il commento

Con il nuovo Governo chi sarà il prossimo Ministro della Cultura? Impazza il toto-nomine

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Un vero segno di discontinuità da parte del nuovo Governo potrebbe essere rappresentato da un dicastero che finalmente metta in relazione la cultura, i media, e la società digitale.

Chi sarà il prossimo Ministro della Cultura?”: la domanda imperversa in tutti gli ambienti del sistema culturale italiano…

La svolta a destra c’è stata, ed è indubbia, con il successo di Fratelli d’Italia, che ha guidato un’alleanza che registra un notevole ridimensionamento della Lega. Non entriamo qui nel merito di una legge elettorale che ha determinato risultati per alcuni aspetti paradossali. Efficace il commento del Segretario del Partito Democratico Enrico Letta, che riconosce onestamente la sconfitta della coalizione di centro-sinistra: “un giorno triste”.

Il “toto-nomine” viene alimentato da coloro che conoscono le ambizioni di alcuni esponenti politici, ma si deve ricordare che storicamente il dicastero del Collegio Romano non è mai stato un target importante, nella formazione partitocratica degli esecutivi, almeno fino a quando Dario Franceschini non ha impresso una svolta ed ha affermato la sua centralità – anche economica – nel complesso delle politiche nazionali. Si deve senza dubbio all’ormai ex Ministro (il più longevo della storia della Repubblica per quanto riguarda le competenze in materia di cultura) l’aver elevato il dicastero dalla “serie B” alla “serie A”.

Ne deriva che si tratta di un ministero sul quale convergeranno nei prossimi giorni ambizioni e appetiti delle varie forze dell’alleanza di centrodestra: chi redige queste noterelle – ed ha seguito per conto di IsICult il monitoraggio dei programmi elettorali per “Key4biz” – ritiene che uno dei candidati più probabili sia oggettivamente Federico Mollicone, esponente di Fratelli d’Italia iperattivo nell’ambito della cultura, e vicino assai alla leader Giorgia Meloni. Ed è la stessa Meloni che, commentando l’esito delle elezioni, lo ha apostrofato come “Ministro”…

Abbiamo ragione di credere che Giorgia Meloni “rivendicherà” infatti per il proprio partito la guida di un dicastero così importante.

Altro possibile candidato “in quota” FdI è l’attuale Direttore del Tg2 Rai Gennaro Sangiuliano, di cui i più informati ricordano la sensibilità in materia, avendo tra l’altro introdotto nell’edizione di maggior ascolto del telegiornale della seconda rete la rubrica “Alla scoperta dei Musei d’Italia”, giunta nell’estate del 2022 alla terza edizione: la rubrica è nata proprio da un’idea del Direttore Sangiuliano e di Tommaso Ricci, ed è realizzata a cura della Redazione Cultura e Spettacolo (guidata da Adriano Monti-Buzzetti). Chiudeva l’edizione 20:30 del Tg2, presentando ogni sera una realtà museale eccellente, ma spesso non adeguatamente conosciuta o valorizzata… Si ricordi che nel maggio scorso, si scatenò una polemica su giornali, siti e “social” per la presenza del direttore di Tg2 sul palco della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano. Il caso si chiuse con un richiamo formale per Sangiuliano da parte di Viale Mazzini, perché il giornalista aveva disatteso l’impegno di partecipare all’evento del partito di Giorgia Meloni in qualità di moderatore, assumendo invece durante la kermesse un ruolo sostanzialmente politico. In quell’occasione il Direttore del Tg2 si dichiarò in effetti “pronto a sottoscrivere il programma di FdI” e finanche a… divenire Ministro di un possibile futuro esecutivo.

In ambito “extra-partitico”, sono papabili senza dubbio Andrea Abodi, Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo (Ics), che negli ultimi anni ha esteso il perimetro della banca pubblica dallo sport al mondo della cultura, con iniziative importanti, alcune delle quali recenti: dall’intesa con il gruppo Eagle Pictures ovvero Prima Tv di Tarak Ben Ammar (ne abbiamo dato ampio resoconto su queste colonne: vedi “Key4biz” del 27 aprile 2022, “L’Istituto per il Credito Sportivo (Ics) entra nel business del cinema sostenendo Eagle Pictures di Ben Ammar”), alle convenzioni – tra le varie – con la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca) del Ministero della Cultura (presentata in occasione del Festival del Cinema di Venezia) e, ancor più recentemente, con il Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo… Il curriculum di Andrea Abodi è senza dubbio quello di un tecnico molto qualificato, e potrebbe essere una scelta di alto profilo, anche per il suo carattere “no partisan”. E può vantare un rapporto di fiducia storica ed amicale con Giorgia Meloni.

Circola con insistenza anche il nome di Umberto Croppi, già Assessore alla Cultura con il Sindaco Alemanno ed attuale Presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma nonché di Federculture, in passato definito “uomo di destra che piace alla sinistra”.

Nell’edizione odierna, la qualificata newsletter “Artribune” diretta dall’eterodosso Massimiliano Tonelli, ipotizza la cooptazione da parte della futura Premier Giorgia Meloni di Vittorio Sgarbi, addirittura con un affidamento di due dicasteri, Ministero della Cultura e Ministero dell’Istruzione.

Le “quotazioni” di Lucia Borgonzoni, Sottosegretaria leghista alla Cultura, vengono date in calo, in considerazione del modesto successo ottenuto dalla Lega, che determinerebbe anche un imminente rischio di spodestamento di Matteo Salvini dalla guida del partito. La senatrice Borgonzoni può però vantare ormai una consolidata esperienza di governo, e quasi sicuramente le verrà assegnato, nel peggiore dei casi, un ruolo “sottosegretariale”. Alle ore 16 di oggi (orario di chiusura di quest’articolo in redazione), si dava peraltro per probabile, seppur non certa, la sua rielezione a Palazzo Madama: la Lega elegge infatti un senatore in Regione Emilia Romagna, e Lucia Borgonzoni dovrebbe avere la meglio sul modenese Stefano Corti, nonostante il miglior risultato (ma non sufficiente) della Lega a Modena rispetto alla Romagna.

Non è però dato sapere se, all’interno dei 4 ministeri che dovrebbero essere assegnati alla Lega, Salvini pretenderà anche la “cultura”: viene dato per certo che il Carroccio richiederà la conferma allo Sviluppo Economico di Giancarlo Giorgetti, di Erika Stefani alla Disabilità e di Massimo Garavaglia al Turismo…

Tra i nomi che circolano nel toto-nomine per il Collegio Romano, vanno registrati, oltre a quello di Vittorio Sgarbi (a questo punto come “tecnico”, dato che è stato sconfitto dal “dem” Pier Ferdinando Casini nel collegio di Bologna), quelli dei “tecnici” ovvero intellettuali “di area”, come Giordano Bruno Guerri (Presidente del Vittoriale di Gabriele D’Annunzio), Franco Cardini (storico e già membro del Cda Rai), Pietrangelo Buttafuoco (giornalista, saggista, conduttore televisivo)… Quest’ultimo, intervistato oggi da “la Repubblica”, ha commentato in modo efficace ed ironico: “è la generazione Tolkien che entra a Palazzo Chigi. È la rivincita di Coccia di Morto su Capalbio. È la ex babysitter che ce l’ha fatta, alla faccia di tutte le signorine della Roma bene. Giorgia trionfa non perché di destra o perché è capo di una comunità politica, ma perché è diventata terminale di un’aspettativa collettiva”.

Rispetto alla possibile nomina di Mollicone a Ministro della Cultura, c’è chi segnala che potrebbe incidere negativamente la polemica di cui si è reso protagonista, rispetto al “caso Peppa Pig” ovvero una sua controversa presa di posizione in materia dei diritti dei gay. Precisava venerdì scorso Federico Mollicone: “il Pd mi ha accusato di essere contrario alle coppie omosessuali, con un becero taglio su una risposta a una domanda durante una trasmissione televisiva”, rispondendo alle critiche del Pd per una sua frase, pronunciata durante un’intervista a Rtv (l’emittente televisiva di San Marino), a proposito delle coppie gay. Interrogato dai cronisti di San Marino circa la sua richiesta, in qualità di componente della Commissione di Vigilanza Rai, di eliminare un episodio di “Peppa Pig” in cui si raccontava di una famiglia arcobaleno con due mamme, Mollicone aveva risposto spiegando, tra l’altro, che “le coppie omosessuali in Italia non sono legali, non sono ammesse… Fin quando lo Stato italiano non ha normato queste coppie, presentarlo come un fatto normale è sbagliato, perché non lo è”, aveva osservato, puntando il dito soprattutto contro le adozioni di figli da parte di coppie omosessuali. A seguito delle polemiche (è stato accusato di essere intollerante, retrogrado e – ça va sans dire – “fascista”), il Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia ha precisato: “noi siamo per il mantenimento delle unioni civili, per il contrasto a ogni discriminazione e per il divieto di adozioni omogenitoriali”, il tutto “nell’interesse supremo del minore”. E, ancora: “il nostro programma è chiaro e cristallino: contrasto ad ogni forma di discriminazione, promozione e sostegno di percorsi di emancipazione dagli stereotipi culturali che vedono la donna in condizione di subalternità; tutelare la vita umana fin dal suo inizio; contrasto a ogni discriminazione basata sulle scelte sessuali e sentimentali delle persone, mantenimento della legge sulle unioni civili, ribadendo al contempo il divieto di adozioni omogenitoriali e la lotta ad ogni forma di maternità surrogata, nell’interesse supremo del minore”.

I 17 punti del programma di Fratelli d’Italia

L’agenzia stampa specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi) si domanda questa mattina “cosa succede ora per la cultura in Italia”, e segnala: “se il programma di coalizione è piuttosto schematico e generico, non si può dire lo stesso per quello di Fratelli d’Italia, che, con il suo responsabile di partito Federico Mollicone ha messo a punto un corposo insieme di obiettivi nel documento “Cultura e bellezza, il nostro Rinascimento”.

L’agenzia estrapola dal programma curato da Mollicone: “Si va dalla promozione della cultura italiana attraverso la valorizzazione dei beni culturali, artistici, storici, archeologici, etnoantropologici, archivistici e bibliografici alla tutela dei professionisti del settore culturale e delle realtà private che si occupano della gestione di beni pubblici o privati. Ma Fdi propone anche di sostenere ulteriormente la filiera dell’editoria e, in particolare, delle edicole con una revisione del Pnrr per includere negli aiuti anche il settore editoriale, a fronte del caro energia e del caro materiali. Come pure l’estensione dell’Art Bonus al settore privato (Istituti culturali, Fondazioni e imprese), ampliando lo spazio del credito fiscale oltre l’attuale 65 % e la costituzione di vere e proprie “zone economiche speciali” dell’industria creativa, aiutando lo sviluppo di un ecosistema culturale ad alta innovazione e sostenibilità attraverso bandi pubblici…”.

Abbiamo già dedicato attenzione su queste colonne da Fratelli d’Italia, ed abbiamo osservato che si tratta dell’unico programma elettorale in grado di “competere” contenutisticamente con il programma del Partito Democratico (vedi “Key4biz” del 20 settembre 2022, “Il programma cultura di Fratelli d’Italia e l’appello di ‘Cultura è futuro’: cultura alla deriva”). Al di là dei timori manifestati esageratamente dallo storico dell’arte Tomaso Montanari – che intravvede addirittura il fantasma del MinCulPop fascista – si tratta di un programma corposo e dettagliato.

Si rimanda a quanto pubblicato sul sito dedicato al programma di FdI, per ogni approfondimento ed il testo dettagliato del programma presentato da Federico Mollicone.

Qui di seguito, riproduciamo invece l’estratto del capitolo del programma generale del partito di Giorgia Meloni, ovvero il capitolo 13, intitolato “Cultura e bellezza, il nostro Rinascimento”:

Questa la premessa:

L’Italia è conosciuta e apprezzata nel mondo come la Nazione dell’arte e della cultura, come Patria del bello. È nostro dovere proteggere e valorizzare l’immenso patrimonio di cui siamo eredi. Dare sostegno e tutela alla cultura italiana, ai nostri artisti, ai nostri creatori d’immaginario significa proiettare nel futuro il nuovo Rinascimento italiano”.

Questo l’elenco degli obiettivi:

  1. Promozione della cultura italiana attraverso la valorizzazione dei beni culturali, artistici, storici, archeologici, etnoantropologici, archivistici e bibliografici.
  2. Tutela dei professionisti del settore culturale e delle realtà private che si occupano della gestione di beni pubblici o privati.
  3. Introduzione della detrazione fiscale dei consumi culturali individuali.
  4. Innovazione digitale per i beni culturali, così da renderli pienamente fruibili anche attraverso social e piattaforme multimediali.
  5. Valorizzazione e ampliamento del patrimonio Unesco anche come veicolo di promozione turistica.
  6. Sussidiarietà e nuovo rapporto pubblico-privato soprattutto per permettere l’apertura dei beni culturali oggi chiusi al pubblico.
  7. Riforma del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) e semplificazione della burocrazia relativa ai finanziamenti pubblici.
  8. Tutela dell’industria audiovisiva italiana e progetti di sviluppo per quella creativa digitale.
  9. Rilancio dell’ecosistema artistico italiano anche attraverso l’organizzazione di festival all’estero.
  10. Riqualificazione di periferie e borghi anche attraverso la street art e la valorizzazione dell’immenso patrimonio conservato in depositi e musei e attualmente non fruibile.
  11. Nuova centralità per l’industria della musica e il mondo dello spettacolo, del teatro e della danza.
  12. Tutela delle dimore storiche.
  13. Creazione di un nuovo immaginario italiano anche promuovendo, in particolare nelle scuole, la storia dei grandi d’Italia e le rievocazioni storiche.
  14. Valorizzazione del Giubileo 2025 e di Roma Capitale della Cristianità.
  15. Contrasto a cancel culture e iconoclastia che minacciano i simboli della nostra identità.
  16. Promozione dei piccoli Comuni e dell’Italia profonda ricca di eccellenze.
  17. Reintroduzione del 2 per mille per gli enti del Terzo settore che si occupano di cultura.

Il Meloni-pensiero sulla Rai, tratteggiato in un intervento del dicembre 2020

Nulla si segnala in materia di Rai, ma merita essere ricordato un intervento (ignorato dai più) a firma della leader Giorgia Meloni, sulle colonne dell’agenzia AgCult, che risale a due anni fa, in occasione della prospettata piattaforma del Ministero della Cultura (affidata a Chili e Cassa Depositi e Prestiti), la famigerata It’s Art (sulla quale, nella rubrica “ilprincipenudo”, abbiamo speso fiumi di inchiostro, più di ogni altro in Italia).

Scriveva allora Giorgia Meloni il 9 dicembre 2020: “nel decreto Rilancio il Mibact ha stanziato dieci milioni di euro per creare la cosiddetta ‘Netflix della cultura’, una piattaforma per vendere contenuti culturali in streaming e raggiungere due obiettivi: promuovere la produzione culturale italiana e raccogliere fondi per le imprese, le Istituzioni culturali e i lavoratori del settore, che sono in grande crisi a causa della chiusura di musei e teatri per l’emergenza Covid. Dare visibilità alle nostre eccellenze culturali è una priorità e abbiamo proposto fin dall’inizio che dovesse essere la Rai ad avere un ruolo da protagonista in questo progetto. Fratelli d’Italia lo ha formalizzato in una risoluzione presentata e approvata in Commissione Vigilanza Rai, con la quale abbiamo chiesto la costituzione di ‘RaiPlayPlus’, una piattaforma di contenuti capace di competere con i giganti del settore e in grado di sfruttare le grandi potenzialità del servizio pubblico: l’ottima funzionalità di RaiPlay, la straordinaria ricchezza dell’archivio Rai in termini di contenuti e materiale e la garanzia del servizio pubblico di poter dare la giusta visibilità a tutte le diverse forme artistiche”.

In sostanza, la leader di FdI chiedeva un coinvolgimento attivo della Rai nell’ambizioso progetto: tesi assolutamente condivisibile, come avemmo a scrivere più volte su queste colonne, ma sostanzialmente ignorata dal Ministro Dario Franceschini. Concludeva Meloni: “Purtroppo questa risoluzione è rimasta lettera morta e il ministro della Cultura Franceschini sta lavorando in un’altra direzione, che esclude la Rai e prevede la creazione di una nuova società pubblico-privata. Fratelli d’Italia ha presentato una nuova risoluzione per ribadire questa proposta: la Rai deve essere il vettore principale attorno al quale far nascere una piattaforma pubblica di condivisione dei contenuti culturali nazionali, e che abbia il compito istituzionale di sostenere la produzione e la promozione di contenuti televisivi e multimediali dedicati al teatro, alla danza, allo spettacolo dal vivo, allo spettacolo viaggiante, alla musica e ai concerti”. E qui Meloni tratteggia il suo pensiero in materia di Rai, in generale: “il servizio pubblico radiotelevisivo può e deve essere protagonista di questa grande sfida e ambire ad un ruolo di primo piano in un mercato estremamente importante, che ha avuto una grande crescita durante la pandemia e che sarà determinante per stabilire il futuro della cultura dell’intrattenimento. Il sistema Italia ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo di primo piano e sprecare le nostre potenzialità sarebbe un errore imperdonabile”.

Da segnalare che la risoluzione citata era stata fortemente voluta da Federico Mollicone, giustappunto (vedi sopra). Sull’argomento del fallimento del progetto It’s Art, si segnala l’intervista odierna di Luca Barbareschi a La7, che ha infierito sulla (a parer suo) “incompetenza di Franceschini”, simpatizzando per Mollicone appunto…

In attesa di conoscere la nuova geografica politica delle Commissioni Cultura di Camera e Senato

Si dovrà attendere ancora qualche ora per capire se rientreranno in Parlamento alcuni esponenti politici che sono stati attivi nell’ambito culturale nella passata legislatura, tra i quali citiamo Francesco Verducci e Paolo Lattanzio per i “dem” e Raffaele Bruno per il M5s e Daniela Sbrollini per Italia Viva

Certamente non rieletto il Presidente della Commissione Cultura del Senato (nella XVII legislatura) Andrea Marcucci, nonché Capogruppo del Partito Democratico al Senato della Repubblica dal 2018 al 2021, che ha commentato “per il centrosinistra, il peggior risultato di sempre”.

Eletta a Montecitorio la giornalista Ilaria Cavo di Noi Moderati (“in quota” di Italia al Centro di Toti, nel Collegio 02 Genova Municipio VII – Ponente), che lascia l’Assessorato alla Cultura (e formazione, istruzione, politiche giovanili e sociosanitarie) della Regione Liguria.

Rientra in Parlamento anche Anna Laura Orrico del Movimento 5 Stelle (eletta nel collegio uninominale Cosenza-Tirreno), che è stata Sottosegretaria ai Beni Culturali dal settembre 2019 al febbraio 2021, con il Governo Conte II (assieme alla “dem” Lorenza Bonaccorsi, che dall’ottobre 2021 è Presidente del Municipio I di Roma).

Si osservi che dei 147 eletti alla Camera con l’uninominale ben 121 sono del centrodestra, soltanto 12 alla coalizione di centrosinistra, 10 al Movimento Cinque Stelle, 2 al Südtiroler Volkspartei, 1 al movimento dell’ex sindaco di Messina Cateno de Luca e 1 al Valée D’Aoste…

Sarà interessante studiare quanto prima la “sociologia” del nuovo Parlamento.

Sarà interessante comprendere quindi l’identikit di chi andrà a comporre le nuove Commissioni Cultura di Camera e Senato.

Lo scenario suscita curiosità, e riteniamo si rivelerà – se si accantonano pregiudizi ideologici di sorta – meno deprimente di quello tratteggiato da uno studioso qualificato come Stefano Monti sulle colonne di “Formiche”, allorquando, qualche settimana fa, analizzando i vari programmi elettorali, sosteneva: “ciò che emerge dalla lettura dei vari programmi dedicati alla cultura è, in realtà, l’evidenza che ognuno dei programmi riflette una visione della cultura strumentale al proprio “elettorato” e, per questo, un po’ distante dalla realtà. Nessuno dei programmi riesce a inquadrare la cultura in tutte le dimensioni che essa rappresenta sul nostro territorio: accanto al ministero ci sono le imprese, che tuttavia non sono composte soltanto da imprese turistiche, ma coinvolgono numerosi altri settori (si veda al riguardo il comparto delle industrie culturali e creative). La potenza o meglio, la potenzialità della nostra cultura è proprio nel fatto che essa coinvolge, nei fatti, tutte le dimensioni della nostra società: l’imprenditoria, il benessere individuale e collettivo, la creazione di un sistema identitario forte, la creazione di comunità, la capacità di interpretare in modo circostanziato gli eventi e di avere un’opinione personale su ciò che si considera “giusto” o “sbagliato”, la possibilità di promuovere i consumi delle famiglie e dei turisti, la capacità di stimolare il dibattito, così come quella di stimolare lo sviluppo di abilità utili in tutti gli altri campi dell’agire civile”. E concludeva amaramente: “Chiunque vinca, insomma, la cultura ha già perso”.

Perché non istituire un Ministero della Cultura, dei Media, della Società Digitale?

Come abbiamo sostenuto in chiusura del nostro intervento su queste colonne venerdì scorso (vedi “Key4biz” del 23 settembre 2022, “Dossier IsICult sulla “cultura” nei programmi elettorali: deserto di idee e carenza di visione strategica”), un vero segnale di svolta e di discontinuità potrebbe essere rappresentato da una decisione coraggiosa: unire in un dicastero soltanto le competenze in materia di “cultura” e di “media”. Sostanzialmente, si dovrebbe trasferire dal Ministero dello Sviluppo Economico la giurisdizione che interviene nell’ambito della televisione e dei media: si tratta della Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica, di Radiodiffusione e Postali, guidata dal settembre dell’anno scorso dall’avvocato Francesco Soro

Si sente infatti l’esigenza, a livello di “policy” complessiva tra contenuti e reti, di una “regia unica” in materia di cultura e di media, considerando la convergenza determinata dallo sviluppo della società digitale.

Si ricordi anche che in Francia, il dicastero in qualche modo omologo al nostro è stato Ministero della Cultura e della Comunicazione fin dall’anno 1978. Nel corso dei decenni ha cambiato denominazione più volte, ma l’ambito dei media e delle industrie culturali è confermato dalle competenze della Direction Général des Médias et des Industries Culturelles (da cui l’acronimo DgMic). Va segnalato che questa direzione generale ha competenza anche in materia di regolazione delle piattaforme digitali.

Un qualche segnale in questa direzione di convergenza s’è concretizzato anche in Italia, se è vero che è stata assegnata dal Ministro Franceschini e dalla Sottosegretaria Borgonzoni alla Direzione Generale Creatività Contemporanea (Dgcc) del Mic (creata nel giugno del 2019) la competenza in materia di industrie culturali e creative, e la gestione dei relativi fondi del Pnrr (vedi “Key4biz” del 6 maggio 2022, “Pnrr, 155 milioni di euro per sostenere le ‘micro’ e ‘piccole imprese’ culturali e creative italiane”): in nuce, una direzione generale del Ministero che potrebbe essere la base di una Direzione per i Media

Nella “economia” delle competenze del Governo che verrà, riteniamo anche debba essere riaccorpata la materia “turismo”, che è stata scorporata, nel Governo Draghi, semplicemente per una esigenza di “ripartizione” partitica (ed affidata al leghista Massimo Garavaglia).

La decisione di creare un Ministero per la Cultura, per i Media e per la Società Digitale potrebbe costituire veramente un segnale innovativo per il Governo che verrà. Ma ci vuole pensiero strategico lungimirante e non poco coraggio politico.

Le “puntate” del dossier curato da IsICult per “Key4biz”, sul tema “cultura” nei programmi elettorali:

23 settembre 2022

22 settembre 2022

21 settembre 2022

20 settembre 2022

19 settembre 2022

16 settembre 2022

1° settembre 2022

12 agosto 2022