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Inwit in vendita. Ecco i possibili acquirenti delle torri Telecom

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Secondo uno studio AT Kerney, gli operatori integrati sono seduti su una vera miniera d’oro dal valore di 1 trilione di dollari, ossia i loro asset passivi: beni immobiliari, torri, data center, edifici. Valorizzandoli, dicono gli analisti, si potrebbero ripianare tutti i debiti.

Oscilla, dopo un’apertura in rialzo dell’1,45%, il titolo Inwit in Borsa, nel primo giorno di contrattazioni dopo il cda brasiliano di venerdì di Telecom Italia, in cui si è deciso di dare mandato all’ad Marco Patuano “di esplorare le eventuali opportunità di valorizzazione della controllata” delle torri.

Tra i possibili acquirenti di una quota di Inwit, che in Borsa vale 2,7 miliardi,  c’è la spagnola Cellnex, ex Abertis, che ha già in pancia le torri di Wind e di Atlantia e potrebbe pagare un premio tra il 5% e il 10% rispetto al valore di Borsa alla luce delle sinergie possibili con le reti già in suo possesso. Sinergie stimate nell’ordine di almeno 1 miliardo di euro.

La quota in mano a Telecom, pari al 60% del capitale, ai prezzi attuali vale circa 1,6 miliardi (con un apprezzamento di circa il 25% rispetto alla quotazione) e rappresenta un bel tesoretto per la società telefonica, che sembra intenzionata a venderne la metà.

Nei giorni scorsi si è parlato anche di un interessamento al dossier del fondo F2i e di possibili controfferte da parte di Ei Towers (Mediaset) e RaiWay, che puntano alla diversificazione del business, pur non potendo contare su notevoli sinergie.

La vendita delle torri wireless è ormai un trend che si va affermando anche in Italia, anche se un po’ in ritardo rispetto ad altri mercati. Negli Usa la prima ondata è partita alla fine degli anni 90 e ora i principali operatori,  AT&T e T-Mobile, stanno cedendo le ‘rimanenze’.

Le telco – e non solo – non considerano più strategico l’asset e preferiscono monetizzarlo.

Secondo uno studio AT Kerney, gli operatori integrati sono seduti su una vera miniera d’oro dal valore di 1 trilione di dollari, ossia i loro asset passivi: beni immobiliari, torri, data center, edifici. Valorizzandoli, dicono gli analisti, si potrebbero ripianare tutti i debiti.

Anche se, infatti, gli asset passivi come le torri e i condotti, sono essenziali per l’operatività delle telco, si tratta di infrastrutture che si possono affittare, liberandosi dei costi di gestione e manutenzione per concentrarsi su altri versanti come i contenuti o l’acquisto di frequenze.

Chi compra le torri, a sua volta, generalmente ha una struttura dedicata prevalentemente alla gestione degli impianti con competenze specifiche di gran lunga superiori, risorse e personale dedicato, nonchè costi di gestione sicuramente minori di quelli degli operatori televisivi e di telecomunicazione, che fondamentalmente di mestiere fanno (o dovrebbero fare) altro.

Anche Wind ha ceduto le sue oltre 7.300 torri sempre a Cellnex per poco più di 690 milioni. E sempre Cellnex ha comprato dai Benetton le circa 300 torri di Atlantia. In Brasile, la controlla Telecom, Tim Brasil, ha ceduto i suoi asset ad American Tower per circa 900 milioni di euro.

Quanto al cda di venerdì in Brasile, oltre al dossier Inwit, il Consiglio ha ribadito la strategicità degli asset sudamericani: preso atto della difficile congiuntura economica brasiliana, nonché della significativa svalutazione che ha subito la valuta locale rispetto all’euro, mentre l’ad di Tim Brasil Rodrigo Abreu ha confermato il piano di investimenti pari a oltre 14 miliardi di reais nel triennio 2015-2017.

Secondo gli analisti Icbpi, infine, proprio dalla cessione dell’intera quota o della partecipazione di controllo di Inwit, Telecom potrebbe migliorare la propria flessibilità finanziaria in vista di eventuale mosse strategiche in Brasile.