La svolta social di Papa Francesco: comunicare, ascoltare, mobilitare

di di Michele Mezza (Autore crossmediale) |

La rete costringe perfino la religione a rivedere la sua strutturale conformazione verticale, legata ad un principio primo unico che procede per rivelazioni selettive.

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Selfie papale

La scelta di Papa Francesco di dar corso ad una nuova rilevante elaborazione sul tema della famiglia, nodo fondativo della dottrina cattolica, attraverso una consultazione delle diocesi in tutto il mondo, annuncia una nuova svolta in tema di cultura del networking.

Siamo oltre l’adozione di linguaggi innovativi, come Twitter.

Stiamo arrivando al cuore del tema: quale potere oggi può disintermediare la rete?

Nel caso specifico, sembra profilarsi un tema ancora più complesso: la rete costringe perfino la religione a rivedere la sua strutturale conformazione verticale, legata ad un principio primo unico che procede per rivelazioni selettive?

Non si tratta di giocare con paroloni, o di civettare con forme di fantafilosofia.

La scelta di Papa Francesco, anticipata per altro da innumerevoli segni che potevano avere un senso solo alla luce di una riflessione radicale sulle forme di condivisione del mistero pietrino, rende l’impatto sociale dei nuovi linguaggi reticolari ormai ineludibile, altro che primarie o consultazione degli iscritti.

Intanto la scelta della consultazione su temi sostanziali della dottrina mostra che Papa Francesco aderisce alla percezione della rete come strumento dell’ascolto e non della parola.

Dico parola in un ambito, quello della religione cattolica, che non a caso la scrive con la P maiuscola.

La parola, l’atto della comunicazione dall’alto è l’essenza della dottrina cattolica, è il modo in cui il creatore si relaziona con il creato.

La Parola è lo strumento dell’evangelizzazione. La parola è la Chiesa.

Introdurre come procedimento di collegamento fra vertice e base l’ascolto muta la natura della comunità religiosa.

La cosa che appare ancora più spiazzante è che questa scelta avviene come motore di una mobilitazione sociale: l’ascolto non è un modo per arretrare, per ridimensionare le proprie ambizioni rispetto al moderno.

E’ il linguaggio che valorizzando l’uomo ridà alla comunità una potenza che sembrava sfuggire.

Non a caso questa scelta matura su un tema che attraversa l’intero spettro sociale, la famiglia. In una fase in cui per varie ragioni, non ultima la crisi economica, proprio i giovani ritrovano nel nucleo famigliare il proprio retroterra, la propria base operativa, profanamente potremmo dire anche il  venture capital dei propri progetti.

La strategia di Papa Francesco riprende, per altro, un filo da molto lontano, un filo che forse era rimasto sospeso.

Penso all’intuizione di 50 anni fa, di Papa Giovanni XXIII di indire il Concilio Vaticano II come scelta per ritrovare, disse all’apertura del concilio il Papa, una “…corrispondenza più perfetta all’autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del mondo moderno…”

La letteratura del mondo moderno oggi è la rete. E l’ascolto ne è la sua grammatica.

In questo contesto appaiono forse più risibili le incertezze e le domande che solitamente circolano nei consegni sulla comunicazione: ma davvero è questo il nuovo alfabeto?

Ma la TV generalista potrà mai essere sostituita?

Quali sono le forme di giornalismo che potranno mai assicurare l’autorevolezza dei professionisti?

Temi che diventano patetiche resistenze corporative quando si osserva che una delle comunità più solenni, come appunto la Chiesa cattolica, cerca proprio nei nuovi linguaggi condivisi la strada per dare forza e attualità al messaggio divino. Una forza che vuole mantenersi libera ed autonoma rispetto anche alle suggestioni delle culture più moderne.

Pensiamo al tema della riprogrammazione della vita, o delle nuove forme adottate per avere figli, o le nuove configurazioni del nucleo famigliare.

Sono temi colossali che si intrecciano direttamente con le forme di relazioni digitali.

Il Papa per riconquistare un protagonismo sovrano sembra adottare le nuove strategie militari americane: per battere un network bisogna essere un network.

Credo che siamo solo all’inizio di una straordinaria storia umana.

E chi si occupa di comunicazione farebbe bene a seguirla, da molto vicino.

Potrebbe persino raccogliere spunti interessanti per la “nuova” Rai.