Net economy: in Italia il ‘fattore internet’ vale 32 mld di euro

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Stefano Maruzzi (Country Director di Google per l'Italia): 'Necessario trasformare in realtà il grande potenziale identificato per l'economia del Paese'.

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Cresce l’Internet economy italiana, che nel 2010 ha generato un valore pari a 31,6 miliardi di euro. Lo rivela uno studio commissionato da Google a The Boston Consulting Group (BCG), secondo il quale la cifra, equivalente al 2% del PIL nazionale, è in crescita del 10% rispetto ai 28,8 miliardi di euro del 2009.

L’indagine analizza non solo l’impatto diretto di Internet sull’economia italiana, ma anche gli impatti indiretti e il potenziale di crescita entro il 2015.

“Google – ha dichiarato a Key4biz Stefano Maruzzi, Country Director di Google per l’Italia – è assolutamente convinto del potenziale positivo che Internet ha dal punto di vista economico. Non potrebbe essere diversamente, visto che ce lo raccontano ogni giorno le migliaia di imprese che usano i nostri servizi per fare business e avere successo”.

“Tuttavia – ha aggiunto – non esisteva nessuno studio che definisse in termini economici il ‘fattore internet’, ecco perché lo abbiamo commissionato a Boston Consulting Group. Ora ci auguriamo che si riesca a trasformare in realtà il grande potenziale che BCG ha identificato per l’economia del nostro paese e naturalmente siamo pronti a svolgere la nostra parte.”

Dall’indagine emerge che, calcolando anche il valore dell’eProcurement della Pubblica Amministrazione (7 miliardi di euro nel 2010) e il valore delle merci cercate online e poi acquistate offline (ROPO: Research Online Purchase Offline, pari a 17 miliardi di euro nel 2010), il totale dell’impatto diretto e indiretto di Internet sull’economia italiana raggiunge i 56 miliardi di euro nel 2010.

Da qui al 2015, sostiene BCG, l’Internet economy italiana dovrebbe crescere tra il 13% e il 18% e rappresentare tra il 3,3% e il 4,3% del PIL.

“Secondo uno scenario conservativo, che considera una crescita della penetrazione di Internet e della propensione all’e-commerce in linea con il passato, l’Internet economy varrà 59 miliardi di euro nel 2015. Secondo uno scenario che considera le peculiarità del nostro paese e prevede un forte sviluppo del mobile commerce, l’Internet economy potrà raggiungere i 77 miliardi di euro”, sottolinea la società.

Per ogni euro di crescita del PIL Italiano da qui al 2015, in media 15 centesimi saranno riconducibili all’espansione dell’Internet economy (12% o 18% a seconda dello scenario).

Enormi potenzialità BCG le scorge in ambito aziendale, spiegando che le PMI che usano attivamente Internet crescono più in fretta, raggiungono una clientela più internazionale, assumono più persone e sono più produttive rispetto alle aziende che non sfruttano ancora appieno il potenziale del web o che non sono nemmeno online.

Le piccole e medie imprese online-attive (che usano cioè la rete a supporto del marketing o per la vendita) hanno registrato una crescita media dell’1,2% dei ricavi negli ultimi tre anni, rispetto ad un calo del 2,4% di quelle online-passive (che hanno solo un sito Web tipo vetrina) e del 4,5% di quelle offline (senza nemmeno un sito Web). Inoltre, le PMI online-attive hanno registrato un’incidenza di vendite all’estero del 15% rispetto all’8% delle online-passive e al 4% delle offline. Il 65% delle PMI online-attive ha inoltre affermato di aver ottenuto vantaggi di produttività grazie a Internet, rispetto al 28% delle online-passive e al 25% delle offline. Infine, Internet ha portato a un incremento del personale per il 34% delle aziende online-attive.

Secondo lo studio di BCG, un ruolo significativo per l’ulteriore sviluppo della Internet Economy all’italiana può essere giocato dai dispositivi mobili quali smartphone e tablet. L’Italia è leader in Europa per numero di smartphone: li possiedono 15 milioni di persone e 10 milioni li usano per navigare. Il 3% dei possessori di smartphone già utilizza il proprio telefonino per effettuare acquisti online (un dato in linea con i paesi europei maggiormente sviluppati quali Svezia e UK e superiore a Germania, Olanda e Francia) e il 10% dichiara che intende utilizzarlo in futuro (un dato in arrivato a livello europeo; anche Svezia e UK si fermano al 5%). (a.t.)