Audiovisivo

EntARTainment: Netflix, il mercato italiano alle grandi manovre (nessuno escluso)

di Bruno Zambardino, Armando Maria Trotta |

L’Italia si prepara all’arrivo di Netflix che nelle prossime settimane dovrebbe incontrare i rappresentanti del governo. Soluzioni win-win permetterebbero di far convivere cinema e video online.

Il settore audiovisivo costituisce il cuore pulsante della nuova filiera dei contenuti mentre cresce la pressione competitiva tra soggetti tradizionali e nuovi operatori globali: i primi vedono entrare progressivamente in crisi i propri modelli di business; i secondi agendo su scala globale stanno spostando i propri investimenti dalla mera aggregazione e distribuzione di contenuti altrui, alla creazione di contenuti originali.

La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.
E non è un caso che ieri la Commissione europea, nel quadro complessivo della creazione di un mercato unico digitale, ha lanciato una nuova consultazione pubblica per raccogliere pareri ed input utili ad aggiornare entro fine 2015 le norme che regolano i servizi media audiovisivi puntando in primo luogo ad estendere il perimetro dei soggetti cui si applica la Direttiva Servizi Media Audiovisivi anche alle piattaforme online (oggi escluse perchà disciplinate dalla Direttiva eCommerce), mettendo così mano a principi chiave come quello della responsabilità editoriale e del Paese di origine.

Tornando al mercato impressiona la crescita inarrestabile dei servizi non lineari, Video on demand e Over The Top, tanto in termini di distribuzione quanto in termini di consumo tra il pubblico.

Il successo di tali servizi dipende dallo sviluppo di reti broadband sempre più veloci e dal graduale passaggio di film e serie su tali reti, ma anche dal mutato atteggiamento dei fornitori dei contenuti tradizionali, sottoposti alla crescente competizione dei grandi operatori globali.

L’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo ha quantificato nel 2014 in circa 2.500 i servizi on demand attivi, di cui oltre 500 dedicati ai soli film, per un fatturato complessivo che nel 2012 si aggirava sul miliardo di euro. Secondo recenti stime di ITMedia Consulting il totale dei ricavi derivanti dall’offerta Vod in Europa sarà di 2,1 miliardi già a fine del 2015 e raggiungerà 3,9  miliardi nel 2018. Di tali risorse ancora poche sono riconducibili al nostro Paese dove per il 2014 le stime indicano ricavi complessivi pari a soli 40 milioni di euro.

Proprio in questi giorni, Netflix ha annunciato che a ottobre lancerà il proprio servizio anche in Italia con tre distinte fasce di prezzo in base alle diverse risoluzioni e in linea con quelli praticati in Europa (e negli Stati Uniti). Una prima fascia da 7,99€ al mese  (1 dispositivo e contenuti in SD); una seconda fascia a 8,99€ al mese (2 dispositivi contemporaneamente e contenuti in Full HD) fino alla fascia da 11,99€ al mese con 4 dispositivi contemporaneamente e contenuti in 4K.

I contenuti del catalogo in pratica vengono offerti all’utente in base alla velocità della sua connessione.

Di recente l’azienda ha confermato il proprio impegno sui contenuti, ben $5 miliardi entro i prossimi due anni, di cui la metà per opere inedite, comprese quelle in 4K e alta definizione. Di fatto Netflix investe da sola quasi il doppio dell’intero sostegno pubblico europeo al cinema e all’audiovisivo (circa €3 mld), e quest’ultimo in pratica equivale all’impegno di Netflix nelle produzioni originali. Tra queste si segnalano due serie pensate per i mercati locali: Narcos, destinata principalmente ai mercati latini, e Marsiglia per l’Europa e più in particolare per il pubblico francese.

Questa è una mossa dettata non solamente dall’intento di venire incontro alle preferenze del pubblico locale; investire in produzioni originali è indispensabile per superare la barriera dei diritti.

La forza di Netflix infatti è legata alla sua library di fiction americane ma in Europa la maggior parte dei diritti delle serie americane di successo è già posseduta dai canali televisivi che le trasmettono.

Avendo davanti agli occhi ciò che è accaduto in Francia dove la società è scesa a patti con l’Eliseo impegnandosi a titolo volontario al rispetto delle norme locali sugli investimenti nella produzione francese (Marseille), ci si sta domandando se Netflix riserverà il medesimo trattamento all’Italia: produrrà serie tv rivolte solo al pubblico italiano?

In che modo parteciperà al finanziamento dell’audiovisivo in una fase in cui in Europa (e in Italia) si stanno rivedendo le quote di programmazione e di investimento e si sta discutendo di licenze multiterritoriali e di rimozione del geoblocking mettendo in crisi gli attuali modelli di business?

Pare che il prossimo 17 luglio in occasione della visita di Ted Sarandos, capo dei contenuti di Netflix al Global Film & Music Fest di Ischia (dove riceverà il primo Ischia Global Legend Award) potrebbero aver luogo incontri informali con rappresentanti del governo, fermo restando che già da tempo sono in corso negoziati con i nostri principali titorali dei diritti e con operatori telefonici (non in esclusiva).

Netflix troverà comunque un mercato vivace e sicuramente agguerrito, pronto a contendergli l’interesse degli utenti. Il mercato italiano infatti è già cambiato moltissimo negli ultimi anni, e anzi, forse proprio le voci sull’imminente ingresso di Netflix nel nostro paese hanno accelerato questa evoluzione.

Ci riferiamo in particolare ai servizi over the top di Mediaset e Sky, lanciati rispettivamente a fine 2013 e gennaio 2014, mentre Rai aveva già da tempo il suo portale di catch up tv, Rai.tv.

Tra gli operatori web native, ricordiamo la success story di Chili tv, 430.000 utenti in tre anni. Dal lato telco c’è invece Tim Vision. Solo per citare i servizi più noti al pubblico.

Mentre i vari comparti della filiera si preparano ad accogliere Netflix, le soluzioni più recenti e innovative, e non solo in Italia, riguardano la più tradizionale sala cinematografica. Sono infatti in corso iniziative e sperimentazioni che aggirando la rigidità della cronologia delle windows, stanno creando insolite alleanze cinema-video on demand e danno visibilità alle produzioni minori. Vale la pena di ricordare la scelta del distributore francese Wild Bunch che, ha messo direttamente a disposizione piattaforma VOD TF1 Vidéo il film Adaline per il noleggio online a €6.99, l’equivalente del prezzo medio di un biglietto al cinema.

L’iniziativa, che i due partner chiamano e-cinéma, prende atto che il numero di sale fisiche non è sufficiente a proiettare tutti i film che vengono prodotti, e presenta internet come canale di diffusione parallelo al cinema. In Francia questo è però stato possibile solo con opere straniere, che hanno potuto eludere le windows.

Anche in Italia sono sorte iniziative interessanti, anche se limitate a un numero circoscritto di sale. Abbiamo già parlato nelle settimane scorso del sito Movieday.it che permette agli internauti di creare la propria proiezione al cinema, scegliendola sala più vicina al proprio domicilio e il titolo preferito tra quelli messi a disposizione e catalogati sul sito.  Interessante anche l’esperimento condotto dalla società di produzione Palomar di Carlo Degli Esposti volto ad utilizzare le sale cinematografiche come gestori di film in streaming. Il primo film a tentare questa via è stato Una storia sbagliata di Gianluca Maria Tavarelli, dopo anteprima gratuita per l’Europa nella sala virtuale di Nuovo Cinema Repubblica in collaborazione con MyMovies Live.

Secondo l’accordo tra Palomar, la piattaforma My Movies e un primo nucleo di sale cinematografiche, l’esercente delle sale incasserà circa €1,30 sui €3,99 pagati dagli utenti per vedere il film in streaming.

Il gestore delle sale incasserà solo su quei film di sua competenza stabiliti in un’area di appartenenza di 15 km in parallelo con la programmazione in streaming.

Grazie alla geolocalizzazione dell’utente, la piattaforma web riconoscerà la sua quota all’esercente che avrà in programmazione l’opera in quella macrozona. Quindi le sale cinematografiche cambierebbero la loro destinazione di mercato da sale fisiche a sale virtuali con significativo abbassamento dei costi.

Hanno aderito all’iniziativa circa sessanta sale.

L’idea è convincere gli esercenti a diventare a loro volta distributori ottenendo una percentuale sugli altri sfruttamenti, in questo caso il download.

Quel che più conta è che i casi sopra descritti oltre a percorrere modelli di business innovativi e coraggiosi sono operazioni win-win e dimostrano ancora una volta che sala cinematografica e video online possono convivere, e anzi, sostenersi a vicenda.