La tv politica

Odiens, crisi dei talk del mattino

di Stefano Balassone |

La lunga parentesi chiacchierina della politica italiana iniziò quando a La7 quell’Omnibus che era nato per offrire il rotocalco del risveglio cominciò a dare sempre più spazio all’ospite politico, poi ai giornalisti-opinionisti.

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 28 ottobre 2014

 

La lunga parentesi chiacchierina della politica italiana iniziò quando, sarà stato l’inizio del secolo, a La7 quell’Omnibus che era nato per offrire il rotocalco del risveglio (c’erano tante rubriche, perfino con la Irene Pivetti che ragionava di sentimento, c’era Purgatori che giocava a Sherlock Holmes, c’era l’oroscopo, c’era Vaime, c’era il capitano meteorologo e belloccio, e non ricordiamo cos’altro ancora) cominciò a dare sempre più spazio all’ospite politico, poi a ospiti politici contrapposti, e infine alla irruzione dei giornalisti-opinionisti, altra cosa, come è noto, rispetto ai reporter in zona di guerra.

Gli ascolti premiavano la nascita della “tv politica del mattino” e La7 ne ha goduto a lungo l’esclusiva finché anche altre reti, e in particolare Raitre con Agorà, hanno mangiato la foglia inzeppandosi per anni di chiacchiere praticamente a schema fisso pro e contro Berlusconi, cui è seguita la fiorente stagione dell’anticasta sfociata da ultimo nella rottamazione. Poi arriva Renzi e la attenzione alla chiacchiera politica in tv si è attenuata mentre e perché aumentava l’investimento sul giovane Premier e sul Partito-Nazione, un investimento a medio termine di quelli che non vai a vedere ogni mattina se il capitale è salito o sceso di qualche centesimo.

E così si spiega perché sia Omnibus che Agorà siano in calo di ascolti. Non un crollo, ma un calo, come se agli spettatori fosse passata la febbre di prima, ma senza per questo cadere addormentati.

Agorà, va detto, sembra finora calare più di Omnibus cedendo, rispetto all’anno passato di questi giorni, uno spettatore su cinque contro il dirimpettaio che ne perde solo uno su venti. Tutto perché la rubrica di Raitre (nonostante che continui a parere nostro ad azzeccare i più sapidi “titoli del giorno”) arretra su tutto il fronte dei vari tipi di spettatori, mentre Omnibus conta sulla resistenza e perfino su qualche miglioramento dei maschi di ogni età.

Al Sud non c’è da stare allegri per Agorà, ma anche la situazione di Omnibus appare pesante con una perdita cinque volte superiore alla media nazionale e dovuta per intero all’elettorato, pardon gli spettatori, di “opinione” di quelle zone (dev’essere un periodaccio depressivo per certa borghesia sovvenzionata). Per converso l’audience più popolare, sia maschile che femminile, pare perfino aumentare per la Cairo-Rete mentre subisce tracolli per la Rete Tre.

A trarre un bandolo da questi movimenti sembrerebbe quasi di dover dedurre che il pubblico, pur nel quadro di una crisi del talk politico nel suo insieme, abbia aumentato la capacità di distinguere, punendo di meno una trasmissione come Omnibus che, se di politica si deve parlare, lo fa senza l’aggiunta di alcun orpello e divagazione garbata. Qualcosa del genere si ricavava anche dalle analisi di Massimo Scaglioni nella rubrica di Aldo Grasso sul Corrierone di Domenica, vedendo che DiMartedì, più marcato sul dibattito, erode punti al Ballarò un tempo di Floris.

Se si dimostrerà vero, ma la stagione è ancora lunga, avremo l’ennesima conferma che dalle crisi si esce accentuando le specializzazioni.