#ddaonline, Marco Orofino: ‘Argomentazioni non convincenti sulle competenze all’Agcom’

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L’unica norma attributiva di potere regolamentare all’Agcom è il decreto Romani che autorizza ad adottare un regolamento su servizi di media audiovisivi.

Italia


Marco Orofino

Riportiamo di seguito la sintesi dell’intervento di Marco Orofino, Ricercatore di diritto costituzionale  – Università di Milano, al Convegno “Libertà fondamentali sul web. Il Regolamento Agcom sul diritto d’autore” che si è tenuto alla Camera il 22 novembre scorso.

 

Sull’esistenza della riserva di legge

L’articolo 21 Cost. contiene due riserve di legge a tutela della libertà di manifestazione del pensiero: una riserva assoluta e rinforzata per contenuto per il sequestro della stampa, ex comma 3, ed un’altra, anch’essa assoluta per ogni mezzo di comunicazione, a tutela del buon costume, sulla base dell’ultimo comma, che testualmente prevede che “la legge  stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e reprimere le violazioni”.

Il buon costume è l’unico limite esplicitamente citato, ma la Corte costituzionale ha individuato tutta una serie di limiti cd. impliciti alla libertà di manifestazione del pensiero. Tali limiti derivano da altri diritti fondamentali tutelati nella Carta, quali ad esempio la reputazione, l’onore, l’identità personale, la riservatezza, l’identità personale, oppure da interessi costituzionalmente rilevanti, quali, ad esempio il buon andamento della giustizia, l’ordine pubblico materiale, la tutela dei segreti.

Anche il diritto d’autore è considerato un limite implicito e, può dunque legittimamente essere oggetto di bilanciamento con la libertà di manifestazione del pensiero. Occorre ricordare in proposito che nel diritto di autore confluiscono due posizioni giuridiche autonome: la protezione della paternità dell’opera e il diritto di sfruttamento commerciale della medesima.

Il bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e i diritti e interessi costituzionali concorrenti deve avvenire sempre attraverso la legge.

Questo per due ragioni: in primo luogo, sulla base di un argomento interpretativo sistematico perché la Costituzione italiana richiede sempre che per i diritti inviolabili, tra cui rientra certamente la libertà di manifestazione del pensiero, debba essere il legislatore a definire ogni restrizione; in secondo luogo,  perché il bilanciamento tra i diritti fondamentali è un compito essenzialmente politico e, quindi, per tale ragione deve spettare al legislatore.

 

Sulla natura della riserva di legge

Sulla questione se, nel caso di specie, la riserva sia da intendersi come assoluta o relativa si può tentare, non senza alcune difficoltà, di operare una distinzione.

Non c’è infatti dubbio che oggi Internet abbia cessato di essere solo un mezzo di comunicazione per divenire uno strumento essenziale sia per il compimento di attività che in alcuni casi non hanno alcuno scopo comunicativo o informativo sia per attività in cui la comunicazione è solo strumentale rispetto ad altre attività.

Se, infatti, non c’è alcun dubbio che, ad esempio, un blog sia essenzialmente un mezzo per diffondere il pensiero o per informare e quindi debba essere protetto dalla riserva di legge assoluta iscritta nell’art. 21 Cost.; per contro, invece, si può dubitare che lo scopo comunicativo o informativo sia prevalente in chi mette a disposizione contenuti altrui, senza alcun controllo editoriale, e svolge magari questa attività con scopo di lucro.

In questi casi occorre collocare il fornitore di servizi-imprenditore a cavallo tra l’art. 21 e l’art. 41 fermo restando che, de iure condendo, dovrebbe essere il legislatore a specificare i criteri distintivi si può ritenere che nel secondo caso la riserva di legge sia solo relativa.

In questo senso, e con i limiti su citati, si può ritenere legittimo per queste attività anche un intervento di natura regolamentare. Occorre, però, dire con estrema chiarezza che la delega del potere regolamentare, in una materie coperta da riserva di legge, ancorché solo relativa, è legittimo solo con l’individuazione di una cornice legislativa (ricavabile anche, ad avviso di chi scrive, dal diritto europeo) che detti i principi e le linee guida del successivo intervento regolamentare.

 

Sulla questione dell’eccesso di delega

Prescindendo dalla precedenti argomentazioni, che sono tuttavia largamente assorbenti, occorre comunque affrontare la questione dell’eccesso di delega. Per comprendere la questione occorre ricordare che l’unica norma espressamente attributiva di potere regolamentare all’Agcom è il cd. decreto Romani che nel disciplinare il nuovo art. 32 bis del d.lgs. 77/2005 ha autorizzato l’Agcom ad adottare un regolamento su un ambito oggettivo ben preciso: quello dei servizi di media audiovisivi.

Lo schema di Regolamento va ben oltre questa previsione occupandosi anche di gestori e fornitori di servizi della società dell’informazione.

L’argomento utilizzato per cui esisterebbe una competenza implicita sulla base dei poteri amministrativi di vigilanza di cui l’Agcom dispone sulla base della legge sul diritto d’autore (legge 633/2000 c.m.) e sulla base della legge sulla responsabilità dei provider (d.lgs. n. 70 del 2003) non appare convincente.

Questo essenzialmente per due ragioni. In primo luogo perché la legge sul diritto d’autore definisce, ex art. 181 bis, commi 2 e 3, solo due attività rientranti nella nozione di vigilanza: un potere ispettivo e un potere di segnalazione di eventuali illeciti all’Autorità giudiziaria. In secondo luogo perché il d.lgs. n. 70 del 2003, che pure conferisce all’autorità amministrativa un potere di ordinanza non tipizza, in alcun modo, il contenuto né prevede che l’Agcom possa intervenire ad adottare norme di natura regolamentare.

 

Sulla riserva di giurisdizione

La questione è in questo caso assai complessa.

Occorre, infatti, dire che l’art. 21 Cost. prevede espressamente la riserva di giurisdizione solo per la libertà di stampa.

L’ultimo comma dell’art. 21, come già detto riferito a tutti gli altri mezzi di diffusione del pensiero, non richiede che le restrizioni a tutela del buon costume siano imposte esclusivamente dal giudice. Tra l’altro va detto che il nostro ordinamento conosce, e ha conosciuto, casi in cui la legge ha affidato tale controllo a strutture amministrative.

Tuttavia va ripetuto che i limiti impliciti traggono la loro forza da diritti fondamentali o da interessi costituzionalmente rilevanti. Il che li distingue in modo significativo dalla tutela del buon costume.

La dottrina ad oggi prevalente (anche se non mancano autorevoli voci contrarie) ritiene che il bilanciamento concreto tra due diritti fondamentali spetti sempre al giudice, anche in assenza di un’esplicita previsione costituzionale.

Se si accetta la distinzione proposta nella questione sub b) tra attività aventi prevalente scopo informativo e attività aventi prevalente scopo d’impresa allora si può anche affermare che solo per le prime sia sempre richiesto l’intervento del giudice, mentre per le secondo sia ammissibile, a certe condizioni che devono essere comunque stabilite dalla legge, un intervento in via amministrativa.

 

Sul nuovo procedimento di notice and take down

Lo schema di regolamento nella sua ultima versione del 25 luglio 2013 prevede che, qualora la violazione del diritto d’autore sia realizzata da un servizio di media audiovisivo attraverso la programmazione o il catalogo, il titolare del diritto possa adire direttamente l’Agcom senza passare attraverso la procedura di notice and take down. Procedura che, invece, rimane obbligatoria quando la violazione avviene su un sito o attraverso un servizio della società dell’informazione.

La scelta di escludere il ricorso a tale procedura nel caso dei servizi audio media può sollevare talune criticità rispetto alla disciplina comunitaria contenuta nella direttiva 21/2002 (c.m. dal Telecom Package).

Tale disciplina prevede, ex art. 1, par. 3 bis, che per “qualunque provvedimento … riguardante l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica … deve essere garantita una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate, fatta salva la necessità di presupposti e regimi procedurali appropriati in casi di urgenza debitamente accertata”.

Il venir meno della fase preliminare, scarica dunque sul procedimento dinnanzi all’Autorità l’onere di rispettare la prescrizione comunitaria. Occorre, quindi, valutare con attenzione che esso garantisca in modo sufficiente il diritto della persona o delle persone interessate, in particolare nei casi in cui si adotta la procedura d’urgenza.

 

Sulla mancata previsione del diritto dell’uploader di ricorrere all’Agcom

Lo schema di Regolamento non prevede, come invece nella precedente versione, la possibilità che sia l’uploader ad adire l’Agcom quando in esito alla procedure di notice and take down, il gestore del sito decida per la rimozione del contenuto caricato.

Questa previsione era invece interessante e meriterebbe di essere considerata in senso ampio qualora il legislatore, come si auspica decidesse di intervenire. Il tema non riguarda solo il diritto d’autore ma si iscrive nel più ampio tema della memoria in rete e del diritto “ad essere ricordati” come protezione da ingiustificate cancellazioni o oscuramenti che alterino l’identità digitale del soggetto.

Inoltre, più pragmaticamente, la previsione che l’uploader potesse contestare la cancellazione poteva riequilibrare una situazione in cui il gestore del sito può essere ovviamente portato a cancellare il contenuto per evitare l’inizio di un procedimento innanzi all’AGCOM anche qualora non ritenga ricorrere una effettiva violazione del diritto d’autore oppure sia opponibile una causa di esclusione.

 

Sulle azioni inibitorie previste dallo Schema di Regolamento Agcom

Infine, un ultimo punto che può essere affrontato è quello delle azioni inibitorie previste dallo Schema qui oggetto di analisi.

Esso prevede l’ordine di rimozione selettiva e l’ordine di rendere irraggiungibile il sito. Questa seconda opzione, che non era prevista nella prima versione dello Schema di regolamento, suscita alcune rilevanti perplessità. Tralasciando quelle di carattere tecnico concernenti l’efficacia di tali provvedimenti, occorre infatti riflettere che un provvedimento di tale tipo può condurre ad un oscuramento sia di contenuti illegittimi sia di contenuti invece del tutto legittimi.

Lo Schema di regolamento correttamente parla di proporzionalità e fa riferimento ad una gradazione degli strumenti a seconda che del tipo di violazione, della frequenza e del suo carattere “massivo”.

Tuttavia, va detto che la valutazione è rimessa all’Agcom senza che sia predeterminato alcun criterio che possa aiutare a distinguere a priori una situazione dall’altra.

Occorre, da un lato, tener presente che la Corte dei diritti dell’uomo ha più volte stabilito che la sanzione debba essere “predictable”, e, da un altro lato, che l’ordine di rendere un sito inaccessibile è già stato oggetto di scrutinio piuttosto severo nella decisione della Corte EDU Yldirim v. Turkey.