Net neutrality: gli Usa rimandano la decisione sulle nuove regole per la banda larga. Questione complessa o solo politica?

di Alessandra Talarico |

Stati Uniti


Julius Genachowski

“La questione è complessa e i dettagli contano”. Con queste parole, il presidente della Federal Communications Commission, l’Autorità americana delle comunicazioni, ha commentato la decisione di rimandare ulteriormente la stesura delle nuove leggi per regolamentare i servizi internet, legata a doppio filo con la questione della neutralità della rete, su cui anche la Commissione europea interverrà entro la fine dell’anno.

 

La decisione, ha sottolineato Julius Genachowski, è dettata dalla necessità di raccogliere ulteriori opinioni su uno dei punti più dibattuti della questione: la possibilità di concedere o meno ‘corsie preferenziali’ a determinati flussi di traffico, al centro anche della recente proposta avanzata da Google e Verizon che, se messa in pratica, offrirebbe ai consumatori maggiori garanzie in termini di trasparenza, apertura e non discriminazione, ma consentirebbe anche ai provider di ‘accelerare’, a pagamento, la trasmissione di determinati contenuti.

La proposta mira anche a escludere la banda larga wireless da qualsiasi regolamentazione.

 

L’autorità della FCC a intervenire con regole che impongano o meno la limitazione del traffico sulle reti tlc è stata messa in discussione ad aprile da una sentenza della Corte d’Appello del distretto di Columbia, secondo cui la Commissione non ha competenza in materia.

La FCC era intervenuta sul caso di un operatore via cavo – Comcast – accusato di aver bloccato l’accesso al sito P2P BitTorrent.

La FCC, però, ha fatto sapere di non aver abbandonato, come era stato ipotizzato da più parti, l’idea di riclassificare le norme sulla banda larga nel “titolo II” del Communications ACT dietro pressione della lobby delle tlc. La riclassificazione implica l’inclusione del broadband entro i servizi di telecomunicazione, rendendo cosi la banda larga oggetto di intervento di potestà regolatoria da parte della FCC – e quindi del governo – anche per questioni non attinenti all’accesso, quali i prezzi dei servizi e la concorrenza (cosi come avviene per i servizi di telecomunicazione). Attualmente, infatti, la  banda larga non è considerato un servizio di telecomunicazione ma un servizio di informazione che esula dalla portata del Titolo II.

La proposta è al centro di uno scontro tra lobby che potrebbe trascinarsi – secondo il Washington Post – anche per anni.

 

Il piano del Chairman della FCC è infatti sostenuto dalle web company, secondo cui i cambiamenti proposti permetterebbero alla FCC di obbligare gli operatori telefonici a non discriminare alcuni contenuti rispetto ad altri e a rispettare un quadro legislativo più rigido per la gestione delle reti.

Le nuove regole rappresentano invece un duro colpo per i provider di servizi a banda larga come Comcast, Verizon e AT&T che speravano di poter continuare a utilizzare come meglio credevano gli strumenti di gestione del traffico per bloccare i contenuti che, secondo loro, occupano troppa banda e creano problemi di congestione delle reti. Tecniche spesso utilizzate per bloccare illecitamente l’accesso a siti di file sharing.

 

Un funzionario della Commissione ha affermato che Genachowski “non ha assolutamente abbandonato” l’idea e che “tutte le opzioni restano aperte”. Lo staff della FCC, ha spiegato ancora, è impegnato a visionare e analizzare oltre 50 mila commenti,  nell’ambito di un processo di consultazione che si è chiuso solo poche settimane fa.

“Assicurare una solida base giuridica alle politiche sulla banda larga è una questione troppo importante per correre”, ha concluso.

 

C’è bisogno, insomma, di molta cautela, ha aggiunto il presidente della FCC, poiché anche una proposta avanzata con le migliori intenzioni “potrebbe produrre conseguenze negative, rischiando di compromettere l’obiettivo fondamentale di mantenere un Internet aperto”.

 

Sono comunque in molti a credere che la FCC voglia soltanto rimandare una decisione spinosa che potrebbe far arrabbiare alcuni potenti incumbent dell’industria delle telecomunicazioni, coi quali si è tentato di giungere a un compromesso nel corso di una serie di incontri a porte chiuse, conclusi però con un nulla di fatto.