“L’intelligenza artificiale cambierà in modo radicale settori che, fino a oggi, si sono basati soprattutto sul lavoro umano e sul peso delle grandi società di consulenza strategica”. Ne è convinto Navin Chaddha, direttore generale di Mayfield, uno dei fondi di venture capital più importanti della Silicon Valley.
In un’intervista rilasciata a TechCrunch, Chaddha ha delineato uno scenario piuttosto chiaro: nei prossimi anni le aziende AI-first, nate con l’obiettivo di mettere l’intelligenza artificiale al centro del proprio modello di business, potrebbero arrivare a margini di profitto paragonabili a quelli delle società di software. Si tratterebbe di un cambio di paradigma che, nel medio periodo, rischia di ridurre il vantaggio competitivo di gruppi come McKinsey e Accenture, storicamente forti di un mix di consulenza ad alto valore aggiunto e relazioni consolidate con i principali clienti corporate.
L’AI cambierà i grandi gruppi della consulenza? Si ma lentamente
Questo scenario, però, non è destinato a concretizzarsi dall’oggi al domani. Secondo Chaddha: “La natura relazionale di settori come la consulenza, la contabilità e i servizi legali continuerà a frenare l’adozione di modelli interamente digitali. Inoltre, le grandi società di consulenza tendono a muoversi con prudenza: un atteggiamento tipico di chi si trova nel cosiddetto “dilemma dell’innovatore”, cioè la difficoltà a rinunciare a modelli tradizionali molto redditizi, anche quando nuove tecnologie iniziano a metterli in discussione”, spiega nell’intervista.
Chaddha ritiene che le startup più ambiziose dovrebbero concentrare i propri sforzi sui mercati meno presidiati, come le piccole imprese che non possono permettersi i servizi dei grandi nomi della consulenza. In questo scenario, l’intelligenza artificiale può diventare un fattore determinante per sviluppare soluzioni “as-a-software”, offerte con un modello basato sui risultati anziché sulla tradizionale fatturazione a ore.
Un altro fattore che potrebbe spingere questa trasformazione è la diffusione di modelli di business ibridi, che uniscono l’automazione al lavoro umano. In questi casi, i compensi vengono calcolati in base a tariffe per singolo servizio o a risultati misurabili con indicatori di performance.
Nel lungo periodo, spiega Chaddha, l’AI non sostituirà del tutto i professionisti, ma diventerà un “compagno digitale” che potrà ampliare l’accesso ai servizi, soprattutto nei mercati dove mancano risorse umane o dove i costi sono troppo alti.
La sua visione è comunque ottimista: anche se la transizione sarà difficile e dolorosa per molte aziende tradizionali, alla fine potrebbe portare a un sistema più efficiente e a servizi più accessibili per un numero sempre maggiore di imprese.