WCIT-12: DigitalEurope difende il modello aperto e multi-stakeholder di internet e ‘apre’ agli accordi commerciali

di Alessandra Talarico |

Investimenti e competizione dovrebbero essere le parole chiave nella revisione degli ITRs, che sarà un’importante occasione – secondo DigitalEurope - per rendere espliciti ‘i principi basilari che hanno trasformato l’industria negli ultimi due decenni’.

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La posizione di aziende e governi europei in vista della prossima conferenza mondiale sulle telecomunicazioni (WCIT-12) di Dubai si delineerà la prossima settimana nel corso di un meeting a Copenhagen organizzato dalla European Conference of Postal and Telecommunications Administrations (CEPT).

Per la prima volta dal 1988, l’ITU si appresta a rivedere le regole internazionali sulle telecomunicazioni (ITRs) e in attesa di questo appuntamento il dibattito tra le due sponde dell’Atlantico è serrato e sembra essersi cristallizzato su posizioni contrapposte, tra chi preme in favore dello status quo sostenendo che ‘Internet non si tocca’ (sostanzialmente gli Usa) e chi invece vorrebbe rivedere alcuni principi per consentire accordi commerciali volti a garantire un equo compenso ai player che mantengono quelle infrastrutture vitali per la sopravvivenza stessa della rete (gli operatori tlc europei).

 

In gioco, dicono questi ultimi, c’è il futuro stesso di internet perchè, restando così le cose – con le web company americane che rastrellano la gran parte dei profitti legati ai servizi che circolano sulla rete – le telco finiranno per non avere più i soldi per investire nell’ammodernamento delle infrastrutture.

Gli operatori europei, riuniti in ETNO, chiedono in sostanza di poter sottoscrivere accordi commerciali con gli over-the-top, ma non tanto per modificare internet come lo conosciamo oggi, né i servizi che vengono offerti sulla rete, quanto per fare in modo che questi vengano offerti sulla base della ‘quality of service’ (QoS, qualità del servizio) e non come avviene oggi sul ‘best effort’.

 

Nel dibattito si inserisce anche l’associazione DigitalEurope, che nel documento presentato all’ITU in vista del WCIT-12 sottolinea che “qualsiasi revisione delle ITRs dovrebbe basarsi sui successi conseguiti negli ultimi 24 anni e introdurre il concetto di ‘concorrenza’, non incluso nelle ITRs del 1988”.

“…Abbiamo imparato, soprattutto grazie all’esplosione della telefonia mobile, che la competizione tra servizi, tecnologie e aziende è essenziale per fornire valore e guidare la diffusione”, sottolinea l’associazione che rappresenta l’industria del settore Telecomunicazioni, Informatica ed Elettronica di Consumo in Europa, secondo la quale sarebbe altrettanto importante, che “le ITRs includessero la promozione negli Stati membri di ITU degli investimenti nelle infrastrutture a banda larga”.

A giudizio di DigitalEurope, “principi di governance aperti, trasparenti e multi-stakeholder e un atteggiamento regolamentare pro-concorrenza abbiano fin qui servito bene Internet e suoi utenti“.

 

La revisione delle ITRs dovrebbe essere piuttosto un’opportunità per rendere espliciti “i principi basilari che hanno trasformato l’industria negli ultimi due decenni, ossia la promozione della liberalizzazione con l’introduzione della competizione diretta da autorità di regolamentazione indipendenti; il focus sulla leadership del settore privato e la possibilità di avvalersi di accordi market-based sui servizi di telecomunicazioni”.

 

Un punto, quest’ultimo, che converge perfettamente con la posizione degli operatori tlc riuniti in ETNO (questa la loro posizione trasmessa all’ITU in vista del WCIT-12). Ha spiegato infatti il presidente del board dell’associazione, Luigi Gambardella, che l’introduzione di accordi commerciali non intaccherebbe la cosiddetta net neutrality né implicherebbe l’ingerenza dei governi nella gestione della rete, semmai il contrario: facendo sì che i player del mercato possano negoziare accordi che vadano oltre il best effort, nessun governo potrà intervenire e chiedere ulteriori regole che impediscano agli operatori di differenziare il traffico sulla base della qualità.

In questo modo, spiega, “un fornitore di servizio, anche europeo, che vuole vendere un film potrà stipulare un accordo commerciale con l’operatore di rete per far sì che il film abbia una qualità del servizio e una certa velocità”. In questo modo,  il service provider “potrà avere un ricavo supplementare che oggi non può avere a causa delle limitazioni della rete e del best effort, che a volte non garantiscono la qualità”, mentre il consumatore “ha qualcosa che a oggi ancora nessuno gli ha offerto”. E anche gli operatori, sui quali ricade la responsabilità di garantire le prestazioni della rete, potranno ottenere il giusto compenso per il servizio offerto.

 

Da DigitalEurope, infine, pollice verso riguardo le proposte che mirano a estendere i poteri dell’ITU alla governance di internet (meglio le attuali organizzazioni multi-stakeholder, l’ITU non avrebbe l’esperienza e le strutture adeguate); l’adozione di nuovi standard, che aggiungerebbero soltanto costi e complicazioni burocratiche; verso le proposte di modifica all’interconnessione IP, che risulterebbe in nuovi costi per gli utenti finali, e infine anche riguardo la possibilità di affidare all’ITU la supervisione delle questione legate alla cyber sicurezza: un trattato internazionale non sarebbe lo strumento adatto, secondo DigitalEurope, per affrontare questioni così critiche.