Internet: l’Icann vara la ‘rivoluzione’ dei domini. Suffissi personalizzati e in tutte le lingue

di Alessandra Talarico |

Partirà dal prossimo 12 gennaio e permetterà agli utenti di scegliere il nome che preferiscono per l'estensione del loro sito con suffissi come .love, .sport, .god entreranno in competizione col 'fidato' .com.

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Partirà dal prossimo 12 gennaio quella che in molti hanno già battezzato la ‘rivoluzione’ dei domini internet, che permetterà agli internauti e alle aziende di scegliere il nome che preferiscono per l’estensione del loro sito (nuovi suffissi come .microsoft, .coke, .love, .sport, .god entreranno in competizione col ‘fidato’ .com) e dovrebbe servire a rendere internet più intuitivo.

 

I nomi di dominio potranno terminare con qualunque parola (quasi) e potranno essere in qualsiasi lingua. Un processo durato sei anni e giunto a conclusione col voto positivo dell’ICANN venerdì a Singapore.

“L’Icann – ha spiegato il presidente Rod Beckstrom ha aperto il sistema di indirizzamento alle illimitate possibilità dell’immaginazione umana. Nessuno può prevedere dove ci porterà questa storica decisione”.

Attualmente, i nomi di dominio di primo livello (gTLDs) sono 22: i primi sette nomi di dominio originari – .com, .edu, .gov, .int, .mil, .net e.org – vennero creati nel 1980. Solo nel 2000, poi, l’ICANN rimise mano alla lista per aggiungere sette nuovi gTLD: .aero, .biz, .coop, .info, .museum, .name e .pro. Nel 2005, è stata la volta di un’altra tornata di gTLD e sono così nati, tra gli altri, .mobi, .cat, .asia.
A questi si aggiungono i circa 250 domini  ‘country-level’ come .it. .de o .fr.

 

Sono in molti, tuttavia, ad aver espresso dubbi sui nuovi gTLD, innanzitutto per il fatto che molti suffissi potrebbero creare contrasti tra i vari aventi diritto dando vita a nuovi abusi della proprietà intellettuale: cosa si farà quando una comunità rivendicherà l’uso della stessa estensione, come .musulmani? Chi avrà diritto a utilizzare l’estensione .amazon, la nota web company o il Brasile? C’è inoltre chi pone interrogativi per l’estensione, ad esempio, dei nomi delle città: prendiamo ad esempio la città di Fiuggi, che corrisponde anche a un noto marchio commerciale, o – andando oltre i confini – la città di Orange o di Evian. A chi verrà assegnata l’estensione, al marchio commerciale o alla municipalità?

Per evitare dissidi, in questi casi l’Icann ha previsto la messa all’asta del suffisso conteso.

Alcuni domini, come ad esempio, .science, si prevede possano arrivare a valere molto, anche svariati milioni di dollari, scatenando grandi interessi economici, di cui – questo è certo – beneficerà l’ICANN, che incassa una percentuale su ogni nome di dominio registrato. L’ente, in effetti, riceve una commissione su ogni estensione venduta nel mondo attraverso altre società: un’attività che rappresenta il 95% del fatturato dell’organizzazione che, ricordiamo, è non-profit.
Per proteggere ulteriormente le imprese da usi illeciti delle nuove estensioni personalizzate – ci potrebbe essere, per esempio, qualche furbetto che decide di acquistare il dominio . gooogle o .microsfot – l’ICANN ha inoltre fissato anche un ‘filtro’ economico: depositare una candidatura costerà infatti 185 mila dollari. Una somma che corrisponde al ‘trattamento amministrativo’ dei dossier presentati al vaglio dell’associazione.

L’Icann, dopo sette anni di negoziazione, di recente ha anche dato il via libera al dominio .xxx, per i siti porno, alla fine di quello che è stato definito un ‘combattimento epico’ tra i partigiani e gli oppositori al ‘quartiere a luci rosse’ virtuale e dopo quello che sembrava un addio definitivo, nel 2007, a causa delle proteste non solo di varie associazioni religiose, ma anche della stessa industria del porno, che teme di essere ghettizzata.

Una decisione contro cui si è schierata la Commissione europea: il commissario Neelie Kroes ha anche scritto al Segretario Usa al Commercio Gary Locke sottolineando che l’introduzione del dominio .xxx potrebbe avere conseguenze inattese, spingendo i governi a bloccare intere porzioni di internet per fermare i siti porno.
“Sono preoccupata – ha scritto la Kroes – del fatto che alcune questioni di politica pubblica – che riguardano da vicino il benessere economico e sociale dei cittadini europei – non siano state tenute in debita considerazione dal board dell’Icann”.