla pirateria audiovisiva nel nostro Paese, il segretario generale FAPAV, Federico Bagnoli Rossi, ha ricordato che “sono tre i pilastri di una nuova possibile azione preventiva e repressiva del fenomeno della pirateria audiovisiva nel nostro Paese e in prospettiva nell’Unione europea: enforcement, autoregolamentazione e comunicazione”. “L’impianto normativo esistente va bene, funziona ma va ampliato e tenuto al passo dell’innovazione tecnologica. In chiave Digital single market si deve procedere con più determinazione nell’inquadramento degli intermediari di rete, che vanno responsabilizzati per quanto riguarda l’offerta illecita di contenuti piratati. La comunicazione, infine, è e rimarrà l’aspetto centrale delle nostre azioni, con l’obiettivo di sviluppare una nuova forma di coinvolgimento dello spettatore/consumatore, che consenta di responsabilizzarlo e che permetta di ottenere risultati migliori soprattutto in termini di percezione della gravità del reato, che a quanto pare è piuttosto bassa sia tra gli adulti, sia tra gli adolescenti”.

La giornata è proseguita con un seminario tecnico-giuridico sul tema: “Problematiche aperte, criticità e prossime sfide per l’enforcement del Diritto d’Autore sul web – Le fake news sul copyright online”.