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La Gamification creata dai Millennials per i Millennials

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Nel 2015 il mercato della Gamification valeva 1,65 miliardi di dollari, nel 2020 si supereranno gli 11 miliardi.

Digital Customer Experience (DCX) è una rubrica settimanale dedicata alla Digital Experience a cura di Dario Melpignano, Ceo di Neosperience. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui. Per la versione inglese vai al blog.

La Gamification, come la intendiamo noi oggi, viene coniata per la prima volta nel 2008 dal blogger di settore Brett Terrill.

La sua prima definizione recitava: un uso delle meccaniche di gioco in altri frangenti del web per aumentare l’engagement

Dal 2008 la Gamification ne ha fatta di strada. Al momento è una delle componenti essenziali delle strategie per il marketing. A ripensarci oggi, la creazione di strumenti di engagement alternativi era alquanto scontata e naturale.

Oggi una grossa fetta di pubblico spendente è composta dai Millennials e, nella maggior parte dei casi, sono ragazze e ragazzi cresciuti giocando ai videogiochi.

Negli anni passati era normale distinguere nettamente il lato ludico da quello produttivo. Il pensiero era unidirezionale; il gioco era dedicato ai bambini e il lavoro era destinato agli adulti. Il gioco e il profitto erano concetti separati e inconciliabili.

Grazie al ricambio generazionale, questa distinzione non sembra essere più così definita. Chi ha sperimentato in prima persona le potenzialità dei videogiochi non vede in essi un fine, ma un mezzo dalle infinite possibilità.

In fin dei conti, il gioco è una caratteristica genetica e congenita nel DNA umano; non è solo divertimento, ma uno strumento che ci permette di conoscere, imparare ed esplorare il mondo che ci circonda, che ci aiuta a rilassarci, o a stimolare la competitività e a raggiungere i nostri obiettivi.

I Millennials, una volta entrati nel mercato del lavoro, hanno quindi cominciato a domandarsi se era possibile ricreare gli stessi meccanismi per coinvolgere il pubblico all’interno delle dinamiche e dei prodotti/servizi aziendali.

Ben presto hanno scoperto che la risposta non era solo positiva, ma rivoluzionaria. Nel 2015 il mercato della Gamification valeva 1,65 miliardi di dollari, nel 2020 si supereranno gli 11 miliardi. Anche fra gli esperti e gli studiosi si è cominciato a trattare l’argomento da un punto di vista scientifico, con il proliferare di studi di settore e di letteratura specialistica.

Innumerevoli sono i case studies in cui la Gamification è stata applicata con successo. Precorritrice, ma ancora oggi modello da seguire, è stata la Nike con il suo programma di allenamento e fidelizzazione Nike+, grazie a cui ha coinvolto, aiutato e guadagnato innumerevoli nuovi clienti e appassionati.

Attraverso le dinamiche di Gamification native, Nike è stata in grado di distinguersi dalla concorrenza e di fornire ai propri clienti un’esperienza unica che, distanziandosi dalle classiche pratiche promozionali aziendali, è riuscita a entrare nella quotidianità delle persone, aiutandole realmente.

I programmi fedeltà tradizionali, infatti, non sono più sufficienti a coinvolgere il pubblico. Magari qualche anno fa completare una tessera punti poteva essere divertente, ma ora le nuove generazioni, iperstimolate e videoludiche, hanno bisogno di una decisa “spinta” in più.

Uno dei segreti per convertire le persone, nello scenario odierno caratterizzato da una tendenza alla noia e alla preoccupazione diffusa, è giocare con i clienti. O, ancora meglio, lasciare che i tuoi clienti si divertano giocando con il tuo brand e i tuoi prodotti/servizi.

Un altro campo di applicazione, definito Workplace Gamification, consiste nell’utilizzare le stesse dinamiche di fidelizzazione e coinvolgimento all’interno degli ambienti lavorativi.

Infatti, con la sempre maggiore presenza di nuove generazioni all’interno delle aziende, le stesse dinamiche ludiche utilizzate per rapportarsi con l’ambiente esterno al lavoro si riflettono anche al suo interno. Ecco perché oggi numerose aziende stanno implementando all’interno del loro welfare aziendale alcune dinamiche di Gamification, grazie alle quali migliorano il benessere dei dipendenti e, allo stesso tempo, la loro produttività.

Qualcuno forse l’avrà già intuito: la Gamification e il digitale sono strettamente legati. Sebbene non esistano solo dinamiche di Gamification digitali, una strategia di engagement che abbracci il medium virtuale è imprescindibile per aver successo.

In poche parole si può affermare che la Gamification è una parte essenziale dell’universo della Digital Customer Experience. L’obiettivo, come noi di Neosperience ripetiamo sempre, è l’offerta di esperienze rilevanti per le persone; il gioco è sicuramente una dinamica che arricchisce le loro vite.

Negli anni abbiamo sviluppato una Solution specifica per la Gamification, che abbiamo deciso di legare strettamente con un altro strumento del marketing, ovvero il Nudging.

Nudging & Gamification è la piattaforma, arricchita con strumenti di IA, che permette di ideare e sviluppare dinamiche premianti e fidelizzanti per la propria azienda. Lo strumento offre ai clienti esperienze personalizzate in base alle loro caratteristiche e può essere applicata a touchpoint online e offline.

Il risultato sperato è riuscire a incoraggiare i clienti a raggiungere specifici obiettivi comportamentali, come l’acquisto di un articolo, il download di un contenuto o la compilazione di un modulo, ma le possibili implicazioni sono innumerevoli.

La Gamification è quindi un elemento strategico del quale difficilmente potremo a fare a meno nei prossimi anni. Offrire esperienze divertenti e coinvolgenti non è mai stato così “facile”; la tecnologia oggi ci permette di creare e gestire progetti anche molto complessi, con numerosi obiettivi e partecipanti, da una semplicissima dashboard. Perché non approfittarne per creare un legame di valore con il proprio pubblico e superare la crisi della fidelizzazione?

Photo by Tomasz Filipek from Pexels