Mario Frullone (FUB): ‘Convergenza fra Tv e smartphone più vicina con l’Lte’

di di Mario Frullone (Fondazione Ugo Bordoni) |

Mario Frullone, direttore ricerche della Fondazione Ugo Bordoni, commenta le prospettive di rilancio della Tv via reti cellulari, alla luce del trial su reti Lte avviato in Olanda da KPN.

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Mario Frullone

Il trial avviato da KPN in Olanda per la trasmissione di programmi Tv su reti mobili rappresenta una delle prime esperienze concrete di convergenza tra servizi broadband e broadcast applicate alle reti mobili Lte. Abbiamo chiesto a Mario Frullone, direttore ricerche della Fondazione Ugo Bordoni, di fare il punto sulle prospettive della mobile Tv via Lte, alla luce di esperimenti passati che si sono conclusi senza successo, come la tv via DVB-H. e sui modelli di business che potranno essere applicati in prospettiva anche In Italia.

 

DVB-H in Italia troppo dispendioso

In passato abbiamo già avuto modo di assistere a tentativi falliti di ‘portare la televisione sul telefono cellulare’. Penso alle aspettative disattese per il DVB-H o addirittura a clamorosi fallimenti, come nel caso dell’esperienza MediaFLO. L’insuccesso di queste esperienze è da ricondursi a cause diverse e concomitanti. Innanzitutto la possibilità di fruire in movimento di contenuti televisivi, non molto diversi da quelli offerti dalla Tv tradizionale e visibili su piccoli schermi in movimento, non ha mai davvero incontrato il favore degli utenti. Inoltre agli operatori erano richiesti ingenti investimenti per sviluppare una rete ad hoc parallela ed addizionale rispetto la rete mobile; anche immaginando di co-locare siti radiomobili con siti DVB-H, era comunque necessario dotarsi di apparati di rete aggiuntivi e dedicati.

 

Come conseguenza, anche gli utenti dovevano disporre di terminali ad hoc, dotati appunto di tecnologia dedicata. Agli investimenti per la rete, si aggiungono i costi per l’utilizzo delle frequenze – diverse da quelle radiomobili – e per i contenuti. L’esperienza italiana sul DVB-H ha lasciato l’eredità di alcuni numeri: Tim e Vodafone, ad esempio, corrispondevano a Mediaset 14 milioni di euro ogni anno solo per l’uso delle frequenze e della rete, cui si sommavano i circa 140 milioni di euro corrisposti, sempre da Tim, per i contenuti. E anche i numeri per 3 Italia erano analoghi.

 

Analizzare le ragioni degli insuccessi collezionati è senza dubbio necessario per capire se esiste lo spazio per elaborare modelli di business che possano rendere invece la convergenza tra servizi televisivi e radiomobili un business di successo. È, infatti, un dato di fatto che la progressiva convergenza tra broadband e broadcast, due mondi tradizionalmente distinti, ha avviato la graduale trasformazione dei servizi audiovisivi e delle modalità attraverso le quali questi vengono offerti e fruiti, compresa la possibilità di accedere a contenuti in mobilità attraverso una molteplicità di dispositivi.

 

Cosa c’è di diverso nella sperimentazione avviata da KPN

Sebbene non abbia del tutto reso noti alcuni aspetti tecnici che rimangono di interesse, KPN con la propria sperimentazione sembra spostare l’obiettivo sugli utenti piuttosto che sulla tecnologia, differenziandosi così anche dalle recenti sperimentazioni, condotte negli Stati Uniti e avviate anche in Europa, indirizzate soprattutto ad indagare le prestazioni e le potenzialità di varianti tecnologiche LTE specificamente sviluppate per la distribuzione di  contenuti audio e video, il cosiddetto LTE-MBMS. A mio avviso questa è una mossa indovinata.

 

Utilizzando LTE anziché una tecnologia dedicata, infatti, KPN rimuove nel proprio trial molte delle barriere di cui abbiamo già parlato. L’utente non ha più bisogno di un terminale con particolari funzionalità, ma può usare il proprio smartphone per accedere ai contenuti televisivi e, allo stesso modo, l’operatore radiomobile non è obbligato ad effettuare investimenti aggiuntivi per aprire la propria rete alla televisione. Ciò che rimane è così l’aspetto più importante per la definizione del modello di business, che si deve concretizzare in scelte indovinate circa i contenuti offerti e i comportamenti degli utenti.

 

Le indicazioni dal trial olandese

Un’indicazione immediata riguarderà la verifica su quanto la disponibilità attuale di schermi da prestazioni molto più elevate rispetto al passato e di dispositivi con schermi più ampi, inclusi i tablet, possa facilitare oggi la propensione degli utenti ad accedere a contenuti video on-the-move. Ma l’interrogativo più interessante resta quello su quali tipi di servizi (servizi interattivi, catch-up video, video on demand ecc.) interessino agli utenti per la fruizione in mobilità.

 

Oggi, rispetto ai tempi dell’esperienza del DVB-H, anche gli utenti italiani hanno una maggiore familiarità con offerte che rendono disponibili contenuti video su dispositivi mobili come le offerte commerciali SkyGO di Sky o Infinity di Mediaset, o anche i contenuti video della RAI. Sebbene in questi casi si parli di scelte tecnologiche ben differenti da quelle alla base della sperimentazione olandese su LTE, queste esperienze multipiattaforma possono fornire indicazioni molto utili sui comportamenti degli utenti e sul tipo di domanda per questi servizi.

 

Il modello più convincente ad oggi sembra essere quello di proporre offerte integrate multipiattaforma orientate più sulla disponibilità di contenuti premium che in chiaro, comprensivi di servizi aggiuntivi basati anche sull’interattività.

 

In realtà KPN sembra distinguersi anche su questo, visto che da quanto reso noto si desume che all’utente non sia offerto un servizio on-demand, ma piuttosto contenuti broadcast messi a disposizione dai provider individuati, i quali, a loro volta, più che fornitori di contenuti sembrano rivestire il ruolo di partner dell’offerta.

 

La sperimentazione di KPN potrà quindi aiutare a chiarire la validità dell’opinione oggi più diffusa, secondo la quale le connessioni mobili siano, per loro natura, adatte a fornire particolari famiglie di servizi, come i servizi  interattivi, on-demand e contenuti di nicchia. Questa opinione è mutuata in considerazione del fatto che in molti casi, e soprattutto in mobilità, la bit rate disponibile all’utente non consente di fruire di contenuti con elevata qualità, soprattutto su schermi più grandi. La capacità delle tecnologie 4G di fornire connessioni ad elevata capacità e garantire migliore qualità del servizio apre tuttavia a potenzialità non ancora del tutto investigate, che devono invece essere conosciute per comprendere se LTE sarà in grado di guidare il successo della televisione sulle reti cellulari.