Funerali e potere

Democrazia Futura. L’ultimo Cavaliere

di Gianluca Veronesi, ex dirigente Rai, già direttore della Comunicazione e delle Relazioni esterne Rai |

I funerali di Berlusconi e di Flavia Franzoni Prodi. Un marziano invasore in pochi minuti avrebbe capito com’è organizzato il potere in Italia. Chi sta con chi. L'approfondimento di Gianluca Veronesi.

Gianluca Veronesi

Come sempre fra il serio e il faceto, Gianluca Veronesi commenta la diretta a reti unificate dopo la notizia della scomparsa di Silvio Berlusconi soffermandosi in conclusione sull’omelia pronunciata in occasione delle esequie dall’Arcivescovo di Milano Delpini: “A molti non sarà piaciuta. A Silvio sarebbe piaciuta moltissimo. Lì ho capito – osserva Veronesi – cosa significa avere duemila anni di esperienza. Nessuno metterà mai in imbarazzo la Chiesa quando si tratta dei “bilanci finali”. Un colpo al cerchio e uno alla botte ma che classe!”.

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Appena mi arriva la notizia accendo la tv che è già “a reti unificate”, sette su sette.

In realtà la definizione sta a significare che più reti trasmettono lo stesso programma.

Qui invece tutti raccontavano Silvio Berlusconi dal loro punto di vista. Il “loro” Berlusconi.

Sembra ovvio ma in realtà pochi personaggi possono stimolare sette racconti così diversi. Reggere interpretazioni a volte opposte.

Sembra impossibile che l’uomo più “pubblico” del paese, il protagonista più celebrato e autocelebrato, l’instancabile esibizionista possa lasciare in sospeso così tante ambiguità, misteri, versioni di sé.

Comunque è già per tutti un protagonista della Storia italiana.

Solo che per qualcuno è Garibaldi (combattente, generoso, visionario), per altri è Cavour (attento alle alleanze, moderato, spregiudicato), per altri invece Mazzini (ideologicamente determinato e implacabile fondatore della destra di governo).

In realtà, se ti mettevi a fare la sintesi delle varie narrazioni, scoprivi che era piuttosto Vittorio Emanuele, che faceva quel che poteva, che usava uno contro l’altro, che evitava che qualcuno si rafforzasse troppo, che lavorava innanzitutto per il bene della dinastia e poi della nazione.

A proposito di dinastie! Mentre seguivo il funerale mi sono chiesto come mai Berlusconi -che sapeva tradurre in spettacolo qualunque spunto- non ha mai valorizzato la sua royal family, i componenti della casa regnante.

Guardando quei cinque figli in fila mi sono venuti in mente quelli di Elisabetta d’Inghilterra che -contrariamente allo scandalo generale imbastito dai media- con le loro vicissitudini così borghesi hanno dato una parvenza di normalità e modernità alla Casa reale e permesso ad essa di sopravvivere.

Forse nel caso dei Berlusconi era già così scavezzacollo il capostipite da rendere superflue le intemperanze giovanili degli eredi.

Peccato che abbiano scelto la retorica del funerale di Stato così formale e imbalsamato.

Quanto sarebbe stato più caldo e affettuoso sentire la commozione nel saluto dei figli, la cadenza meneghina nel ricordo di Fedele Confalonieri.

Basta confrontare la cerimonia per la signora Flavia Franzoni Prodi, così piena di amore. Che non sarebbe certamente mancato nella quindicina di nipoti di Berlusconi.

Una casualità beffarda ha messo a confronto su due gigantesche pagine del Corriere della Sera le partecipazioni al lutto delle famiglie Berlusconi e Prodi.

Era un ripasso di trent’anni di vita politica italiana. Un marziano invasore in pochi minuti avrebbe capito com’è organizzato il potere in Italia. Chi sta con chi.

Molti avranno dovuto rinunciare alle condoglianze perché sarebbero comparsi in entrambe le pagine e sarebbero apparsi dei furbastri.

Vi confesso che cominciano ad essere molte le occasioni in cui non sopporto il bipolarismo italiano, così schematico, banalizzato, aggressivo.

Ho trovato stupefacente la commemorazione del Cavaliere da parte dell’arcivescovo di Milano, la più letteraria e poetica che abbia sentito su un politico. Recitata splendidamente, con voce stentorea, con accelerazioni pause e rallentamenti per dare una metrica, un ritmo. In certi passaggi sembrava scritta in rima.

A molti non sarà piaciuta. A Silvio sarebbe piaciuta moltissimo.

Lì ho capito cosa significa avere duemila anni di esperienza. Nessuno metterà mai in imbarazzo la Chiesa quando si tratta dei “bilanci finali”. Un colpo al cerchio e uno alla botte ma che classe!

L’arcivescovo ci ha ricordato che solo due persone sanno la verità e che stanno per incontrarsi: cosa darei per esserci quando Silvio Berlusconi proverà ad alleggerire l’atmosfera raccontando a Dio l’ultima barzelletta.