Relazioni

Democrazia Futura. Francia-Italia: la difficile convivenza della comunità italiana d’oltralpe

di Alberto Toscano, giornalista e scrittore già Presidente dell’Associazione della stampa estera a Parigi |

Autore di un saggio recente su "Gli italiani che hanno fatto la Francia. Da Leonardo a Pierre Cardin", Toscano usa una chiave storica per chiarire subito che “molte delle tensioni franco-italiane hanno avuto origine nel Mediterraneo".

Alberto Toscano

Nella rubrica Italiani brava gente, lo scrittore e giornalista Alberto Toscano, già Presidente dell’Associazione della stampa estera a Parigi dove vive dalla metà degli anni Ottanta, affronta il rapporto Francia-Italia sotto l’angolatura de “La difficile convivenza della comunità italiana d’Oltralpe”, ovvero come recita l’occhiello “Oltre centocinquant’anni di relazioni complesse con la sorella ingrata”. Autore di un saggio recente su Gli italiani che hanno fatto la Francia. Da Leonardo a Pierre Cardin, Toscano usa una chiave storica per chiarire subito che “molte delle tensioni franco-italiane hanno avuto origine nel Mediterraneo. Questo mare – che è oggi un fondamentale banco di prova della volontà di collaborazione tra Roma e Parigi – evoca la drammaticità dei problemi legati ai più diversi fenomeni migratori, antichi e recenti. E’ significativo il fatto che alcune aspre polemiche franco-italiane del periodo 2018-2019 abbiano avuto un nesso proprio con l’argomento delle migrazioni, che si collega oggi a una sfida decisiva per le nostre relazioni bilaterali : lo sforzo comune per contribuire alla stabilità della Libia e dell’intera Africa nord-occidentale. Il Mediterraneo è stato e continuerà dunque a essere un elemento chiave nella costruzione di un’atmosfera di reale fiducia reciproca tra le «sorelle latine». L’articolo rievoca “Un secolo di immigrazione italiana nell’Esagono e nei territori sotto controllo francese in Nord Africa” soffermandosi su “il caso del Siciliano di Tunisi a fianco del generale Leclerc”, ricorda la “strage rimata impunita [di] Aigues-Mortes e l’ondata xenofoba anti-italiani accusati di “rubare il pane” ai francesi” sfociata ne “L’omicidio di Sadi Carnot per opera dell’immigrato Sante Caserio”, prima di concludere su “L’Affaire Dreyfus tra macchinazioni antisemite e confessioni estorte [a diplomatici omosessuali], denunciate dall’«italiano» Emile Zola”. “Questi sono solo esempi – conclude Toscano – per ricordare che – nei centosessant’anni d’unità politica della nostra Penisola – la Storia con la «s» maiuscola si è molto spesso intrecciata con quella dell’emigrazione italiana e in generale con la presenza degli italiani in Francia. Forse è arrivato il momento di insegnare le vicende del nostro passato alla luce di tutti i fattori che lo hanno generato e che possono contribuire a spiegarlo”.

Il Mediterraneo come elemento chiave nella costruzione di un’atmosfera reale di fiducia reciproca fra le sorelle latine

Sono passati centosessant’anni dalla proclamazione della nostra unità nazionale e in questo periodo molte delle tensioni franco-italiane hanno avuto origine nel Mediterraneo. Questo mare – che è oggi un fondamentale banco di prova della volontà di collaborazione tra Roma e Parigi – evoca la drammaticità dei problemi legati ai più diversi fenomeni migratori, antichi e recenti. E’ significativo il fatto che alcune aspre polemiche franco-italiane del periodo 2018-2019 abbiano avuto un nesso proprio con l’argomento delle migrazioni, che si collega oggi a una sfida decisiva per le nostre relazioni bilaterali : lo sforzo comune per contribuire alla stabilità della Libia e dell’intera Africa nord-occidentale. Il Mediterraneo è stato e continuerà dunque a essere un elemento chiave nella costruzione di un’atmosfera di reale fiducia reciproca tra le «sorelle latine».  

Un’occhiata al passato remoto ci ricorda tutto questo, facendoci riflettere al tempo stesso sull’epoca in cui ad emigrare eravamo noi italiani. Ci hanno insegnato a scuola che la cosiddetta « Questione tunisina » fu – all’inizio degli anni Ottanta del XIX secolo – alla base del raffreddamento dei rapporti bilaterali e della nuova collocazione strategica della politica italiana, con la nascita della Triplice Alleanza. Ci hanno parlato dello «schiaffo di Tunisi», inflitto da Parigi a Roma il 12 maggio1881, col «Trattato del Bardo». Ci hanno raccontato della nascita del protettorato francese in Tunisia, a scapito delle ambizioni espansionistiche italiane. Purtroppo la scuola non ha mai dato particolare importanza all’informazione e alla riflessione su un filone fondamentale della nostra storia nazionale : quello dell’emigrazione. Eppure i migranti italiani in Francia sono stati i primi a vivere sulla propria pelle il riflesso delle tensioni tra i governi dei due Paesi.

Un secolo di immigrazione italiana nell’Esagono e nei territori sotto controllo francese in Nordafrica: il caso del Siciliano di Tunisi a fianco del generale Leclerc

Tra gli anni Settanta dell’Ottocento e gli anni Settanta del Novecento, l’imponente migrazione italiana in Francia è avvenuta sia direttamente sia attraverso i territori dell’Africa mediterranea sottoposti al controllo di Parigi. In primo luogo proprio la Tunisia, dove la presenza italiana è stata a lungo numericamente superiore a quella francese. Lo era prima della Grande guerra e lo era ancora nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali. Nel 1926 venivano censiti in Tunisia 173.281 europei, di cui 89.216 italiani e 71.020 francesi. Gli italiani in Tunisia, soprattutto di origine siciliana e calabrese, erano circa centoventimila alla vigilia della Seconda Guerra mondiale e poco oltre ottantamila all’indomani di questo conflitto. Queste cifre dicono solo una parte della verità, visto che molti italiani trasferitisi in Tunisia e Algeria nei primi decenni del XX secolo hanno ottenuto la naturalizzazione francese e non vengono più conteggiati in base al loro passaporto d’origine. In effetti la naturalizzazione dei migranti italiani era molto più facile per coloro che si recavano nel Nord Africa sotto controllo francese che per quelli giunti sul territorio europeo della Francia.

A testimoniarlo ancor oggi c’è il « siciliano di Tunisi » Ange Catarinicchia, la cui famiglia ebbe con molta facilità la nazionalità francese negli anni Venti, in un momento in cui Parigi voleva consolidare la propria influenza di fronte a una popolazione araba del Nordafrica. Catarinicchia è poi divenuto un cittadino esemplare (1): si è arruolato nel 1943 nella Seconda Divisione blindata (2ème DB) del generale Philippe Leclerc, sbarcando in Normandia nell’estate 1944, partecipando alla liberazione di Parigi nell’agosto 1944 e concludendo la sua cavalcata liberatrice nel maggio 1945 alla residenza di Adolf Hitler in Baviera.

Una strage rimata impunita: Aigues-Mortes e l’ondata xenofoba anti-italiani accusati di “rubare i pane” ai francesi. L’omicidio di Sadi Carnot per opera dell’immigrato Sante Caserio

Sante Caserio

Altre storie di migranti italiani in Francia sono state molto meno felici. Nel giugno 1881, un mese dopo l’assunzione francese del controllo della Tunisia e nel contesto delle polemiche politiche tra i due governi, gli immigrati italiani a Marsiglia sono oggetto di una raffica di intimidazioni e di aggressioni. L’ondata xenofoba s’intreccia con l’accusa – rivolta agli immigrati italiani – di « rubare il pane » ai lavoratori francesi. Un’accusa talvolta generica e in altri casi riferita a specifiche situazioni e soprattutto alle condizioni salariali accettate (loro malgrado) dagli « stagionali » che giungono dal Piemonte al Midi per partecipare nei mesi estivi al durissimo lavoro nelle saline. Nell’agosto 1893 il riflesso delle polemiche politiche, l’ostilità xenofoba e le considerazioni d’ordine salariale diventano una miscela esplosiva alla base della « caccia all’immigrato italiano », che sconvolge la città di Aigues-Mortes, oggi nota per il turismo e allora per la produzione del sale. Il cosiddetto « pogrom degli italiani » fa un numero imprecisato di morti e di feriti tra gli immigrati stagionali, che vengono soprattutto dalle aree povere del Piemonte. Il bilancio ufficiale degli incidenti di Aigues-Mortes è di 9 morti e 15 feriti tra gli immigrati italiani, ma quello reale è probabilmente doppio e forse ancora maggiore.

Nessuno viene condannato per questi omicidi. Sono semmai i migranti a essere « colpevoli » della loro nazionalità italiana in un periodo in cui – inviperita dalla partecipazione di Roma alla Triplice alleanza con Berlino e Vienna – la stampa francese scrive frasi come : «I discendenti degli antichi Romani sono ora, contro di noi, i fedeli alleati di coloro da cui noi li abbiamo liberati». Lo stesso settimanale (Le Petit Journal Illustré) che pubblica queste parole a proposito dell’Italia nel numero del 27 giugno 1891, propone ai propri lettori il 13 gennaio 1895 la celeberrima tavola di copertina con la punizione del capitano Alfred Dreyfus, la cui spada viene pubblicamente spezzata nel cortile dell’Ecole militaire. Osservando con un po’ d’attenzione quello stesso numero del Petit Journal Illustré, ci si accorge che la tavola in ultima pagina (lo schema grafico di questo settimanale è lo stesso che verrà adottato qualche anno dopo dall’italiana Domenica del Corriere) riflette la copertina come in uno specchio in cui le parti s’invertono: all’immagine del « traditore » Alfred Dreyfus si contrappone quella di un ufficiale francese, commentata dalla didascalia «Il patriota, Il capitano [francese ndr] Romani mentre esce dal tribunale di Genova». La storia (dimenticata) del capitano Romani è appunto quella di un militare francese condannato per spionaggio a Genova e l’espediente grafico-propagandistico del popolarissimo settimanale rivelava la presenza nell’Affaire Dreyfus di una componente anti-italiana, oltre ovviamente a quella antisemita. Del resto il 1894, l’anno che si conclude con l’esplodere dell’Affaire Dreyfus, è caratterizzato in giugno dall’omicidio a Lione del presidente della Repubblica francese Sadi Carnot, accoltellato dall’immigrato italiano Sante Caserio.

L’Affaire Dreyfus tra macchinazioni antisemite e confessioni estorte [a diplomatici omosessuali]  denunciate dall’”italiano” Emile Zola

E’ in quel clima che le relazioni franco-italiane conoscono uno dei momenti più difficili della loro storia. Albert Billot, ambasciatore francese a Roma nel periodo 1890-97, descrive quel contesto nel suo libro La France et l’Italie. Histoire des années troubles 1881-1899 (2). Oltre scrivere quest’opera, uscita a Parigi nel 1905 e mai tradotta in italiano, Albert Billot ha collezionato documenti che attestano la pericolosità della tensione allora raggiunta dalle relazioni bilaterali franco-italiane.

Ma negli anni dell’Affaire Dreyfus, un diplomatico italiano e soprattutto il figlio di un migrante italiano contribuiscono a ristabilire la verità. Raniero Paulucci di Calboli è nel 1895 segretario all’Ambasciata italiana a Parigi, dove si rende conto delle macchinazioni antisemite dei vertici militari transalpini e delle «fake news» da questi orchestrate con iniziale successo. Il materiale storiografico raccolto dal diplomatico romano verrà stampato un secolo dopo in un volume delle Edizioni Lavoro, curato da Pierre Milza (3) e pubblicato grazie alle amministrazioni comunali di Roma, Parigi e Forlì, dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, del Ministero degli Esteri, dell’Ecole française de Rome, delle due Ambasciate, della Fondazione per i beni culturali ebraici e del quotidiano Il Corriere della Sera. Raniero Paulucci di Calboli riassumerà più tardi in questi termini la sua opinione sul capitano Dreyfus, maturata grazie alle informazioni dell’addetto militare italiano che era a sua volta in contatto con quello tedesco. Scrive Paolucci di Calboli : «La mia convinzione della completa innocenza del capitano Dreyfus l’ebbi dalla confidenza fattami, nel 1896, dal consigliere d’ambasciata Giorgio Polacco della confessione del colonnello [Maximilian von] Schwartzkoppen al collega [Alessandro] Panizzardi». Paolucci è a sua volta in contatto con Emile Zola, figlio dell’italiano Francesco Zola, che col suo J’accuse del gennaio 1898 cambia il corso dell’Affaire Dreyfus.

Questi sono solo esempi per ricordare che – nei 160 d’unità politica della nostra Penisola – la storia con la «s» maiuscola si è molto spesso intrecciata con quella dell’emigrazione italiana e in generale con la presenza degli italiani in Francia. Forse è arrivato il momento di insegnare le vicende del nostro passato alla luce di tutti i fattori che lo hanno generato e che possono contribuire a spiegarlo.

Note al testo

[1] Cfr. Alberto Toscano, Ti amo Francia. De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France, Paris, Armand Colin, 2019, 288 p.

(2) L’opera di Billot esce in due volumi : Paris, Plon, 1905, 489 e 464 p. Una ristampa anastatica è uscita nel 2019.

(3) Pierre Milza (a cura di), Dreyfus: l’affaire e la Parigi fin de siècle nelle carte di un diplomatico italiano, Roma, edizioni Lavoro, 1994, 249 p.