Lo scrittore

Democrazia Futura. I gialli problematici di Leonardo Sciascia

di Silvana Palumbieri, autore e regista a Rai Teche, realizzatrice di documentari |

Come lo scrittore di Recalmuto ha portato nel mondo la complessità della società siciliana.

Silvana Palumbieri

Per parte sua Silvana Palumbieri inaugurando l’Almanacco dell’Italia e degli italiani nel centenario della nascita dello scrittore siciliano rievoca “I gialli problematici di Leonardo Sciascia” ovvero – come recita l’occhiello – “Come lo scrittore di Recalmuto ha portato nel mondo la complessità della società siciliana”. Anche attraverso il cinema che annovera ben nove lungometraggi basati su sue opere. “Il successo clamoroso e inaspettato arriva con Il giorno della civetta, nel 1961 dove si mette in campo  Don Mariano Arena uomo d’onore, capo-mafia. È uno dei primissimi testi in un libro destinato a un ampio pubblico in cui compare la parola mafia, fenomeno criminale che non si poteva pronunciare nemmeno come parola. Il libro ha la struttura di un giallo, c’è crimine, investigatore – il capitano Bellodi di Parma – indagine, soluzione, colpevole assicurato alla giustizia. Questo genere non godeva di prestigio letterario, era un genere popolare ma Sciascia ne fa un utilizzo importante per parlare di qualcosa d’altro.  E compie il   prodigio di accordare il grande pubblico a una scrittura di alta qualità letteraria”.  Da esso verrà tratta un film nel 1968. Palumbieri si sofferma in ordine cronologico sulle sue opere successive, da Il consiglio d’Egitto (1963 “ispirato a fatti storici, la Sicilia del grande Settecento riformatore. Un intellettuale e un abate abile falsario sono i protagonisti che alla fine falliscono nel loro progetto” e da A ciascuno il suo (1966) in cui “Il professore siciliano Laurana indaga su un omicidio Anche qui il racconto è costruito con tutti gli ingredienti del vero giallo, ma Sciascia  problematizza il genere. Viene messa in discussione la figura dell’investigatore non è un supereroe, muore, come non succede in alcun giallo”, per arrivare ai libri della maturità ovvero a Todo modo (1974) “ambientato in un eremo, trasformato dall’enigmatico Don Gaetano in un hotel, in certi periodi dell’anno, ospita per ritiri spirituali persone di alta estrazione sociale, ministri, politici, direttori di banca. Due di loro vengono uccisi, l’assassino viene scoperto, ma non viene rivelato” passando per Il contesto (1971) “romanzo giallo in cui si parlava di un partito colluso col potere adombrato nel PCI” dal quale Francesco Rosi trasse il suo film Cadaveri eccellenti. Palumbieri rievoca infine gli ultimi due gialli scritti da Sciascia negli ultimi anni della sua vita, il secondo dei quali Una storia semplice (1991) “al fondo di due delitti ci sono commissario di polizia, parroco, capostazione, implicati nel traffico di droga e opere d’arte; i colpevoli scoperti, non vengono puniti”, verrà subito sceneggiato e trasposto in pellicola lo stesso anno da Emidio Greco.

Leonardo Sciascia

Racalmuto in provincia di Agrigento nel 1921 era ”un paese di zolfatari, di salinari, di contadini” – rammenta Leonardo Sciascia – che vi è nato l’8 gennaio di un secolo fa. Nel 1948 a 27 anni dedica un lungo saggio al conterraneo Vitaliano Brancati preso come modello. Il suo esordio letterario sono due libriccini del 1952 Favole del dittatore[1] e la raccolta di  poesie La Sicilia, il suo cuore[2].

Il successo clamoroso e inaspettato arriva con Il giorno della civetta, nel 1961[3] dove si mette in campo  Don Mariano Arena uomo d’onore, capo-mafia. È uno dei primissimi testi in un libro destinato a un ampio pubblico in cui compare la parola mafia, fenomeno criminale che non si poteva pronunciare nemmeno come parola. Il libro ha la struttura di un giallo, c’è crimine, investigatore – il capitano Bellodi di Parma – indagine, soluzione, colpevole assicurato alla giustizia. Questo genere non godeva di prestigio letterario, era un genere popolare ma Sciascia ne fa un utilizzo importante per parlare di qualcosa d’altro.  E compie il   prodigio di accordare il grande pubblico a una scrittura di alta qualità letteraria. E critica anche il  romanzo di grande successo del principe siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo[4], accusandolo di antistoricismo e raffinato qualunquismo. Entra nella collana dell’editore Einaudi e inizia una grande rapporto con Italo Calvino, Elio Vittorini già lo conosceva per averlo chiamato a scrivere alcuni saggi per la rivista La Galleria che Sciascia  dirigeva. Nel 1963 il suo secondo libro Il consiglio d’Egitto[5] è ispirato a fatti storici, la Sicilia del grande Settecento riformatore. Un intellettuale e un abate abile falsario sono i protagonisti che alla fine falliscono nel loro progetto. Sciascia non ha alcuna fiducia nei confronti del processo storico.                              

Nel 1966 è la volta di A ciascuno il suo[6].  Il professore siciliano Laurana indaga su un omicidio Anche qui il racconto è costruito con tutti gli ingredienti del vero giallo, ma Sciascia  problematizza il genere. Viene messa in discussione la figura dell’investigatore non è un supereroe, muore, come non succede in alcun giallo. Quella mancanza di soluzione, quell’irrazionalismo, quella deflagrazione della verità coincide con un recupero chiaro del pirandellismo, del relativismo pirandelliano. Osserva il critico letterario Massimo Onofri[7]. Non esiste una verità in sé e per sé dice Luigi Pirandello, che rispecchiava nelle proprie pagine l’irrazionalismo della società agrigentina. Sciascia scriverà un saggio Pirandello e il pirandellismo: Pirandello mio padre[8] ma si vuol liberare dal rapporto con un padre che significa liberarsi dall’irrazionalismo pirandelliano, liberarsi dall’opprimente società siciliana.

Sciascia sin dall’inizio non è solo uno scrittore è anche un intellettuale, entra nel dibattito sulle grandi questioni con un’intensa attività pubblicistica sul Corriere della Sera, e prima su L’Ora di Palermo di cui è direttore Mauro De Mauro, – fratello del grande linguista Tullio De Mauro –  sparito e forse finito in qualche colata di cemento. La chiave per capire meglio Sciascia  si trova nella raccolta  del 1969 La corda pazza[9] nel saggio Pirandello e la Sicilia[10] matura il concetto sciasciano Sicilia e sicilitudine, un modo di sentire  che si articola  in una serie di concetti: onore, cavalleria, familismo esagerato, fatalismo. Tutti elementi che troviamo nelle opere di grandi scrittori siciliani Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto. Uno scrittore  che mette la ragione alla base delle cose, grande attenzione  rivolge al  tema del potere, che in quanto tale è il male. Nel 1974 Todo modo[11] è ambientato in un eremo, trasformato dall’enigmatico Don Gaetano in un hotel, in certi periodi dell’anno, ospita per ritiri spirituali persone di alta estrazione sociale, ministri, politici, direttori di banca. Due di loro vengono uccisi , l’assassino viene scoperto, ma non viene rivelato.

Nel 1975 è consigliere comunale di Palermo col PCI, che lascia dopo il doloroso dibattito  nato da Il contesto[12] romanzo giallo in cui si parlava di un partito colluso col potere adombrato nel PCI. Quindi col Partito Radicale incarnato da Marco Pannella viene eletto in parlamento. “Sono andato a vedere da vicino come andavano le cose” dice Sciascia,  ma conclude  che “il potere è altrove”[13]. Comunque il suo impegno civile rimane alto come gli  interventi  su questioni  cruciali come nel libro del 1978 L’affaire Moro[14] in cui  si accusava  lo Stato nei suoi principali partiti DC e PC di avere immolato Aldo Moro sull’altare della ragion di stato. Proprio un paese che non aveva il senso dello stato, si appellava allo stato per non liberare un uomo in carne ed ossa. La posizione  gli costa la rottura con tanti amici comunisti.        

Ha fatto stampare il primo libro del grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino Diceria dell’untore[15] da cui il cinema ha tratto un film di successo come tanti dai romanzi di Sciascia. Così condividono l‘amore per il cinema che considerano mezzo insostituibile per scoprire la Sicilia e i suoi mali. Li unisce anche la ricerca appassionata per la cultura isolana e l’attaccamento alla propria terra.

Prima di perdere la lotta mortale con la malattia che lo ha colpito, Sciascia scrive ancora due gialli. Nel 1988 Il cavaliere e la morte[16] in cui, dopo aver scoperto nel colpevole del delitto, un membro di spicco della corrotta società siciliana, un commissario di polizia morirà per un colpo di pistola. Nel 1989 Una storia semplice[17] si svolge in un piccolo paese: al fondo di due delitti ci sono commissario di polizia, parroco, capostazione, implicati nel traffico di droga e opere d’arte; i colpevoli scoperti, non vengono puniti.

Attraverso le traduzioni Sciascia è approdato alla letteratura europea e mondiale, ma anziché farsi astrattamente internazionale, ha portato nel mondo la complessità sociale della società siciliana.


[1] Leonardo Sciascia, Favole della dittatura – Bardi Roma 1950, 38 p. Poi, insieme a La Sicilia, il suo cuore, Milano, Adelphi, 1977, 71 p. Quindi, con una nota di Pier Paolo Pasolini, Palermo Sellerio, 1981, 44 p. Infine poi in Opere. Volume terzo, 1984-1989, a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1991, XLV-1346 p.

[2] Leonardo Sciascia, La Sicilia, il suo cuore – Bardi, Roma 1952, 41 p. Seconda edizione: Omaggio a Leonardo Sciascia, Recalmuto – Palermo, Fondazione Leonardo Sciascia, Fondazione Giuseppe Whitaker, 1992, 171 p. Poi, insieme a Favole della dittatura, Milano, Adelphi, 1997, 71 p.  Infine in poi in Opere. Volume terzo, 1984-1989, op. cit. alla nota 1.

[3] Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta – Einaudi, Torino 1961, 120 p. Poi in Opere. Primo volume, 1956-1971 a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1987, LXX, 1382 p. Infine Milano, Adelphi, 1993, 137 p. 

[4] Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Prefazione di Giorgio Bassani, Milano Feltrinelli, 1958, 332 p.

[5] Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto, Torino,Einaudi, 1963, 185 p. Poi in Opere, 1956-1971, op. cit. alla nota 3. Infine Milano, Adelphi, 1989, 170 p.

[6] Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo, Torino, Einaudi, 1966, 109 p. Poi in Opere, 1956-1971, ibidem. Infine, Milano, Adelphi, 1988, 151 p.

[7] Massimo Onofri, Storia di Sciascia, Roma-Bari, Laterza, 1994, 294 p. Nuova edizione: Roma, Inschibboleth, 2021, 358 p.

[8]  Leonardo Sciascia, Pirandello e il pirandellismo. Con lettere inedite di Pirandello a Tilgher, Caltanissetta, Salvatore Sciascia, 1953, 99 p. Infine in Opere. Volume terzo, 1984-1989, ibidem

[9]  Leonardo Sciascia, La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Torino, Einaudi, 1970, 255 p. Poi in Opere, 1956-1971, ibidem. Infine Milano, Adelphi, 1991, 287 p.

[10] Leonardo Sciascia, Pirandello e la Sicilia, Caltanissetta, Salvatore Sciascia, 1961, 211 p. Poi Milano, Adelphi, 1996, 253 p. Infine in poi in Opere. Volume terzo, 1984-1989, ibidem

[11] Leonardo Sciascia, Todo modo, Torino, Einaudi, 1974, 124 p. Poi in Opere, 1956-1971, ibidem, Infine Milano, Adelphi, 1995, 121 p.

[12] Leonardo Sciascia, Il contesto. Una parodia, Torino, Einaudi, 1971, 122 p. Poi in Opere, Secondo volume 1971-1983. A cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1989, IL-1281 p. Infine Milano, Adelphi, 1994, 133 p.

[13] Citazione tratta dal documentario di Rai Play Sciascia, letteratura contro il potere, di Silvana Palumbieri, Roma, 2021.

[14] Leonardo Sciascia, L’ affaire Moro, Palermo, Sellerio, 1978, 183 p. Poi in Opere. Volume secondo, 1971-1983, op. cit. alla nota 12.

[15] Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore, Palermo, Sellerio, 1981, 196 p. Nuova edizione con un’intervista di Leonardo Sciascia, Milano, Bompiani, 1992, XVIII-188 p.

[16] Leonardo Sciascia, Il cavaliere e la morte. Sotie, Milano, Adelphi, 1988,  91 p. poi in Opere. Volume terzo, 1984-1989, ibidem.

[17] Leonardo Sciascia, Una storia semplice, Milano, Adelphi, 1989, 49 p. poi in Opere. Volume terzo, 1984-1989, ibidem.

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