Hi-tech: le conseguenze del sisma sull’industria giapponese. Aumenteranno i prezzi dei componenti

di Alessandra Talarico |

In corso i primi interventi di urgenza per riparare i cavi sottomarini, ma la ricostruzione - anche di strade e ferrovie e reti elettriche - prenderà dei mesi, con un forte impatto sulla produzione e le esportazioni.

Mondo


Terremoto in Giappone

Nonostante l’entità del sisma che ha colpito il Giappone, la rete internet ha subito poche ripercussioni, almeno al di fuori delle zone direttamente colpite dallo tsunami. Secondo i dati di Google le connessioni al motore di ricerca provenienti dal Giappone sono rimaste relativamente stabili e il livello di traffico è risalito 24 ore dopo il sisma.

Nelle zone più direttamente colpite dalla doppia catastrofe del terremoto e dello tsunami, le connessioni sono crollate non perchè l’infrastruttura abbia ceduto, ma perchè i mezzi per connettersi (Pc, reti elettriche), sono stati distrutti. I cavi sottomarini che collegano l’arcipelago a internet – una rete costruita proprio per continuare a funzionare in caso di catastrofe – sono stati danneggiati, ma l’entità dei danni è ancora sconosciuta.

Internet è stato strutturalmente concepito per resistere alle catastrofi: l’antenato del web – la rete militare Arpanet – è stato realizzato dall’esercito americano nel pieno della guerra fredda proprio come sistema di comunicazione decentralizzato capace di resistere a un attacco nucleare. La rete internet è dunque basata su ‘nodi’ di comunicazione che fanno circolare l’informazione e se un percorso è bloccato, la rete fa transitare i dati da un’altra parte. In caso di attacco nucleare su uno dei nodi, esiste un sistema che permette di conservare il contatto con il resto della rete.

 

Diversi casi hanno dimostrato tuttavia che la solidità di internet non è infallibile: nel 2006, un sisma di magnitudo 7 al largo di Taiwan ha danneggiato gravemente diversi cavi sottomarini e fortemente compromesso l’accesso alla rete. Nel caso del terremoto che ha colpito Haiti lo scorso anno, le conseguenze sull’accesso alla rete sono state doppie: il paese è infatti rimasto connesso perchè la maggior parte dei punti di scambio dei dati erano situati al di fuori delle grandi città più colpite dal sisma, ma molti siti haitiani erano inaccessibili perchè i loro host erano stato toccati dalla catastrofe. La distruzione delle reti elettriche ha dunque compromesso l’accesso a una rete che comunque era funzionante, ma alla quale era impossibile connettersi senza corrente.

In linea generale, in caso di grave catastrofe, la resistenza della rete dipende da diversi fattori: “bisogna verificare se la catastrofe ha toccato direttamente infrastrutture chiave come i cavi sottomarini, i punti di connessione dei cavi a terra o ancora le strutture degli host o dei fornitori di accesso. La diversità delle risorse di rete e il mantenimento di un accesso locale è ugualmente un punto molto importante”, ha spiegato al Le Monde Anya Chambers, di ISOC (Internet Society).

 

Dopo il terremoto, il cui epicentro si è situato vicino al punto di passaggio dei cavi sottomarini, diversi operatori della regione hanno segnalato il parziale danneggiamento dei cavi, nessuno dei quali è stato tuttavia tagliato interamente. Attualmente sono in corso le riparazioni, ma potrebbe volerci parecchio tempo prima di rimettere definitivamente in sesto la rete in fibra ottica sottomarina alla luce delle difficoltà a condurre questo tipo di operazioni in mare aperto.

 

Oltre alle problematiche legate alla rete internet, l’industria elettronica – da sempre uno dei fiori all’occhiello dell’economia giapponese – comincia ora la conta dei danni. Lo scorso anno, le aziende giapponesi hanno fornito il 14% della produzione mondiale di Pc e di prodotti di elettronica consumer e il 14% degli schermi LCD. Il Giappone contribuisce quindi al 31% della produzione mondiale di console giochi, al 16% della produzione di televisori, all’11% della produzione mondiale di cellulari.

Immediate quindi le conseguenze della catastrofe sui prezzi dei componenti elettronici: il Giappone fornisce infatti il 13,6% delle memorie DRAM e il 37,5% delle memorie NAND flash, di cui, quindi si rischia una seria penuria. Le scorte potrebbero esaurirsi nel giro di due settimane e la produzione sarà fortemente rallentata dal perdurante razionamento dell’energia elettrica, mentre le esportazioni saranno complicate dalla distruzione delle reti ferroviarie e portuali, la cui ricostruzione richiederà mesi di lavoro. Secondo la società iSuppli, i prezzi delle DRAM sono già aumentati del 7% e quello delle memorie Flash sono aumentati mediamente del 10%, con picchi del 20%.

 

Riguardo la situazione delle singole società, Sony – il maggiore produttore ed esportatore di elettronica di consumo, ha interrotto la produzione in 8 stabilimenti (due dei quali situati nei pressi di Fukushima) specializzati nei dischi Blu-ray, nei semiconduttori, nelle batterie al litio e nei prodotti ottici. Il centro R&S di Sendai è stato gravemente danneggiato e altri hanno sospeso la produzione in ragione della mancanza di elettricità. La società ha fatto sapere che devolverà 2,6 milioni di euro per la ricostruzione e donerà 30 mila radio per agevolare i soccorsi.

Panasonic ha bloccato la produzione di apparecchi fotografici e ottici a Fukushima, ha registrato forti danni allo stabilimento di Sendai e gli stabilimenti della Sanyo, che fa parte del gruppo, hanno sospeso le attività a causa della mancanza di corrente. Anche Panasonic ha annunciato la donazione di 2,6 milioni di euro, più di 4 mila lampade Led, 10 mila radio e diverse migliaia di torce e batterie.

 

Sharp ha chiuso lo stabilimento di schermi Led a Sakai e ha annunciato donazioni per circa 900 mila euro, mentre Casio ha registrato danni importanti al sito di Yamagata.

Canon ha chiuso tre impianti (lenti, componenti per schermi Lcd e stampanti) e altri 5 siti. Due hanno subito seri danni a Utsunomiya e Fukushima. Nikon ha subito danni a 5 impianti e ad altri siti di produzione, mentre Toshiba ha fermato la produzione in un impianto di produzione di semiconduttori.

Fujitsu ha chiuso 10 siti di produzione e Hitachi ha registrato danni in 6 unità di produzione.