Le regole

Net neutrality verso l’abrogazione negli Usa

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Previsto il 14 dicembre il voto della Fcc sulla proposta del presidente trumpiano Ajit Pai per la revisione della riforma del Title II voluta da Obama nel 2015.

La Fcc (Federal Communication Commission) americana conferma che voterà a dicembre la proposta del presidente Ajit Pai per riformare, per non dire annacquare, le regole sulla net neutrality negli Usa. In sintesi, il nocciolo della riforma è quello di assegnare agli Isp l’obbligo di trasparenza sulla gestione delle connessioni, mentre la protezione e la tutela dei consumatori e della concorrenza sarebbe in capo alla Federal Trade Commission (Ftc), l’agenzia Usa che si occupa di pratiche commerciali e tutela della privacy.

La proposta definitiva del trumpiano Pai sarà pubblicata oggi e il voto è previsto per il 14 dicembre.

Lo scorso 14 maggio la Fcc ha approvato la proposta di Pai di riformare l’open Internet order approvato dal Governo di Obama nel 2015, che di fatto impose agli Isp una serie di regole stringenti per assicurare la neutralità della rete. Una consultazione pubblica in materia si è tenuta negli Usa quest’estate.

Banda larga servizio universale

In linea con le richieste della industry delle Tlc, il presidente della Fcc Ajit Pai vuole eliminare la classificazione dei servizi a banda larga come bene di pubblica utilità, per cui l’accesso alla rete è un diritto e un bene pubblico come l’acqua e l’elettricità, in base al Title II dell’Open Internet Order obamiano. La riclassificazione della Rete come servizio pubblico pone in capo alla Fcc l’obbligo di imporre regole più stringenti nei confronti degli Isp, un potere che Pai non vuole assumere. La consultazione ha toccato anche gli altri aspetti salienti della riforma di Obama, vale a dire il divieto di creare corsie preferenziali con rallentamenti e blocchi di servizi (throttling e blocking) in rete a seconda delle applicazioni, dei prezzi di abbonamento, dei contenuti e dei device utilizzati e la gestione prioritaria del traffico da parte dei provider fissi e mobili.

Di fatto, il presidente della Fcc vuole tornare ad un regime in cui la Ftc (Federal Trade Commission) si occupa dei diritti degli utenti, mentre la Fcc si limita alla supervisione della trasparenza dell’offerta e delle pratiche messe in atto dagli Isp in modo che consumatori e aziende possano acquistare i servizi migliori ricevendo le informazioni tecniche più adeguate.

Quali conseguenze per media e tech company Usa

Secondo un’analisi di Tyler Cowen comparsa su Bloomberg, la fine della net neutrality non è la fine del mondo perché le grosse aziende e i consumatori non saranno toccati più di tanto ma anzi potrebbero persino trarre dei vantaggi.

La regolazione in termini di pubblica utilità della banda larga, conosciuta come net neutrality e approvata dalla Fcc nel 2015 con la riforma del Title II, ha fatto dell’accesso a Internet un diritto per tutti i consumatori ma nei fatti non ha prodotto grossi scossoni ai prezzi di borsa dei maggiori player americani coinvolti. Uno studio realizzato dall’esperto di telecomunicazioni Robert W. Crandall presso Brookings Institution, a suggerire che le decisioni sulla net neutrality non erano poi così importanti per il settore. Fra i titoli presi in considerazione dallo studio AT&T, Verizon Communications, Comcast, Time Warner Cable LLC, Cablevision Systems, Charter Communications, Walt Disney, Time Warner, Viacom, CBS, 21st Century Fox, Starz, Facebook, Twitter, AOL, Yahoo, e infine Netflix.

Molte delle media company analizzate hanno avuto una performance migliore dell’indice S&P 500 nel periodo più critico del 2015, quando la nuova regolazione sulla net neutrality fu rivelata. In altri termini, modificare le regole sulla net neutrality non sembra un fattore che modifichi in maniera strutturale il panorama dei media Usa.

Peraltro, anche nel 2014 quando Obama si espresse a favore della nuova regolamentazione i titoli dei media tradizionali Usa reagirono meglio di quelli delle grandi Internet company come Facebook e Netflix. Secondo lo studio, quindi, la net neutrality è uno dei tanti fattori che contribuiscono a creare il panorama futuro dei media ma non l’unico e men che meno quello decisivo.

Netflix

Un altro esempio è il corso del titolo Netflix alquanto volatile nel periodo in cui il dibattito sulla net neutrality era più acceso. Subito dopo la decisione di Obama di istituirela net neutrality, il titolo di Netflix hanno perso valore anche se l’opinione comune è che i suoi clienti dovranno pagare di più per la banda larga con l’abolizione della net neutrality. Nell’ultimo anno, pur in vista della revsione sulle regole della net neutrality, il titolo Netflix ha avuto una buona performance.

Monopoli

I supporter della net neutrality tipicamente temono l’eccesso di monopolio e di potere sui prezzi in mano agli Isp per la fornitura delle connessioni. E’ pur vero d’altra parte che le possibilità di accesso in rete stanno aumentando. I prezzi dei servizi di telefonia mobile sono in calo, gli smartphone stanno migliorando in termini di dimensioni e qualità, le connesisoni WiFi si stanno diffondendo sempre più. Detto questo, è vero che il monopolio sull’accesso resta. Ma è vero anche che i monopolisti che controllano il mercato dell’accesso non vogliono distorcere più di tanto l’esperienza di accesso dei consumatori, per giustificare tariffe più alte.