Diplomazia

Democrazia Futura. Zuppi, l’inviato del Papa a Mosca. Putin sarà più debole e malleabile? (II)

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Il secondo contributo di Democrazia Futura sul tema "Le paci difficili della diplomazia vaticana". Come reagirà Mosca?

Giampiero Gramaglia

Nel secondo pezzo dedicato al tema “Le paci difficili della diplomazia vaticana”, intitolato “Zuppi, l’inviato del Papa a Mosca. Putin sarà più debole e malleabile[1]?” , Gramaglia osserva come “L’inviato di Papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), giunge a Mosca nell’ora forse più buia per la Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: l’aura di potere del presidente Vladimir Putin è stata offuscata dalla sfida lanciatagli dal capo dei mercenari del Gruppo Wagner Evgenij Prigožin; e, sul fronte del conflitto, le forze ucraine sfruttano sbandamenti e indecisioni nelle file russe per ottenere successi, fin qui limitati. La risposta russa sono le consuete gragnuole di missili e droni sulle città ucraine, con vittime anche civili. L’auspicio della Santa Sede e dei vescovi italiani, di cui il cardinal è il presidente, è che Zuppi possa riuscire ad avvicinare una “pace giusta”. Sull’agenda del cardinale, c’è in primo piano l’incontro con il Patriarca Kirill, il capo della Chiesa ortodossa russa, un nazionalista vicino a Putin. Ma è dal presidente russo che l’inviato del Papa, che all’inizio di giugno è già stato a Kiev, dove ora c’è l’elemosiniere di Francesco, il cardinale Konrad Krajewski, spera d’ottenere qualche gesto umanitario sollecitato dal presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj come la restituzione di bambini alle famiglie o scambi di prigionieri come ricordato nel primo articolo. I successi di Zuppi sarebbero decisivi per rompere la diffidenza che in Ucraina accompagna lo sforzo di mediazione vaticano e per creare le condizioni di un dialogo tra Mosca e Kiev. Sentendosi vulnerabile, Putin potrebbe mostrarsi più malleabile”.

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L’inviato di Papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), giunge a Mosca nell’ora forse più buia per la Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: l’aura di potere del presidente Vladimir Putin è stata offuscata dalla sfida lanciatagli dal capo dei mercenari del Gruppo Wagner Evgenij Prigožin; e, sul fronte del conflitto, le forze ucraine sfruttano sbandamenti e indecisioni nelle file russe per ottenere successi, fin qui limitati. La risposta russa sono le consuete gragnuole di missili e droni sulle città ucraine, con vittime anche civili.

L’auspicio della Santa Sede e dei vescovi italiani, di cui il cardinal è il presidente, è che Zuppi possa riuscire ad avvicinare una “pace giusta”. Sull’agenda del cardinale, c’è in primo piano l’incontro con il Patriarca Kirill, il capo della Chiesa ortodossa russa, un nazionalista vicino a Putin. Ma è dal presidente russo che l’inviato del Papa, che all’inizio di giugno è già stato a Kiev, dove ora c’è l’elemosiniere di Francesco, il cardinale Konrad Krajewski, spera d’ottenere qualche gesto umanitario sollecitato dal presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj come la restituzione di bambini alle famiglie o scambi di prigionieri come ricordato nel primo articolo. I successi di Zuppi sarebbero decisivi per rompere la diffidenza che in Ucraina accompagna lo sforzo di mediazione vaticano e per creare le condizioni di un dialogo tra Mosca e Kiev. Sentendosi vulnerabile, Putin potrebbe mostrarsi più malleabile.

“Il mostro da lui stesso creato gli s’è rivoltato contro”, scrive Eunews, citando impressioni raccolte negli ambienti europei sulle conseguenze della crisi tra Cremlino e Gruppo Wagner. I leader dei 27 ne discutono a Bruxelles il 29 e 30 giugno 2023. Secondo il New York Times, l’Occidente, così come l’opposizione russa ‘democratica’, dovranno “assistere da spettatori” alla resa dei conti del putinismo, che si prospetta “caotica e violenta”. Lo conferma un’ulteriore indiscrezione dell’intelligence statunitense, che aveva avvertito che Prigožin aveva in mente qualcosa contro Putin e che pensava di disporre di appoggi: il generale Sergej Surovikin, un ex comandante delle operazioni in Ucraina, sarebbe stato al corrente dei piani di ammutinamento dei Wagner[2]

Al Consiglio dei Ministri degli Esteri a Lussemburgo, il capo della diplomazia dell’Unione europea Josep Borrell aggiorna i 27 ministri sul putsch di Prigožin e sul ruolo della Bielorussia: “Mosca – avverte – potrebbe essere entrata in un’era di instabilità politica. Gli Stati Uniti e tutto l’Occidente, che adottano la linea della non ingerenza – “E’ una vicenda interna russa” – s’interrogano sui riflessi della insurrezione dei Wagner al Cremlino e in Ucraina.

Che cosa accadrà, ora? Putin ha sventato, con l’aiuto del suo sodale, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, un’insurrezione di mercenari. Ma molti aspetti di quanto accaduto vanno ancora chiariti e molte domande non hanno ancora risposta.


[1] Scritto, in versioni diverse, per La Voce e il Tempo e per e per il Corriere di Saluzzo il 29 giugno 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/06/29/zuppi-a-mosca-putin-piu-debole-e-malleabile/. Riproduxiamo qui la orima parte dell’articolo.

[2] Giampiero Gramaglia, “Ucraina: la battaglia dei Wagner per le miniere di Soledar”, Il Fatto Quotidiano, 12 gennaio 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/01/12/ucraina-battaglia-wagner-miniere-soledar/.