Il quadro

Agcom, ricavi aziende Tlc in calo dell’8,1% dal 2018 al 2022

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Persi 2,5 miliardi di ricavi nel settore Tlc fra il 2018 e il 2022. Continua il calo dei livelli occupazionali, in calo di 6.100 addetti nello stesso periodo.

I ricavi complessivi delle principali aziende che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche (nella presente analisi ne sono incluse 50) si sono ridotti, nel periodo 2018-2022, dell’8,1%, passando da 30,9 miliardi di euro nel 2018 ai 28,4 miliardi di euro nel 2022. E’ quanto emerge dal “Focus Bilanci 2018-2022” dell’Agcom.

Volume affari operatori

L’andamento dei ricavi, per classe di ampiezza, evidenzia che gli operatori che nel 2022 hanno avuto un volume di affari maggiore di 500 milioni di euro, registrano riduzioni sia su base annua (-2,2%), che nell’intero periodo 2018-2022 (-11,2%), quelli compresi tra 100 e 500 milioni, corrispondentemente, vedono crescere gli introiti del 3,4% rispetto al 2021 del 28,1% nel confronto con il 2018. Le imprese con fatturato inferiore ai 100 milioni di euro(35 nel campione analizzato), che rappresentano nel 2022 il 2,8% dei ricavi del settore, mostrano un considerevole dinamismo. Ciò può essere ricondotto anche alla specificità dei loro modelli di business, spesso incentrati sull’offerta di servizi integrati e caratterizzati da una maggiore «vicinanza» al cliente, essendo in buona parte operatori su base regionale o provinciale.

Nel 2022, il volume di affari complessivo di questa categoria di imprese ha sfiorato gli 800 milioni di euro, mostrando una crescita del 9,5% su base annua e del 37,2% rispetto al 2018.

Rete mobile

A inizio periodo, gli introiti complessivi da rete mobile erano stimabili nel 47,3% del totale, mentre nel 2022 questi sono stimabili nel 43,1%. Ciò testimonia come, nel comparto mobile, sia presente un’elevata pressione competitiva, mentre la crescita della componente fissa (dal 52,7% al 56,9%) è dovuta principalmente dall’incremento dei servizi broadband e ultrabroadband offerti da una crescente pluralità di soggetti.

Tra il 2018 ed il 2020 il margine lordo del settore tende a migliorare, passando dal 34,5% al 36,5% dei ricavi. Il valore di TIM nel triennio risulta costantemente superiore rispetto a quello delle altre imprese. Nei due successivi esercizi, 2021 e 2022, gli effetti della crisi pandemica e la pressione competitiva del settore fanno registrare, rispetto al 2020, una flessione del margine lordo complessivo di oltre 12 punti percentuali (24,3% nel 2022); la diminuzione è dovuta prevalentemente ai risultati di TIM, che nello stesso anno registra un ebitda pari al 17,2% dei ricavi, contro il 29,6% ottenuto in media dagli altri operatori.

Il margine operativo netto (Ebit) del comparto ha nel 2022 un valore complessivamente negativo per circa 900 milioni, pari al -3,2% degli introiti. TIM e le altre imprese risultano in negativo rispettivamente per 650 milioni di euro (-5,4% dei ricavi) e 250 milioni di euro (-1,5% dei ricavi).  Si sottolinea che le politiche aziendali, in tema di determinazione degli ammortamenti o di eventuali svalutazioni di cespiti, incidono ovviamente sulla valorizzazione dell’Ebit.

In tutto il periodo considerato (2018-2022), imprese considerate del settore delle comunicazioni elettroniche hanno registrato, a fronte di oltre 146 miliardi di euro di ricavi, un margine netto aggregato valutabile in circa 5,3 miliardi di euro (3,6% degli introiti), mentre il risultato di esercizio aggregato è negativo per oltre 3,2 miliardi di euro.

Investimenti

Tali dati sembrano testimoniare sia gli effetti della pressione competitiva sui prezzi, sia la natura fortemente “capital intensive” del settore, con flussi di investimenti (infrastrutture fisiche e asset immateriali) che nel periodo esaminato sono stati pari a circa 42 miliardi di euro, somma superiore del 12% a quella corrispondentemente generata dai flussi di cassa derivanti dall’attività operativa (38 miliardi di euro).

A fine 2022, gli addetti diretti nel settore sono circa 58.800, con una riduzione nell’ultimo anno considerato di circa 1.400 unità. La tendenza alla riduzione degli addetti è in atto da tempo (nel 2018 gli organici del comparto erano circa 64.900); tale flessione è dovuta in prevalenza ai processi di riorganizzazione aziendale che hanno interessato, nel periodo considerato, alcuni tra i principali operatori storici (Tim, Vodafone, Wind Tre, Tiscali-Linkem), che nel complesso hanno visto ridurre i livelli occupazionali per oltre 8.600 addetti.

Allo stesso tempo si osserva come la progressiva infrastrutturazione e la crescita degli operatori che più di recente sono entrati sul mercato, sia nel segmento retail sia in quello wholesale, hanno attenuato tale tendenza.

Va, infatti, sottolineato come Iliad e Open Fiber abbiano complessivamente superato a fine 2022 i 2.200 addetti (erano poco più di 1.000 nel 2018), Eolo e Fastweb nello stesso periodo hanno incrementato l’organico rispettivamente di circa 260 e 530 unità, mentre gli altri operatori di piccole e medie dimensioni (oltre 40) hanno aumentato i livelli occupazionali di circa 560 addetti.