Le stime

Energia: per le imprese italiane 36 miliardi di costi in più nel 2022 (e il nucleare non è la soluzione)

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Emergenza energetica, le aziende italiane dovranno affrontare un aumento generalizzato dei costi, soprattutto in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Particolarmente colpiti l’industria manifatturiera e il settore del commercio. Necessario accelerare su rinnovabili e transizione green.

Bollette sempre più care per le imprese

Il caro bollette legato all’aumento dei prezzi dell’energia, in particolare del gas naturale, sta creando non pochi problemi al Governo Draghi, mentre famiglie e imprese fanno i conti con un incremento dei costi che potrebbe riguardare l’interno anno e oltre.

Secondo nuove stime diffuse dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, per il 2022 le imprese potrebbero registrare 36 miliardi di euro di costi in più a causa del caro energia rispetto al dato del 2019.

Negli ultimi 3 anni l’importo medio della bolletta della luce è praticamente raddoppiato per le aziende, si legge nella nota dell’Ufficio studi.

I rincari maggiori in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna

È attesa per il 2022 una tariffa media dell’energia elettrica per le imprese pari a 150 euro per MWh, secondo i ricercatori della Cgia.

Nei primi 5 giorni di questo nuovo anno la tariffa è scesa al di sotto dei 200 euro per MWh. Si segnala, altresì, che le principali istituzioni prevedono una progressiva (anche se non velocissima) riduzione nel corso di tutto il 2022. Si ricorda, infine, che nello scorso mese di dicembre il prezzo medio dell’energia elettrica per le imprese aveva toccato i 281 euro per MWh (media 2021 pari a 125,5 euro per MWh)”, si legge nel documento.

A livello territoriale, invece, il rincaro maggiore graverà sulle imprese ubicate in Lombardia: qui, rispetto al 2019, l’incremento del costo per l’energia elettrica sarà pari a 8,5 miliardi di euro.

Subito dopo c’è il Veneto, con un extra costo pari a 3,9 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con 3,5 miliardi e il Piemonte con 2,9 miliardi di euro.

Le misure da mettere in campo per le impese e le famiglie

Secondo la Cgia, il Governo dovrebbe mettere in campo misure urgenti per tamponare questa situazione molto pesante e dall’impatto sulla ripresa economica ancora tutto da valutare: “Almeno un miliardo di euro in più di risorse da mettere a disposizione delle imprese fino al prossimo mese di giugno”.

Per fronteggiare questa situazione, va attuata nel medio periodo una strategia europea comune per stabilizzare il prezzo del gas sul mercato, uniformando le condizioni di approvvigionamento e riducendo così i differenziali di prezzo tra i paesi membri”, si legge nel testo dello studio.

Ad essere maggiormente colpiti dal rialzo dei costi per l’energia sono diversi settori fondamentali per la nostra economica, tra cui l’industria manifatturiera (+38%) e l’industria dei servizi (+33,5%), il che significa segmenti chiave come la metallurgia, l’alimentare, la chimica, nel primo caso, le attività commerciali, l’intrattenimento, alberghi e ristorazione, nel secondo.

L’Europa in bilico tra nucleare e futuro green

Uno scenario che preoccupa il Governo e che da settimane e mesi tiene sulle spine alcuni ministeri strategici per l’avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), tra cui il ministero della Transizione ecologica (Mite) guidato da Roberto Cingolani, ma anche lo stesso ministero dello Sviluppo economico, con a capo Giancarlo Giorgetti.

Da più parti nell’esecutivo si è detto che per realizzare e rendere più rapida e sicura la transizione ecologica ed energetica è necessario fare ricorso anche all’energia nucleare e al gas naturale.

In un’intervista ad un giornale francese, il Commissario per il mercato interno, Thierry Breton, ha dichiarato: L’Unione europea dovrà investire 500 miliardi di euro in centrali nucleari di nuova generazione da qui al 2050”.

E questo anche se lo stesso Breton ha affermato che il contributo del nucleare al mix energetico europeo passerà dall’attuale 26% al 15% del 2050. Perchè dunque investire una così grande quantità di risorse in impianti che, con molta probabilità, entro 30 anni saremo chiamati a chiudere, perchè non economicamente vantaggiosi?

Le affermazioni di Breton riprendono quelle della Commissaria responsabile dell’Energia, Kadri Simson, secondo cui l’estensione della vita delle centrali nucleari esistenti in Europa richiederebbe tra i 45 e i 50 miliardi di euro in più. L’ennesima conferma della loro insostenibilità economica (senza considerare quella ambientale).

C’è chi dice sì, c’è chi dice no

Breton, inoltre, considera l’inserimento del nucleare e del gas naturale nella lista delle fonti energetiche pulite come “passo fondamentale per attrarre un volume maggiore di investimenti e per rendere l’autonomia energetica europea sempre più possibile“.

Ovviamente non tutti sono d’accordo e c’è un confronto deciso tra opposte fazioni. La Francia, ad esempio, è a favore del nucleare, mentre Austria e Germania si mostrano più scettiche e sono pronte anzi a chiudere molte delle centrali ancora in funzione.

Bruxelles, invece, ritiene che il nucleare e il gas naturale siano strumenti chiave per accelerare una transizione energetica che ci porterà in breve tempo (se tutto andrà bene) in un’economia trainata in larga parte da fonti energetiche rinnovabili e a impatto ambientale zero.

Fotovoltaico molto più economico (e fattibile) del nucleare

Facendo un rapido confronto in termini di costi tra il nucleare e le fonti energetiche rinnovabili (quelle vere, sole, vento e forza dell’acqua), nel 2020 produrre un kilowattora (kWh) con il fotovoltaico è costato in media in tutto il mondo 3,7 dollari contro i 16,3 dollari del nucleare.

Il dato è relativo alla pubblicazione del World Nuclear Industry Status Report, che riporta anche i costi dell’eolico (3,7 dollari per kWh, del gas (5,9 dollari) e del carbone (11,2 dollari).

Il solare quindi costa sempre meno e consente di generare energia elettrica a costi bassissimi per le imprese, che potrebbe essere impiegata (assieme magari all’idrogeno verde in un prossimo futuro) non solo per decarbonizzare le industrie e le imprese, ma anche per elettrificare le vetture delle flotte aziendali ad esempio.

A favore delle rinnovabili vere e contro il nucleare (che costa di più, senza considerare i problemi di sicurezza, gli incidenti gravi e le scorie da smaltire) si sono schierati in molti, negli ultimi mesi, dal Premio Nobel per la fisica, Giorgio Parisi, all’amministratore delegato del Gruppo Enel, Francesco Starace (che per il momento chiude sul nucleare, aprendo invece decisamente alle fonti green).

Se al momento con le sole rinnovabili non si riesce a coprire l’intero fabbisogno energetico nazionale è anche colpa di scelte non fatte negli anni passati, perché se avessimo avuto un’infrastruttura più moderna e capillare e un quadro di regole più chiaro oggi ci saremmo trovati a parlare di uno scenario diverso.