Consolidamento

F2i rileva Infracom, rinnovato interesse per le medie imprese della fibra

di Dario Denni |

Il settore della fibra ottica non è fatto soltanto di grandi operatori, ma è piuttosto frammentato in centinaia di altre realtà imprenditoriali virtuose cui guardare per il consolidamento.

È un momento di grandi concentrazioni quello che stiamo vivendo nel mercato delle telecomunicazioni. Ci sono grandi protagonisti nazionali ed internazionali pronti ad affacciarsi sulla scena per cercare di polarizzare gli investimenti in modo da utilizzare lo stesso modello infrastrutturale e la stessa scelta tecnologica per efficientare i costi in un settore come quello della fibra ottica che non ammette errori.

Siamo soliti concentrare l’attenzione sui grandi operatori perché hanno una visibilità mediatica e finanziaria di rilievo dimenticandoci che il settore è piuttosto frammentato in centinaia di altre realtà imprenditoriali di diversa natura. Forse per questo non si è dato grande spazio all’acquisizione di Infracom da parte di F2i che apre la via ad un nuovo segmento di acquisizioni: quella che unirà le sorti dei piccoli e medi operatori infrastrutturali in Italia.

La notizia dell’acquisto di Infracom rientra nell’ambito di un’operazione di concentrazione secondo un modello che probabilmente rivedremo ripetersi a breve e che certamente deve creare un nuovo rinnovato interesse per le imprese di medie dimensioni che operano nei settori delle infrastrutture in fibra ottica.

L’operazione a cui stiamo facendo riferimento riguarda l’acquisizione da parte del Secondo Fondo gestito da F2i, per il tramite di una costituenda società per azioni, denominata 2i Fiber SpA, del controllo esclusivo di Infracom.

Il capitale di 2i Fiber SpA sarà posseduto in misura dell’80% dal Secondo Fondo ed il 20% sarà invece detenuto dalla società Marguerite Infrastructure Italy S.à r.l., società interamente controllata da un fondo lussemburghese.

Non è dato sapere se ci saranno delle eccezioni a questa concentrazione e del resto non se ne vedrebbe nemmeno il motivo in considerazione anche della esigua portata economica dell’intera operazione che però potrebbe essere presa a modello anche da altri investitori interessati.

Se consideriamo le imprese che hanno un fatturato medio che oscilla tra i 10 milioni di euro e 100 milioni di euro scopriremo delle realtà virtuose sul territorio che hanno i bilanci in crescita e molto ordinati. Non è sbagliato pensare che ci possa essere un interesse generale a raggruppare questo segmento che è arrivato ormai a un punto critico oltre il quale non può più crescere se non per acquisizione.

Dunque al consolidamento a cui eravamo abituati negli anni passati tra grandi operatori telefonici segue il consolidamento tra imprese piccole e medie. Se volessimo osare un paragone, ci sono certamente anche altri mercati a rete – come ad esempio le banche di medie e piccole dimensioni – che questo processo lo hanno vissuto negli anni passati e che ci pongono ancora oggi il dubbio se ciò ha portato ad avere veri benefici per l’utente finale e per le banche stesse.

Dobbiamo quindi chiederci se il mercato italiano può essere anche oggetto di finalità speculative di questo tipo: le autorità indipendenti, la politica e gli imprenditori, ciascuno per la propria parte di competenza, siano pronti a darci delle risposte.

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