Tv e rottamazione

#Odiens, per la Tv è tempo di rottamazione

di Stefano Balassone |

Tra poche settimane capiremo se il governo porrà mano alla riforma della Rai, se Mediaset riuscirà a tirarsi fuori dal suo rinsecchito passato e se Cairo riuscirà a rendere non effimero il suo gruppo.

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato in Odiens, Europa l’8 settembre 2014

La stagione televisiva appena iniziata sarà particolare sia per chi tiene d’occhio le strutture del sistema sia per chi ha occhi solo per i programmi.

Tra poche settimane capiremo, sotto il primo aspetto, se davvero il governo porrà mano, come promesso, alla riforma della Rai, ma anche se Mediaset riuscirà a tirarsi fuori dal suo rinsecchito passato e se Cairo, pur non creando tv (compra i programmi “chiavi in mano”, da Santoro, Formigli, Floris, etc) riuscirà, ciononostante, a rendere non effimero il suo gruppo (Berlusconi, altro ri-produttore, c’è riuscito per trenta anni, ma solo perché riuscì a imporre il duopolio. In tempi televisivi e in un quadro politico assai diverso dall’attuale).

Dal lato dei programmi capiremo il destino della informazione televisiva ai tempi della politica “convergente”, ovvero del renzismo che si basa sulla convergenza degli elettori anziché sulla loro divergenza (quanto basta a spiazzare l’idea che, in quanto dotato di lingua sciolta, Matteo non sia altro che il Silvio reincarnato).  Il fatto è che sulla divergenza ci ha campato per venti e passa anni, non il solo Berlusconi, ma la televisione tutta, sfornando kilometrici talk show politici che sciorinavano la più elementare dialettica fra eroe e antieroe, quella che se la imbrocchi o se la realtà te la offre, fa la fortuna di ogni raccontatore. Per non dire degli ultimi quattro anni, in cui autori e conduttori, turato il naso, hanno scoperchiato il cassonetto seriale dell’anti-casta.

Una risorsa televisiva da disperati, ma afflosciata oggi, anche quella, dalla circostanza che la rottamazione ora abita a Palazzo Chigi.

E dunque siamo assai curiosi di vedere cosa verrà fuori dalla macchina dei talk-show: una crisi schiantante (e allora sarebbero dolori specialmente per Cairo, che ha azzardato tutto su quel tavolo) oppure una reinvenzione creativa?

Intanto è arrivato Riccardo Jacona, con Presa Diretta, che però e per fortuna è molto costruita a tavolino, con il reporter sul campo (il campo era quello del business del sesso su scala globale, dalle baby squillo dei Parioli alle città squillo della Thailandia etc) e il ricorso a linguaggi post giornalistici, con ricostruzioni recitate da attori frutto di un casting accorto. Quanto basta a farci pensare che Jacona e i suoi puntino all’aumento della “densità” sia dell’espressione sia del contenuto; a una informazione basata sulle cose piuttosto che sulla chiacchiera attorno alle cose.

Il pubblico sembra starci, giacché il 7,5% di share per la puntata di esordio è, per quanto ricordiamo, uno dei migliori, se non il migliore, dei risultati d’ascolto ottenuti dalla factory Jacona. Contrariamente a quanto si constata di solito per i programmi informativi, stavolta le donne sono state (molto) numerose (con una punta significativa e non casuale dato il tema nella fascia dai 25 ai 35 anni), mentre gli uomini hanno latitato (e si può capire il perché, dato che l’assortimento di interviste “velate, ma denudanti” agli utilizzatori finali creava sicuramente imbarazzo nei maschi di casa).

Il Sud, nell’insieme, ha marcato visita riversandosi sulle fiction di Raiuno (nostrana) e di Canale 5 (d’acquisto). Ne ha di strada da fare la informazione tv per farsi accettare da quelle parti! Cominciando col capire perché sotto il Garigliano viene così snobbata.