NGN. Franco Bassanini: ‘Spazio per una sola rete, ma non in tempi biblici’

di Alessandra Talarico |

Italia


Franco Bassanini

Il presidente della CdP ha sottolineato la necessità di interventi rapidi per creare un vantaggio competitivo per l’Italia e sull’idea di una newco ha osservato che ‘esistono altre soluzioni e altre possibili architetture finanziarie e industriali. Non sarebbe utile concentrarsi su una sola’.

 

In Italia, non c’è spazio per due reti NGN. Il concetto, già detto e ribadito nel corso degli ultimi mesi, è stato ripetuto stamani anche dal  presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini che, a margine della cerimonia del ventennale dell’Antitrust, ha sottolineato che “…tutte le analisi più accreditate spiegano che in Italia, dove non c’è traffico dati legato alla Tv via cavo, non ci sono le condizioni di sicurezza e sufficiente redditività per più reti in concorrenza”.

 

Il presidente della CdP ha più volte espresso la volontà dell’ente di partecipare all’importante progetto infrastrutturale,  ma a condizione che ci sia un progetto con un ragionevole ritorno degli investimenti di lungo periodo. Questa mattina, quindi, Bassanini ha rinnovato l’appello a superare le divergenze e ad accelerare con un progetto che apporti benefici al sistema-Paese: “dovremmo creare un vantaggio competitivo per l’Italia – ha detto – visto che in altri terreni, come l’energia e le infrastrutture, abbiamo svantaggi che non possiamo colmare in pochi anni”.

 

L’idea, poi, di creare una società ad hoc per la realizzazione della rete, rilanciata nei giorni scorsi anche dal presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, è un’ipotesi sulla quale, ha detto sempre il presidente CdP, si è lavorato per un certo periodo, ma “che ha incontrato resistenze e difficoltà, alcune di carattere tecnico, altre che derivano dall’incumbent, cioè da Telecom Italia, che vuole salvaguardare la rete, che sta a garanzia del suo indebitamento”.

L’idea della newco, che però è stata criticata dal presidente dell’Agcom Corrado Calabrò – secondo cui si tratta di una ‘costruzione barocca’ destinata a fare la fine della nave svedese Wasa, affondata subito dopo il varo “perché troppo pesante in cima rispetto al baricentro” – va valutata, ha osservato Bassanini, alla luce delle diverse realtà geografiche. Il presidente ha cercato di chiarire anche che la bocciatura di Calabrò non è intesa verso l’idea in sè, quanto verso l’idea che la newco possa servire a realizzare la rete su tutto il territorio.

 

“La cosa che Calabrò e io abbiamo detto – ha spiegato ancora Bassanini – è che esistono altre soluzioni e altre possibili architetture finanziarie e industriali e che non sarebbe utile concentrarsi su una sola per risolvere il problema dell’ammodernamento della rete. Il che non vuol dire che lui ed io non abbiamo ad esempio auspicato che il progetto Lombardia vada avanti, e quel progetto si basa sulla costituzione di una newco”.

Passi, insomma, per la newco nelle aree metropolitane a grandissimo traffico, ma non sul resto del territorio, dove è necessario e urgente un intervento pubblico, non solo in termini economici, ma anche per quanto riguarda le regole, che oggi penalizzano gli investimenti privati in infrastrutture.

Serve, aveva detto Bassanini in altre occasioni di dibattito, “un regolatore che fissi tariffe, prezzi e canoni in modo adeguato, tenendo conto che occorre remunerare il capitale investito. E su questo terreno si registra l’impegno dell’Agcom”.
Altrettanto essenziale, è che non si penalizzino gli investimenti a lungo termine, che oggi – ha affermato ancora Bassanini – “sono tassati di più rispetto agli investimenti in derivati: insomma se uno costruisce acquedotti o rigassificatori è tassato di più di uno che investe in hedge fund e questa – ha aggiunto – è una follia dal punto di vista politico”.

Si dovrebbe creare – ha spiegato ancora Bassanini nei giorni scorsi – un sistema per cui “ci sia un sistema di garanzia per questi investimenti, con lo Stato che avrebbe tutto sommato un rischio basso e potrebbe pensare ad incentivi fiscali”, sulla scia di quelli previsti per le energie rinnovabili.

 

L’auspicio è sempre quello che si trovi un compromesso al più presto possibile, perché il Paese non può permettersi “tempi biblici” per passare  alle reti di nuova generazione.