Censura. La Cina non molla. Governo pubblica Libro Bianco: ‘Web fondamentale, ma non accettiamo critiche alle politiche sulla sicurezza’

di Alessandra Talarico |

Il governo di Pechino invia gli ispettori alla Foxconn, dove 10 dipendenti in 5 mesi si sono suicidati. Il gruppo supera l’esame e assicura: ‘Nessun impatto sui margini’.

Cina


Censura in Cina

Il governo di Pechino non ha intenzione di allentare la presa della censura sul web, né di accettare ulteriori critiche alle regole utilizzate nella gestione di internet. E’ quanto emerge da un Libro Bianco pubblicato oggi, dopo mesi di dispute internazionali sulle maniere forti utilizzate dalla Cina per controllare tutto quello che gli utenti dicono e fanno sulla rete.

Polemiche, anche politiche, scatenate in primis dalla decisione di Google di non sottostare più alle imposizioni censorie di Pechino e di dirottare il traffico degli utenti cinesi sui server di Hong Kong dopo un attacco hacker proveniente presumibilmente proprio dalla Cina e volto a reperire informazioni su presunti dissidenti.

 

La Cina è il maggior mercato internet mondiale, superiore per numero di utenti anche a quello degli Stati Uniti: il governo di Pechino ha da sempre esaltato il medium come strumento di propaganda, usando però il pugno di ferro contro gli utenti che cercano di esprimere il loro dissenso sui blog e i siti di socializzazione.

Le critiche, che provengono non solo da Usa ed Europa, ma anche da dissidenti e attivisti cinesi, parlano di una continua repressione di ogni dissenso alle politiche del governo e di qualsiasi forma di dibattito su argomenti considerati tabù come il Tibet, i fatti di piazza Tienanmen, il movimento spirituale del Falun Gong.

 

Nel libro bianco, che definisce internet “una cristallizzazione della saggezza umana”, si afferma che l’uso del web “sta trasformando i modelli di sviluppo economico” della più popolosa nazione del mondo.

Il governo si è quindi impegnato ad estendere la copertura al 45% della popolazione (1,3 miliardi di persone) in 5 anni, dall’attuale 30% e a spingere tutti i cittadini, dagli amministratori pubblici ai contadini, a connettersi al web.

 

“Il governo cinese incoraggia l’uso di internet in quanto strumento in grado di promuovere il progresso sociale ed economico, di migliorare i servizi pubblici e di facilitare la vita privata e lavorativa dei cittadini”, si legge nel documento.

 

Eppure, i rigidi controlli che il governo esercita sul web – con la scusa di bloccare i contenuti pornografici e violenti, sono estesi a siti quali Facebook, YouTube, Twitter e altri – non sembrano destinati ad allentarsi.

“Una protezione efficace della sicurezza internet è una parte importante delle procedure amministrative del governo e una prerogativa imprescindibile per la tutela della sicurezza dello Stato e dell’interesse pubblico”, sostiene ancora il libro bianco.

 

“La gestione di internet è un processo di continua pratica e il governo cinese è determinato a migliorare il proprio lavoro di amministratore” – continua il documento – “leggi e regolamenti su cosa può o non può essere divulgato online, come contenuti che incitano all’odio etnico o alla secessione, alla pornografia e al terrorismo, sono adattabili alle nostre condizioni e in linea con le pratiche internazionali”.

 

Secondo i critici, però, la definizione di ciò che può o non può essere discusso online è così vaga e aperta alle interpretazioni che il governo può usare le sue leggi a difesa della sicurezza contro chiunque manifesti dissenso.

 

Non a caso, il Libro Bianco, quindi, conclude con un totale rigetto, da parte della Cina, di qualsiasi critica alle sue forme di controllo.

“All’interno del territorio cinese, internet è sotto la giurisdizione della sovranità cinese, che deve essere rispettata e protetta”.

 

Vista l’enorme eco internazionale della catena di suicidi alla Foxconn, la società cinese che produce e assembla i componenti dei più popolari gadget hi-tech come l’iPhone e i Pc di Dell e HP, il governo di Pechino ha deciso di inviare un team di 200 ispettori per valutare le condizioni di vita e di lavoro all’interno della città-fabbrica di Shenzhen.

A detta del fondatore di Foxconn, Terry Gou, lo stabilimento ha “passato l’esame”. I tragici fatti degli ultimi 5 mesi, durante i quali 10 dipendenti di Shenzhen si sono tolti la vita, “non compromettono le stime sui margini” ha quindi commentato Gou, che ieri ha annunciato un aumento del 70% degli stipendi degli operai dello stabilimento, costretti a lunghe ore di straordinario per raggiungere una paga sufficiente a sopravvivere.