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AI solo per il 18% delle imprese UE. I ritardi del Decennio Digitale europeo tra reti e competenze

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Il Rapporto presentato dalla Commissione europea sullo Stato del Decennio Digitale 2030 (2030 Digital Decade) mostra luci e ombre sul percorso dell’Unione nella trasformazione digitale. I punti critici sono 5G, AI e la mancanza di professionisti ICT con skill avanzati.

Lo Stato del Digital Decade, troppi i ritardi accumulati su AI, reti di nuova generazione e competenze digitali

Nel 2020, l’Unione europea (Ue) ha tracciato un percorso ambizioso per il proprio futuro digitale. Incardinata nel Programma Politico del Decennio Digitale, questa visione si articola in obiettivi audaci da raggiungere entro il 2030: connettività universale, adozione diffusa dell’intelligenza artificiale, cybersicurezza rafforzata e una società digitale inclusiva. Ma come rivela il recente rapporto State of the Digital Decade 2025, siamo solo a metà strada — e i segnali di squilibrio sono evidenti.

Il documento mostra infatti che, nonostante alcuni progressi, l’implementazione delle infrastrutture di connettività, come la fibra ottica e le reti 5G stand-alone, è ancora in netto ritardo. Un numero sempre maggiore di aziende sta adottando l’intelligenza Artificiale (AI), il cloud e i big data, ma l’adozione deve accelerare.

Poco più della metà degli europei (55,6%) possiede un livello base di competenze digitali, mentre la disponibilità di specialisti ICT con competenze avanzate rimane bassa e con un netto divario di genere, ostacolando il progresso in settori chiave, come la sicurezza informatica e l’AI.

Nel 2024, l’UE ha compiuto progressi costanti nella digitalizzazione dei servizi pubblici essenziali, ma una parte sostanziale dell’infrastruttura digitale della pubblica amministrazione continua a dipendere da fornitori di servizi esterni all’UE.

Critica la situazione per chip, edge computing e 5G ad alta capacità

L’UE ha compiuto progressi significativi sul fronte delle infrastrutture digitali. Al 2025, la copertura 5G complessiva ha raggiunto il 94%, mentre la fibra fino ai locali (FTTP) si attesta al 69%. Tuttavia, questi numeri nascondono un divario importante: il 5G ad alta capacità (banda 3,4–3,8 GHz), fondamentale per applicazioni industriali e latenza minima, è fermo al 67,7%.

Ancora più urgente è la situazione nei semiconduttori e nel computing periferico (edge computing).

L’Europa ha raggiunto solo metà del traguardo per contribuire al 20% della produzione globale di chip e solo il 23% dell’obiettivo di installare 10.000 nodi edge è stato completato. In un mondo sempre più definito da dati in tempo reale e intelligenza distribuita, si tratta di una vulnerabilità strategica.

Il grande assente: l’intelligenza artificiale

Ma la rivelazione più allarmante riguarda la trasformazione digitale delle imprese. Se l’adozione del cloud e dell’analisi dati progredisce, l’adozione dell’IA si ferma appena al 18% delle aziende europee—lontanissima dal target del 75%.

Nello specifico, solo l’8% delle imprese italiane utilizza l’intelligenza artificiale, un dato significativamente inferiore rispetto alla Germania (20%) e anche rispetto a Francia e Spagna, durante il 2024. Questo indica una bassa intensità digitale nel settore produttivo italiano.

Non si tratta solo di un ritardo tecnologico: è una frattura competitiva. Mentre Stati Uniti e Cina avanzano nell’intelligenza artificiale generativa e nei sistemi autonomi, l’esitazione europea rischia di cristallizzare una dipendenza strutturale dall’esterno.

Le sfide e i colli di bottiglia della trasformazione digitale

Le ambizioni digitali dell’UE sono ostacolate anche da una grave carenza di competenze. Solo il 70% dei cittadini possiede competenze digitali di base e l’obiettivo di impiegare 20 milioni di specialisti ICT appare ancora lontano.

Questo deficit limita non solo l’innovazione, ma mina l’obiettivo centrale dell’UE di raggiungere una sovranità tecnologica. Senza capitale umano qualificato, la trasformazione digitale non è possibile.

I punti di forza non mancano: servizi pubblici digitali e fiducia dei cittadini

Uno degli ambiti più promettenti è la digitalizzazione dei servizi pubblici. I servizi per cittadini e imprese sono prossimi alla piena digitalizzazione (tra l’82% e l’86%), mentre l’eID (identità digitale) ha raggiunto l’89% degli Stati membri.

Inoltre, secondo Eurobarometro:

  • il 90% dei cittadini chiede maggiore protezione dei minori online.
  • l’85% vuole che le autorità pubbliche supportino le aziende digitali europee.
  • l’89% chiede maggiori investimenti in ricerca e tecnologie sicure.
  • il 75% ritiene che i servizi digitali migliorino la vita quotidiana.

Un mandato pubblico chiaro, che va sfruttato con coraggio politico.

La strategia UE va verso la giusta direzione?

Tra le iniziative già attuate:

  • Digital Markets Act e Digital Services Act: per mercati equi e sicurezza online.
  • AI Continent Action Plan: per valorizzare l’intelligenza artificiale a beneficio dell’economia e della società.
  • Strategia e Atto Quantistico: per posizionare l’UE come leader globale nel quantum computing.

In cantiere:

  • Cloud & AI Development Act: per espandere i data center a basso impatto ambientale.
  • Passaporto Digitale dei Prodotti ICT: per garantire trasparenza ambientale lungo tutta la filiera.

Il cambio di passo è evidente: da legislatore a costruttore di ecosistemi, l’UE mobilita oltre 288,6 miliardi di euro (di cui 205,1 miliardi da fondi pubblici) e promuove strumenti come il Business Wallet europeo e l’Unione per il Risparmio e gli Investimenti per attrarre capitale privato.

Le priorità per il 2025–2030

  1. Colmare il divario dell’innovazione: accelerare l’adozione dell’IA, specie nelle PMI, tramite incentivi, test bed regolamentati e semplificazioni normative.
  2. Investire nel capitale umano: alfabetizzazione digitale e formazione professionale devono essere priorità nazionali.
  3. Unificare il mercato: la frammentazione giuridica va superata con regole armonizzate per agevolare la scalabilità.
  4. Rendere sicura l’intera filiera tecnologica: semiconduttori, cloud, AI e cybersecurity devono essere pienamente europei.

Decisivi i prossimi cinque anni

Il rapporto State of the Digital Decade 2025 è al tempo stesso un campanello d’allarme e una bussola strategica. L’Europa ha posto basi solide—soprattutto nelle infrastrutture e nei servizi pubblici digitali—ma i ritardi in intelligenza artificiale, competenze e armonizzazione del mercato potrebbero compromettere l’intero disegno.

Per diventare una potenza digitale globale entro il 2030, l’UE deve ora puntare su esecuzione rapida, regolazione agile e un’attenzione costante all’innovazione. Il Decennio Digitale vuole definire il ruolo di leadership dell’Europa nel XXI secolo, ma la competizione è forte e i risultati al momento mancano di certezze.

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