Pubblicità, preoccupazione dell’Agcom: con le web company si rischia strozzatura del mercato

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L’Autorità, nella sua indagine conoscitiva sulla pubblicità, ribadisce la necessità di ‘un’attenta azione di monitoraggio finalizzata a scongiurare la chiusura di un mercato così innovativo e dinamico’.

Italia


Angelo Cardani

Il mercato pubblicitario italiano, nonostante la crescita di internet, resta in forte crisi. E’ quanto emerge dall’indagine conoscitiva sulla raccolta pubblicitaria realizzata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che rileva una forte contrazione delle entrate per via della crisi economica iniziata nel 2008 ed effetti distorsivi del sistema che si ripercuotono negativamente sui prezzi a causa della concentrazione riscontrata in tutti i settori analizzati. La televisione resta ancora il medium preferito dagli inserzionisti mentre si registra il drammatico calo della carta stampata da tempo ormai in grossa difficoltà.

Bene internet che nel 2006 ha superato la radio e dal 2011 è diventato il secondo mezzo in Italia, superando quotidiani e periodici.

 

Per l’Agcom, la rete ha un fatturato ancora inferiore a quello della televisione e stampa, ma la sua rilevanza è crescente come comparto pubblicitario. Anche per questo settore, però, l’Autorità riscontra una forte concentrazione.

La pubblicità su questo nuovo mezzo di comunicazione, pur in un periodo di stagnazione, sta crescendo a ritmi vorticosi. Solo nell’ultimo anno il fatturato pubblicitario su internet è cresciuto di oltre il 40%.

 

Per quanto riguarda le risorse economiche, la pubblicità rappresenta ancora la principale fonte di ricavo per chi opera su internet, considerato che la maggior parte dei servizi e prodotti sono fruibili gratuitamente da parte degli utenti. Si sta tuttavia assistendo a un parziale cambiamento nel modello economico di internet, dove si stanno diffondendo modelli premium, ossia di finanziamento, almeno parziale, attraverso forme di pagamento diretto, in alcuni casi trainate da una parte di contenuti gratuiti.

 

Il settore editoriale, il primo interessato dalla rivoluzione digitale, ha evidenziato alcune trasformazioni, in parte comuni a livello mondiale, ma con sensibili differenze da un paese all’altro, anche se si denota in ogni caso uno spostamento del baricentro informativo e dei ricavi verso il mondo digitale.

 

Negli ultimi anni, negli Stati Uniti, il Paese che per primo ha avvertito la crisi, si è assistito d una perdita di centralità del quotidiano come centro della rete di relazioni sociali, che si stanno spostando sulle comunità virtuali, come ampiamente descritto dalle recenti analisi del Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism. Nello spazio digitale, le organizzazioni che producono le notizie si rivolgono sempre più spesso a reti di affiliazione per vendere i loro annunci. Dipendono da aggregatori (come Google) e social network (come Facebook) per raggiungere una parte consistente del loro pubblico. E, diventando il consumo di notizie sempre più mobile, devono seguire le regole dei produttori di dispositivi (come Apple) o degli sviluppatori di software per fornire loro il contenuto (ogni nuova piattaforma richiede spesso un nuovo programma software). Ai nuovi operatori digitali non solo spetta una parte dei ricavi ma, ancora più importante, spesso sono loro a detenere e controllare i dati degli utenti.

 

Dal 2005 al 2009 la quota del web nel mercato pubblicitario è salita dall’1,6% al 9,3%. Negli Usa, tre anni fa, il settore valeva già il 13,7%, mentre nel Regno Unito addirittura il 26,7%. La televisione mantiene la leadership, quasi ovunque, pur perdendo terreno, così come i quotidiani. In Italia il piccolo schermo raccoglieva il 49,5% degli introiti complessivi nel 2005, contro il 46% del 2009. I quotidiani sono passati invece dal 19,9% del 2005 al 17,2% del 2009. Leader incontrastato del mercato resta Fininvest con una quota del 36% nel 2010, davanti alla Rai con il 13,8%, RCS Mediagroup (5,1%), Gruppo l’Espresso (4,9%).

 

Quinto operatore è Google che ha ormai superato News Corporation, Telecom Italia e Confindustria/Il sole 24 ore. Alla luce dei dati, l’Autorità spiega che “restano distorsioni nel funzionamento del sistema pubblicitario” e “il recente sviluppo dei servizi di media auditing, attività nata appunto per alleviare gli effetti di tali fallimenti di mercato, non appare in grado, di per sé, di riportare il sistema verso un esito efficiente di mercato“.

 

Facebook è attiva nella raccolta pubblicitaria di tipo display, che offre sia ad “impression” sia a “performance”, direttamente agli inserzionisti o tramite intermediari. La modalità di vendita delle inserzioni è tramite aste, che consentono di indirizzare ‘inserzionista ad uno  specifico target di riferimento.

A livello globale, nel 2010, il gruppo ha realizzato un fatturato complessivo di 1.489 milioni di euro derivante per il 95% dalla pubblicità online, realizzando una crescita molto rilevante rispetto al periodo precedente (pari al 145%). Il gruppo è attivo in Italia mediante la controllata Facebook Srl, attraverso il quale ha realizzato un fatturato in pubblicità online nel territorio nazionale per svariati milioni di euro (la cifra esatta è coperta da omissis).

 

Google offre numerosi servizi e applicazioni sulla rete internet utilizzabili gratuitamente dagli utenti. Il gruppo è presente in Italia attraverso la società Google Italia Srl che rappresenta il primo operatore nazionale nel versante degli utenti – con il proprio motore di ricerca, le mappe, Google News, i video di YouTube, ecc.) – ma è anche attivo con un’articolata gamma sul versante pubblicitario. L’offerta pubblicitaria è composta da vari sistemi di vendita automatica (AdWords, AdSense for Search service, AdSense for Content service) di inserzioni sui propri siti e su siti di terzi.

In particolare, attraverso il programma AdWords, Google fornisce spazi pubblicitari on line agli inserzionisti, mentre attraverso il programma AdSense, Google offre agli editori (ad esempio, i proprietari di siti web) la possibilità di interagire con gli inserzionisti.

 

Da un punto di vista di differenziazione verticale, Google ha diversificato le proprie attività sia per consolidare la posizione del proprio sistema di ricerca, sia per accedere ad altri mercati e consolidare la propria posizione come concessionaria di pubblicità on line. Per potenziare la capacità del proprio motore di ricerca, Google ha sviluppato il progetto di “Google Books” e altri servizi specializzati (ricerche verticali) come “Google News“, “Google Maps” (arricchita dallo sviluppo di “Google Street View”), “Google Shopping” (per la comparazione dei prezzi). Inoltre, offre servizi analoghi a quelli delle directories con l’indicazione dei contatti e l’opzione di vedere su Google Maps la localizzazione di servizi commerciali e professionali.

 

Google, inoltre, ha acquistato un sistema operativo per dispositivi mobili (Android) e una piattaforma per inserzioni pubblicitarie su cellulari (AdMob). Infine, Google ha acquisito un sistema di gestione pubblicitaria e relativi servizi (DoubleClick) ed è entrata nel mercato dei browser con Google Chrome. Da un punto di vista economico, Google ha realizzato nel 2010 a livello mondiale un fatturato complessivo superiore a 29 miliardi di dollari, di cui la maggior parte derivanti dai ricavi della attività di raccolta pubblicitaria online. Con riferimento al settore pubblicitario in Italia, nel 2010, la società ha realizzato un fatturato derivante dalla pubblicità nazionale su internet pari a diversi milioni di euro (anche in questo caso la cifra esatta è coperta da omissis).

 

Nonostante l’estrema varietà e polverizzazione di internet, il mercato pubblicitario online è connotato da una elevata e strutturale concentrazione. Lo scorso decennio è stato caratterizzato dall’affermazione dei motori di ricerca, con la leadership prima di Yahoo!, scalzata poi da Google (partito nel 1997 e leader di mercato già nel 2004), che è attualmente l’operatore dotato di maggior potere di mercato nel web, tanto che in Italia ha assunto una posizione di leadership nel versante pubblicitario di internet. L’attuale decennio appare indissolubilmente legato all’affermazione dei social network.

Facebook, nato nel 2004, quattro anni dopo era già il quindicesimo operatore per audience in Italia; sei mesi dopo (a gennaio 2009) aveva già scalato nove posizioni, ed era al sesto. Oggi Facebook è il secondo operatore (dopo Google) per utenti unici e, di gran lunga, la società con maggior tempo medio speso per utente.

 

L’Agcom sottolinea che i modelli economici sottostanti i servizi su internet si estendono dai modelli completamenti gratuiti, finanziati del tutto o parzialmente attraverso la pubblicità, fino ai servizi completamente a pagamento.

La raccolta pubblicitaria rappresenta comunque la maggior risorsa finanziaria, soprattutto dei siti di notizie che più producono effetti sul pluralismo dell’informazione. In questo senso, averte l’Autorità, “il mercato della pubblicità online assume una rilevanza strategica non solo per gli assetti concorrenziali del web, ma anche per la tutela del pluralismo. Eventuali strozzature concorrenziali nella raccolta pubblicitaria online determinerebbero effetti negativi sia sulla natura stessa, aperta e competitiva, di internet sia sulle informazioni e notizie a disposizione di cittadini e utenti”.

 

Negli ultimi anni, sono numerosi gli interventi delle Autorità antitrust, anche in Italia, volti a scongiurare gli effetti di condotte anticoncorrenziali operate da soggetti dotati di notevole forza di mercato (Google in particolare, ma anche Apple in mercati collegati, quali i libri elettronici e la musica online).

 

“Occorre pertanto – conclude l’Agcom – attuare un’attenta azione di monitoraggio finalizzata a scongiurare la chiusura di un mercato così innovativo e dinamico”. (r.n.)

 

Per maggiori informazioni:

Indagine conoscitiva dell’Agcom sulla raccolta pubblicitaria